THE PICCHIATELLIS

Serie: LA CENTRALE PARANOICA


E' IN ARRIVO UNA NUOVA ONDATA DI CANZONI VERAMENTE SPECIALI, COMPOSTE E SUONATE DA PICCHIATELLI VARI CON L'AIUTO DELLO PSYCHOTRONIC, SINTONIZZATEVI QUI BOYZ!

Hi, questa è la centrale paranoica. Capito? P-A-R-A-N-O-I-C-A! E come dovrei chiamarmi? Sono una specie di guardante esterno in una sorta di manicomio dove la comunicazione è gestita da macchine.

E già questo… shhhhhhhh! shhhhhhh! Silenzio, non ridete che mi scoprono.

Dicevo, lo Psychotronic, che è il sistema che connette tra loro i picchiatelli, funziona così così per quel che riguarda la comunicazione tra “conformi” e “certificati”. Meglio di niente e, comunque, tra certificati qualcosa fa. La grande novità è che questo ha permesso al Dott. Stella e gli altri di mettere giù gli ospiti a comporre canzoni e suonarle e a trasformare il “Transcend Village” nella più prolifica fabbrica di canzoni al mondo.

Vi sembra strano? Vi pare che mettere insieme quattro matti, che in altri tempi avrebbero passato le giornate a fissare il soffitto o a dondolarsi su una sedia, a collaborare ed esercitare un’attività creativa come quella di comporre canzoni sia un risultato da poco?

In effetti è merito dello Psychotronic che funziona da piattaforma comunicativa dove in qualche modo possono condividere la loro creatività ed anche la voglia di socialità, ce l’hanno anche loro la voglia di perdere tempo e cazzeggiare, anche la voglia di scopare non gli manca, e questa è la miglior spinta possibile a formare una rock band, giusto?

E poi lo Psychotronic non si vede, ma di questo ne parleremo, intanto le band le sto seguendo tutte e vi assicuro che sono tante quelle che hanno vivacizzato le cose qui al Transcend Village ed anche fuori, una per una ve le presento tutte, mica tutte oggi eh!

Per primi eccovi  “The Picchiatellis”, quattro autistici non troppo gravi. Eccoli in piedi in giardino con alle spalle una casa che sembra un igloo di plastica. La prima a sinistra giovane magra e bionda, dall’atteggiamento severo e snob e gli occhiali dalla montatura troppo grande, mi fa pensare ad una scienziata russa o ad una pornosegretaria, poi c’è un latino dalla pelle olivastra e i mustacchi fuori moda, andrebbe anche un po’ butterato ma non mi pare e poi un asiatico magro e nervoso dall’aria attenta, il tipo giusto da mettere alla cassa, e per ultimo un coatto muscoloso, senza dubbio il batterista. Cosa singolare, hanno tutti la stessa identica altezza. A pensarci, chissà se sono i veri The Picchiatellis o se sono la versione artificiale di una band di autistici chiamata The Picchiatellis.

Il Dott. Stella aveva dato loro l’input di scrivere una canzone che parlasse di neon. Sì, è vero, siamo all’archeologia dell’illuminazione ma proprio per questo il tema era suggestivo e poi le insegne dei locali, ristoranti, barbieri ecc. rimanda ancora all’epoca d’oro di quelle luci. Quello della poetica delle luci al neon potrebbe riassumersi in: “all’ombra del fulgore attende lo sconforto e giace la solitudine” oppure “la poetica della città vampira attraversata da un continuo persistente flusso di desiderio”.

Nell’esecuzione che gira da qualche giorno, i quattro Picchiatellis si sono fatti riprendere vestiti di una tuta di neolatex che copia la divisa da boy scout e delle maschere da ciccione dalla carnagione rosa. L’effetto è un po’ spiazzante, quattro autistici che fanno finta di essere quattro normali deficienti oversize in vestiti sintetici tutti con la faccia mascherata da ciccione rosa lucido, tutti uguali che sembrano una strana nuova razza di umani creati in laboratorio, scommettiamo che la prossima song sarà “Fat Supremacy”?

Comunque partono veramente forte con un riff cibernetico che ti fa rotolare a razzo in scenari da videogames e quando la ghiandola pineale si arrende e cede alla virtualità si fermano e ripartono nuovamente, lo fanno per dieci volte, sempre lo stesso riff, tanto che pensi che sia una cosa sperimentale e prosegua così fino alla fine e invece arriva Jhonny Woo, il cantante, sì è il cassiere al microfono, e comincia ad ululare come un lupo scappato dallo zoo, perduto in una metropoli e terrorizzato dall’enorme rumore urbano, confuso dal riverbero sui grattacieli, un ululato che diventa gelido e disperato.

Quando inizia a cantare solo le suo urla gergali e le percussioni cronometriche vanno insieme, tutti gli altri suoni vanno e vengono e si fondono in un feedback assordante filtrato per un vecchio Leslie e tutto dà l’idea di un ipertreno in galleria.

Credetemi, puro napalm.

Non posso farvela ascoltare ma qui sotto ho riportato il testo, si chiama “Pop Neon Song” ma ha preso anche il titolo di “Fallen City”, dipende, ai Picchiatellis piace fare gli spiritosi e cambiano spesso nome alle canzoni.

Lacrime di infatuazione piovono sulla città

Una città in cui il suo rumore svanisce

E le luci al neon si dissolvono negli angoli bui

Dove invisibili giacciono i cuori spezzati

E nella dissolvenza riposa il giorno

Anche il neon più brillante può bruciare

Le passioni corrono sull’asfalto lucido

Mentre la città muore come una stella spenta

Fluenti luccichii incandescenti ondeggiano

Nelle tremule onde di calore che salgono dalla strada

E nella dissolvenza riposa il giorno

Fantasmi dal cuore spezzato vagano

Nel miraggio vorticoso di luci e anime

E scie di Angeli si schiantano al suolo

Brillanti scintille di superstelle

Che bruciano per un attimo solo

Bruciano si dissolvono svaniscono

E il nero della notte si impasta con altri colori

Come luci sul plexiglas traslucido

Sparata e sgranata la luce perde

Perde la sua nettezza

Come riflessa in una pozza d’olio

E nella dissolvenza riposa il giorno.

Ah poeti! Poetissimi! Non so voi, ma mi sono morsicato la lingua al primo ascolto, un raptus totale.

E quando finiscono, con quel semplice benedetto tonfo da grancassa affondata in piscina, ecco che subito ripartono con un finale da crampi, questa volta dritti dritti con la chitarra e il basso al loro posto e stavolta è la voce che è brutale e distorta e fischia sibilante nell’iperloop, ma si capisce quel che dice e lo ripete per un minuto intero finché non rimane più niente se non questa frase rituale:

LO SO CHE VERRÒ PERDONATO

LO SO CHE VERRÒ PERDONATO

LO SO CHE VERRÒ PERDONATO

LO SO CHE VERRÒ PERDONATO

LO SO CHE VERRÒ PERDONATO

LO SO CHE VERRÒ PERDONATO

LO SO CHE VERRÒ PERDONATO

UH UH

Correte a vedervi il video, boyz!

Serie: LA CENTRALE PARANOICA


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