Sussurri nel buio

Serie: Lo spettro della foresta di Khoun


La storia promessa da Bill comincia a prendere forma...

  Nella contea di Highway si diceva che la foresta di Khuon fosse un luogo da cui era meglio tenersi alla larga. I boscaioli lavoravano sempre in gruppo e non si attardavano oltre il tramonto, per timore di imbattersi in qualcosa di pericoloso. Avevano imparato a rispettare i segreti di quel luogo misterioso, ma quando potevano, mettevano in guardia i viandanti sulle minacce imminenti:

  «Non fermatevi, anche se pensate di non essere soli. Non ascoltate, anche se sentite qualcuno piangere. Non voltatevi, anche se avvertite un respiro sul collo.»

  Eppure, c’era sempre qualcuno che ignorava l’ammonimento. Alcuni sparivano senza lasciare traccia. Altri riemergevano dalla boscaglia con occhi colmi di terrore e discorsi confusi su sussurri trasportati dal vento o gemiti malinconici che si perdevano nella notte.

  Il conte di San’Aten, signore della contea di Rhion, non conosceva quelle storie quando varcò il confine della foresta. E anche se le avesse udite, non avrebbe dato ascolto agli avvertimenti. La missione che lo spingeva ad avanzare attraverso quel luogo maledetto era troppo importante. Il messaggio che recava con sé avrebbe deciso le sorti della contea di Rhion e di Highway di fronte all’imminente invasione delle genti del nord.

  La notte calò rapida mentre San’Aten si addentrava nella foresta, e con essa scese un silenzio innaturale. Nessun canto di gufo, nessun fruscio di animale notturno. Solo il suono ovattato degli zoccoli del suo cavallo rimbombava tra gli alberi, come se la foresta stessa trattenesse il respiro. Ma non era solo.

  Dal fitto della boscaglia, una creatura lo osservava con interesse. Si muoveva nell’ombra, celata dalla coltre oscura degli alberi e da una nebbia spettrale che lentamente iniziò a insinuarsi tra le radici contorte, avvolgendo il sentiero con un velo impenetrabile. A ogni passo, la visibilità si riduceva, trasformando le sagome degli alberi in ombre confuse e sinistre.

  Goibniu, il fedele destriero del conte, di solito così sicuro e impavido, sembrava inquieto. Smise di avanzare con decisione e ridusse l’andatura al passo. Le orecchie erano puntate in avanti, le narici dilatate, i muscoli tesi come una corda d’arco pronta a scoccare.

  Qualcosa si mosse davanti ai suoi zoccoli, e all’improvviso l’urlo di una civetta squarciò il silenzio.

  Il destriero si impennò, sollevando le zampe anteriori contro un nemico invisibile che sentiva di dover affrontare. San’Aten, colto di sorpresa, perse l’equilibrio e cadde a terra. L’impatto fu violento: la testa colpì il suolo e il buio lo avvolse all’istante.

  Una misteriosa forza incombeva su di loro. Goibniu scalpitava attorno al corpo del suo padrone con fare protettivo, mentre una figura emergeva dalla boscaglia.

  Non era umana. Sembrava fatta della stessa consistenza della nebbia. Fluttuava nell’aria e si muoveva a scatti. Il suo corpo era agitato da spasmi nervosi, e il viso era celato da un velo nero. Solo i suoi gesti, incerti e lenti, suggerivano le intenzioni.

  Avanzò verso il conte, poi retrocesse, come se fosse combattuta. Alla fine, si avvicinò, posando una mano sul suo viso. Un gesto gentile, quasi materno, che le trasmise un briciolo dell’umanità che aveva perduto. Dopo qualche secondo, rivolse la sua attenzione a Goibniu e con un guizzo gli fu di fianco. Il corpo dell’uomo si sollevò dal suolo per adagiarsi di traverso sul dorso dell’animale.

  A quel punto, Goibniu chinò il muso in segno di sottomissione e seguì lo spettro nella sua avanzata.

  Procedeva tra gli alberi mentre la nebbia si diradava al suo passaggio, rivelando un sentiero che sembrava aprirsi apposta per loro. Giunta al margine della foresta, la figura si fermò. Poco distante si trovava una capanna, dalle cui finestre filtrava un tenue bagliore.

  Lo spettro la indicò con un dito e poi si dileguò con un guizzo.

Goibniu avanzò verso quella misera dimora con cautela, fermandosi proprio davanti alla porta. D’improvviso, un rumore sordo ruppe il silenzio: un colpo secco, come se qualcuno avesse bussato. Ma lui non aveva ancora mosso un muscolo.

  Nel frattempo, San’Aten era prigioniero di un sonno inquieto, agitato da sogni premonitori. Vagava nella foresta, cercando il suo compagno.

  «Goibniu! Dove sei finito?» gridava a intervalli regolari. «Dove ti sei cacciato, per le mille barbe di Merlino!»

  Un lamento straziante lo distrasse dalla sua ricerca. All’inizio pensò di averlo solo immaginato, ma dopo alcuni istanti il pianto disperato di una donna paralizzò i suoi sensi.

  Si mosse verso il tronco di un albero, poi procedette in direzione di quel malinconico richiamo, ritrovandosi di fronte a una teca di ghiaccio, abbandonata tra un groviglio di edera. La luce fioca che filtrava attraverso i rami gettava un pallido riflesso sul ghiaccio trasparente.

  Strappò alcuni rami, ma quelli si rigeneravano all’istante, come se proteggessero il misterioso feretro.

  Al suo interno giaceva una donna, le cui lacrime si trasformavano in cristalli di ghiaccio durante la loro discesa. Il viso era pallido e segnato dal gelo, ma i lineamenti erano indistinguibili, come se il tempo avesse cancellato la sua identità.

  Provò a scalfire la superficie della teca con la spada, ma ogni colpo sembrava solo incrementare la sua impotenza.

  «Quale stregoneria è mai questa?» esclamò, frustrato. «Qualcuno mi aiuti! Presto, accorrete!»

  La rabbia e il senso di impotenza gli fecero perdere il controllo che da sempre contraddistingueva il suo agire.

  «Non posso abbandonarla al suo destino» si rimproverava disperato. «Ci sarà un padre, una madre che anela il suo ritorno. Un fratello o un amato che la cerca senza sapere dove è imprigionata.»

  San’Aten perseverava nel suo intento, ma i suoi colpi non sortivano il risultato sperato. Un sussurro, all’improvviso, lo avvolse come un soffio di vento gelido.

  «Non puoi infrangere la mia prigione» esordì la donna tra le lacrime. «Non puoi liberarmi dal gelo che attanaglia il mio cuore. Abbandona la tua impresa e fai ritorno a casa, nobile signore. In questa terra troverai solo morte e disperazione.»

  Prima che potesse replicare, l’oblio inghiottì ogni cosa.

Serie: Lo spettro della foresta di Khoun


Avete messo Mi Piace6 apprezzamentiPubblicato in Fantasy

Discussioni

  1. ” «Non fermatevi, anche se pensate di non essere soli. Non ascoltate, anche se sentite qualcuno piangere. Non voltatevi, anche se avvertite un respiro sul collo.»”
    Bellissimo passaggio. E terrificante.

  2. Ciao Tiziana, davvero bello il modo in cui hai descritto la scena nella foresta, l’ho letta con il fiato sospeso. Interessante come il fantasma abbia avuto pietà del conte e lo abbia salvato, ho proprio voglia di saperne di più. Molto brava!

  3. Mi è tanto piaciuto il momento in cui San’Aten incontra la donna nel proprio sogno, la stessa che gli salva la vita. Il sogno è sempre il luogo adatto dove incontriamo le nostre paure, dove gli spiriti prendono forma e le leggende prendono vita così da poter essere narrate. Un racconto scritto veramente bene, con ricchezza di particolari e la giusta linearità che aiuta il lettore nella comprensione. Molto bello.