Sulle tracce di Mordred

Serie: La regola del cavaliere 2 stg


I.

“Questo qui è svalvolato!” pensai. Ma non si trattava di un semplice pensiero: era più un’esclamazione. Un grido.

Non bastava essere balzati in pieno medioevo grazie ad una tecnologia simile a quella del dottor Who, no. Non bastava neanche aver trovato in soffitta nientemeno che l’Excalibur ed essere diventato una specie di cavaliere dall’armatura talmente tecnologica che, al confronto, Batman sembrerebbe aver sempre gestito un mercatino dell’usato nella sua batcaverna.

No. Io e la mia amica Jess dovevamo proprio incrociare un tizio tutto infilato nel suo bell’usbergo argentato che non ci voleva lasciare andare per la nostra strada.

-Cioè,- esordì. Cioè! “Epica” non costituiva la mia materia preferita, certo, ma… “Cioè”? Non mi ricordo di aver mai letto che Omero, Virgilio, Tasso e compagnia bella facessero esprimere così i propri personaggi cavallereschi. Intanto, il bellimbusto con la zazzera rossa a caschetto, dello stesso colore del pizzetto che arricchiva il suo viso affilato, continuava quello che alle mie orecchie risultava uno sproloquio, -fondamentalmente parlando, cosa mi fissate a quel modo! È quantomeno di cattivo gusto, no?

-Avete ragione messere, chiediamo venia!- rispose Jess. La mia amica, nonché scudiera, nonché potenziale ragazza (considerato quel bacio appena accennato quello stesso mattino – mi pareva passato un secolo… be’, considerato che stavamo viaggiando nel passato, i secoli erano parecchi- dovevo considerarmi impegnato).

-Zia, quel “messere” è un po’ datato, non trovi?

Jess trasalì.

-Dovremmo essere negli anni di re Artù… voi non siete messer Lancillotto?

A quelle parole, lo svalvolato e il losco figuro che aveva alle spalle (un uomo basso, tarchiato, con grossi mustacchi neri ed una tunica rappezzata svariate volte), si piegarono in due dalle risate. Sonore e fracassone. Per nulla cavalleresche. Il mio intuito “velocità-bradipo” registrò soltanto in quel momento che il Cavaliere aveva chiamato Jess “zia”.

-Siete troppo forti!- commentò il tipo losco, sfoderando un sorriso con parecchi assenteisti. E quelli presenti non potevano certo contendersi il titolo da “sorriso Durban’s”.

Il Cavaliere mimò un inchino che, nelle intenzioni, voleva essere solenne.

II.

Tutto era cominciato quando un cavaliere nero di nome Mordred aveva fatto la sua comparsa nella scuola che Jess ed io frequentavano. Era sulle orme di una spada leggendaria di nome “Excalibur”. Be’, senza volerlo essa era finita in mano mia ed aveva trasformato me e la mia… ragazza? … in due autentici cavalieri appartenenti ad un gruppo impegnato in una millenaria lotta contro macchine senzienti.

Ok. Non questa non era una versione medievale di Matrix. E nemmeno qualcosa come Terminator… Questa era la mia vita, a quanto ci aveva spiegato mio nonno, anche lui cavaliere.

Le cose poi erano precipitate: non sapevo ancora come ci fosse riuscito, ma riuscimmo a raggiungere Mordred appena in tempo per vedercelo sfuggire in un tunnel temporale portandosi dietro, come scudo umano, il mio nuovo amico, Tim Gordon, appena rapito fingendosi suo padre.

Così, Jess ed io lo avevamo inseguito nel tunnel quantistico un secondo prima che si chiudesse.

Nel nostro balzo vedemmo cose incredibili. Cabine telefoniche blu, auto sportive modificate. Ricordo che pensai che qualcuno avrebbe dovuto mettere un qualche controllore del traffico nei tunnel quantistici. Durò un nanosecondo. Jess individuò Mordred e Tim pochi istanti prima che balzassero in un’epoca precisa. Fu così che ci trovammo nel sesto secolo dopo Cristo.

III.

Lemfredo! Il Cavaliere bianco si chiamava così.

Jess mi prese per un braccio e ci allontanammo di qualche passo da lui ed il suo inquietante scudiero.

-Ci troviamo nel sesto secolo. Se quello non è Lancillotto, perché ci siamo materializzato davanti a lui?

-Secondo te doveva accadere per via del legame con Excalibur? Non ha senso… In questo caso, non avremmo dovuto incontrare Artù?

Jess annuì.

-Allora, perché proprio lui?-

-Perché vi serviva un contatto in questa epoca, zia.

Ci voltano verso Lemfredo.

-Filosoficamente parlando, sono un cavaliere temporale anche io, cioè. 

Trasalii. Guardai Jess. Ma lei si stava stupendo di qualcos’altro. Cercai di seguire la traiettoria del suo sguardo.

-Cosa è capitato alla mia armatura?- esclamai.

Andrea Savio 

Serie: La regola del cavaliere 2 stg


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