Tra le righe del massacro (parte seconda)

Serie: Di ombre e luce


NELLA PUNTATA PRECEDENTE: L'esperienza porteña di Pietro si conclude in maniera drammatica e con una nuova fuga

La tensione in città era palpabile. Buenos Aires, già sconvolta dalle lotte operaie e dagli scioperi, fu scossa da un evento che segnò un punto di svolta per il movimento anarchico: l’assassinio del colonnello Héctor Benigno Varela.

Varela era considerato il principale responsabile della brutale repressione della rivolta anarchica in Patagonia, dove centinaia di lavoratori furono giustiziati senza pietà dall’esercito argentino. La sua morte fu il risultato di un attentato compiuto da Kurt Gustav Wilckens, che con quel gesto volle vendicare le vittime della repressione.

Pietro apprese la notizia in redazione. «Varela è morto» disse Helena, entrando di corsa con il volto pallido per l’emozione. «Wilckens l’ha fatto fuori.»

Tutti nella redazione si fermarono, come se il tempo avesse smesso di scorrere. La linotype smise di battere, la carta restò sospesa tra le dita di Marina, una giovane della redazione. Un calamaio rovesciato macchiò lentamente il bordo del tavolo senza che nessuno se ne accorgesse. Si guardarono negli occhi, trattenendo il fiato. Non sapevano se fosse il momento di esultare o di avere paura. Per un attimo nessuno parlò. Poi le voci si sollevarono, ognuna con il proprio carico di emozioni contrastanti. Alcuni esultavano, vedendo nell’atto di Wilckens un segno di speranza, una vittoria contro l’oppressione. Altri, come Pietro, sentivano crescere dentro una preoccupazione oscura.

«Non capisci cosa significa questo?» disse, rivolto a Raúl. «Non finirà bene. La repressione sarà ancora più feroce. Ci daranno la caccia uno a uno.»

Le sue parole si rivelarono presto fondate. Nei giorni successivi, la polizia intensificò le retate, arrestando indiscriminatamente anarchici e simpatizzanti. Le case dei militanti venivano perquisite di notte, le sedi dei giornali date alle fiamme.

Una sera, mentre si dirigeva verso la redazione, Pietro vide un gruppo di poliziotti trascinare via Raúl, a poche decine di metri dall’ingresso. Il terrore lo travolse. Si nascose approfittando del buio con il cuore che gli martellava nel petto, mentre osservava impotente la scena.

Quell’episodio segnò Pietro profondamente. Nei giorni successivi, la sua mente fu invasa da dubbi e paure. Cercarono di capire dove la polizia avesse portato Raúl, ma non riuscirono a scoprirlo.

La repressione diventò insostenibile, e ogni giorno sembrava portare nuove notizie di arresti o sparizioni. Il peso della lotta, che una volta riempiva Pietro di speranza, ora gli sembrava di nuovo una condanna inesorabile.

Una sera, seduto sul letto nel dormitorio, Pietro si ritrovò a confidarsi con Diego. «Ho lasciato Milano per paura di morire, ma ora mi ritrovo in una situazione forse ancora peggiore» disse, abbandonando il capo fra le mani. «Lo stesso nemico davanti.»

Diego lo guardò a lungo e provò pena per lui. Gli si avvicinò con cautela. «Sei ancora tanto giovane. Sei fuggito dall’Italia per venire qui e cacciarti in questo guaio. Non pensi a tua madre? Vale davvero la pena rischiare tutto per questa lotta? E se finissi in carcere, o peggio, che ne sarebbe di tutto questo?»

Pietro si alzò e cominciò a camminare nervosamente fra i letti.

Diego lo seguì. «So che le stai mentendo» disse. «Lei ti pensa al sicuro, con un buon lavoro. Non devi sentirti in colpa se vuoi smettere perché non è una sconfitta. A volte, sopravvivere è già una vittoria.»

Pietro scosse la testa. «Non è così semplice, Diego. Non posso lasciare. Non un’altra volta. Ma sono stanco. Stanco di tutto.»

Quella notte, non riuscì a dormire. Si agitò nel letto, ascoltando i rumori della strada: un cane che abbaiava, passi veloci e un carro che cigolava. Pensò ancora a sua madre e a quella voce che lo chiamava per nome. Avrebbe voluto risponderle. Avrebbe voluto dirle la verità. Ma non poteva.

Nella redazione la situazione si fece insostenibile. Ognuno si sentiva continuamente osservato, pedinato, spiato. In particolare, Helena, che aveva sempre mantenuto un atteggiamento forte e combattivo, notò un cambiamento nel volto e nel passo di Pietro. Un giorno lo prese da parte e gli parlò con sincerità.

«Devi andartene da qui. È troppo pericoloso. Stanno controllando ogni nostro movimento. Presto verranno a cercarti.»

Pietro la guardò negli occhi, incapace di trovare le parole per rispondere. Dentro di sé sapeva che la donna aveva ragione, ma non voleva accettarlo. «E voi? Come farete?»

«Noi siamo nati qui. Questa è la nostra terra. Sappiamo come muoverci e dove nasconderci. Per te è diverso».

La voce di Helena era ferma e non lasciava spazio a obiezioni. «La tua presenza qui, mette a repentaglio le nostre vite. Non è più sicuro tenerti con noi».

Pietro rimase in silenzio per istanti interminabili. Ogni parola che avrebbe voluto dire gli moriva in gola «E dove potrei andare?» chiese infine, con la voce stanca.

«C’è una località nella Provincia di Córdoba. Si chiama Punilla. La mia famiglia vive lì. E’ un posto tranquillo. Potrai rifugiarti per un po’.»

Gli occhi di Pietro si riempirono di lacrime e un nodo alla gola gli impedì di parlare: significava fuggire ancora una volta.

Helena gli prese le mani. «Non dovrai preoccuparti di nulla perché ho già pensato a tutto. Mia madre ti accoglierà e sarai come un figlio per lei.»

A quelle parole Pietro si abbandonò tra le sue braccia. La decisione gli gravava addosso come un macigno.

«E Raúl?»

«Non smetteremo di cercarlo. Ma non è più affare tuo.»

Pietro pensò a quanto velocemente le cose fossero cambiate. Solo poche settimane prima, la redazione era piena di idee, volantini, voci accese. Ora c’erano pause, sguardi bassi, la carta si stampava solo di notte e il ciclostile taceva di giorno. Un compagno aveva detto che perfino alla Federación Obrera avevano cominciato a parlare di dispersione. Non era più tempo di dimostrazioni. Era tempo di resistere e sparire.

«E se andandomene tradissi tutto quello per cui ho lottato finora?» chiese con la voce spezzata dal dubbio e dalla frustrazione.

«Non è una fuga, Pietro. È solo un modo per sopravvivere. Consideralo temporaneo.» Helena lo staccò da sé e lo guardò negli occhi. «A Punilla potrai riprenderti e pensare a nuove strategie. Non dobbiamo morire qui, non oggi».

Le sue parole avevano qualcosa di confortante e di terribilmente vero. Pietro abbassò lo sguardo e finalmente ricominciò a respirare. 

Serie: Di ombre e luce


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Discussioni

  1. Questo capitolo mi ha riportata all’inizio della serie e immagino che anche Pietro debba essersi sentito così: vittima di un orribile déjà-vu. Raùl come il compagno di lotte di Milano con il volto insanguinato che non è riuscito a salvare, Helena come sua madre che gli dona una scappatoia seppur dovendo rinunciare alla propria dimora.
    Vedo tanti parallelismi anche con la vita di Anahì, tra lutti, fughe e decisioni difficili. Ma altrettanti personaggi di buon cuore indipendentemente dall’etnia, appartenenza politica e origini.
    Ed è questo che adoro di questa serie e del tuo modo di scrivere: ognuno con il proprio bagaglio di vita sceglie di rimanere umano. ❤️‍🔥

    1. Hai ragione Mary. Ci sono molti parallelismi fra i due capitoli e tu li hai colti molto bene. Volevo si sentisse forte l’animo di Pietro che non si placa e questa non sarà per lui l’ultima volta. Così come succederà ad Anahi, nel tentativo di condurre una vita semplice che però cozza con la loro vitalità. Sono felicissima che la serie continui a piacerti. Un abbraccio

  2. Cordoba. Ora capisco un altro dei tanti motivi per cui questa storia mi coinvolge tanto, a parte la tua solita bravura nel raccontarla. N. Pedrotti, la mia prima terapista didattica, quando ero una giovane tirocinante, era argentina ed era fuggita da Cordoba, la sua città, per venire a lavorare in Italia, (fine anni settanta) e la sua storia mi aveva colpito e impressionato. Avevo una stima immensa per questa donna, per la sua bravura professionale e per la sua umanità con i pazienti. Quando tornó in Argentina in ferie, dopo tanti anni, mi lasció molti dei suoi pazienti da seguire in sua assenza. Anche lei mi voleva bene e si fidava.

    1. Grazie Maria Luisa per aver condiviso con me questo tuo ricordo. Io sono convinta che, pur geograficamente lontana, l’Argentina sia un Paese molto vicino al nostro e non potrebbe essere diversamente, per questo intreccio di migrazioni che ci lega. Un abbraccio

  3. Ciao Cristiana, mi piacciono le storie che permettono di conoscere epoche e episodi lontani da noi. Ovviamente, per chi scrive aumenta il grado di difficoltà. I complimenti per questo sono doppi. Sei riuscita a rendere bene la paura, la stanchezza e il senso di impotenza di Pietro.
    Aspetto con ansia l’incontro con Anahí♥️

    1. Grazie cara Melania 🙂
      Per l’incontro con Anahi (che era quasi pronto), dovremo aspettare ancora un attimo perchè ho da poco saputo che nel frattempo si era messa di mezzo un’altra donna. E mi sono chiesta: e adesso cosa faccio?
      😀

  4. Mi dicevi che è tratto da una storia vera: non posso neanche immaginare l’angoscia di queste persone. Ma sono anche felice che Pietro sia costretto ad andare via, perché suppongo che incontrerà presto Anahí 😁❤️

    1. Ciao Arianna. È vero. Si tratta di una storia famigliare che un amico mi sta raccontando. Il mio difficile compito è quello di metterla su carta al meglio che posso. E ti ringrazio per continuare a leggerla. Un abbraccio 🙂

  5. Ho letto questo episodio tutto d’un fiato. La scrittura è viva, intensa, capace di restituire non solo l’atmosfera tesa e drammatica della Buenos Aires degli anni Venti, ma anche il tormento interiore di Pietro. Brava Cristiana! Hai trasformato un momento storico in qualcosa di profondamente umano, coinvolgente e empatico.

  6. Ho letto da poco “Adelaida” che parla della vita, soprattutto in Argentina, di Adelaide Gigli. Questo episodio mi ha ricordato molto quelli della repressione contro i rivoluzionari che arriveranno a Buenos Aires molti anni dopo, in cui periodi di azione si alternavano a periodi di macchia. Pare che questa terra sia stata condannata a rivivere queste situazioni più e più volte per tutto il ‘900 (non che ora se la stia passando meglio). Speriamo almeno che questo peregrinare per volontà altrui lo porti all’incontro del destino.
    PS: non vedo questo episodio come parte della serie, forse qualche problema di pubblicazione?

    1. Hai fatto l’esempio di una delle migliaia di donne che hanno sofferto la sparizione di un figlio, o di due come nel caso di Adelaide e hai proprio ragione: l’Argentina è un Paese martoriato e sfruttato da sempre. In balia di poteri forti che ne hanno fatto da sempre teatro di massacri. Non me ne vogliano, ma credo che soprattutto dipenda dagli stessi argentini e dalla loro attitudine che, in fin dei conti, assomiglia tantissimo alla nostra.
      Grazie Marco 🙂

  7. Mi ha colpito molto la componente storica, lo trovo un valore aggiunto al resto della trama. Mi colpisce come nulla in questa storia sia inventato, e penso a come a volte la realtà superi l’immaginazione. Sei molto abile, come già ti dicevo, a rielaborare i fatti e presentarceli in perfetto equilibrio tra documento storico e romanzo. Ho pensato anche a come emerga un altro lato misterioso del nostro essere umani: Pietro è scappato da Milano per non essere ucciso, conosce quel terrore. Eppure si infila nuovamente in una situazione che gli fa correre lo stesso pericolo. Credo si chiami passione. È più forte di noi. Sappiamo ci faremo male, eppure…

    1. Ammetto che mi piacerebbe mettere in questa narrazione un pizzico in più della mia fantasia. Ma, come tu sai bene, pende sulla mia testa l’ascia di un inamovibile censore. Altro che editing! 😀
      Grazie Irene e a volte è anche bello continuare a farsi male, un pochino…

  8. “Lo stesso nemico davanti.”
    Mi è venuto in mente quello che già dicevamo nei commenti alla prima parte. Il “nemico” Pietro in un certo senso ce l’ha anche dentro, o nello specchio, si potrebbe dire. Non si scappa da se stessi, e questa ne è la prova.

    1. Hai ragione. Pietro combatte soprattutto con se stesso. Cerca di essere ‘conforme’ e di accontentare le persone che gli vogliono bene (quante volte lo facciamo anche noi?). Tuttavia, nonostante gli sforzi, cadrà altre volte nella vita, vittima delle proprie passioni. E per fortuna 🙂

  9. Gli eventi di questo episodio li leggo intrisi di una sensazione di impotenza, difficile da sopportare. Mi interessano molto gli sviluppi in una località più tranquilla e a misura d’uomo

    1. Pietro sentirà altre volte ancora questo senso di impotenza pesargli come un macigno. La decisione di spostarsi ancora una volta, alla fine non è sua. Viene allontanato per una questione di sicurezza anche di altri.
      Questo porterà a un peregrinare da un luogo all’altro in una Provincia certamente più tranquilla. Così che il suo animo inquieto possa riposare un po’.
      Grazie Roberto 🙂

  10. E come preannunciato, i guai non finiscono. Di nuovo in nuova fuga per mettersi in salvo. Ma non dispero di vedere Pietro in azione, anche se sovente, in queste situazioni, la “rivincita dei buoni” non arriva mai. Grazie per la bella lettura