Tranquilli, c’è tempo
Serie: Un giorno, il succedersi degli eventi, ritenuto preordinato, necessario e indipendente dalle finalità umane
- Episodio 1: Tobia
- Episodio 2: Freud e l’invenzione del telefono
- Episodio 3: Il numero galeotto
- Episodio 4: La notte porta un coniglio
- Episodio 5: Il primo appuntamento
- Episodio 6: Il primo appuntamento, come va a finire
- Episodio 7: Un fato vigliacco e fellone
- Episodio 8: Il dubbio, dopo la burrasca
- Episodio 9: Scostamenti del cuore
- Episodio 10: Un’altra notte sulla città
- Episodio 1: Tranquilli, c’è tempo
STAGIONE 1
STAGIONE 2
“Quando suona la sveglia, la vecchia Bialetti sta già fischiando. Tobia è seduto sulla tazza. Sente la sveglia e anche la caffettiera, ormai rauca, che si esibisce in un gargarismo sputacchiando il caffè…” Ricordate? Eravamo partiti da qui. E ora ci risiamo: questo è il giorno. Saltando tutte le panzane sullo specchio rotto, che per altro vi ho già propinato, arriveremo al momento in cui Tobia esce di casa.
È carico, di caffettiere ne ha bevute due. Permeato da un senso di ottimismo, neanche fosse un poeta: sa che finalmente potrà coronare il suo sogno. Una felicità intesa soffonde questo sabato, ed è convinto sia dovuta a un’attesa che non è stata vana ma che ha contribuito a costruire la gioia che ora lo pervade.
Forse in modo eccessivo, visto che riesce a trovare pittoresco anche il tubo rotto della grondaia, accanto al portone.
Ha deciso di prendersi il tempo necessario perché, in questo caso, l’itinerario se lo vuole godere, questo tragitto sarà il suo sabato del villaggio che, a dispetto di quello leopardiano, avrà il bene di una domenica all’altezza delle aspettative. Quindi, passeggia placido per raggiungere la fermata del tram, mentre un sole invernale intiepidisce il suo volto e l’odore dello smog funge da tonico per il cuore… Mah.
I mezzi pubblici si fanno aspettare, ma non gli importa, sa di avere tempo; e si concede di ficcanasare tra le conversazioni delle altre persone alla fermata.
Stuzzicano la sua attenzione due giovani accanto a lui che sente discutere animatamente, infervorati dalla progettazione di uno scherzo ai danni di un amico, o piuttosto di un nemico comune. Uno dei due ragazzi sembra non volere eccedere, timoroso che un crudele ludibrio potrebbero provocare ritorsioni da parte della vittima.
«Se si fa, si fa come si deve!» Sentenzia quello più intrepido.
Io non posso che essere d’accordo, in fin dei conti, che sarà mai…?
Anche Tobia pare concordare con il più risoluto, la sua espressione è di approvazione, subito celata con uno sbadiglio, quando il pavido alza lo sguardo nella sua direzione.
«Come si deve, sì, ma svitargli i bulloni alla ruota davanti dello scooter…» Piagnucola il codardo.
Be’, dico io: alla faccia dello scherzo, ‘sti due hanno in mente un attentato; mi pareva, che quello più ardito avesse una ghigna criminale…
Anche Tobia adesso sembra trasalire, e vorrebbe prender le distanze da quel progetto, solidale con il pavido. Forse, chiamarlo pavido è eccessivo, pensa.
«E allora dillo che non ci stai, che sei un vigliacco! Vogliamo sgonfiargli una gomma, così se ne accorge subito? Eh che cazzo!» Rincalza il gagliardo con piglio guerresco.
Ecco, vedrete che adesso l’altro attacca a lagnarsi che non se la sente, che in fin dei conti il loro bersaglio, per stronzo che possa essere, potrebbe farsi del male serio…
In quel mentre arriva il tram numero tredici: è quello di Tobia. I due ragazzi non si muovono, probabilmente il loro è il numero venti, che pure ferma lì. La curiosità, però, a questo punto è troppo acuta, e lui vuole sapere come va a finire, un’occhiata fugace all’orologio: c’è tempo, si dice.
Lascia passare il suo tram e si accomoda, appoggiandosi al sostegno della pensilina, con rinnovata noncuranza, di nuovo in ascolto.
Dei due ragazzi, il più mite è pensoso, ha un momento di esitazione. Il suo compare ne approfitta: «E dai,» lo pungola «pensa a quando quel bastardo voleva farsi tua sorella con la gamba ingessata!»
Punto, gioco, partita. Dico io, e non sono neanche sportivo: non so come mi sia uscita ‘sta roba.
Ma, in realtà, il fatto interessante è un altro. Proprio mentre il ragazzino timoroso stava per dichiarare il suo responso all’amico, si ode un acuto stridere di gomme, subito seguito da una sirena che attacca a gridare nei suoi due toni di blu. Una rombante auto della Polizia frena bruscamente giusto davanti alla fermata e due energumeni in divisa scendono che ancora l’auto si muove.
«Per Mefistofele!» Esclama Tobia. Pensando di trovarsi sul set di un film poliziesco, per latro, un genere assai in voga in quel momento storico.
La sorpresa si trasforma in panico quando i due poliziotti puntano con slancio sull’uomo col nome da cane, che resta paralizzato.
Senza troppi complimenti, lo sollevano letteralmente prendendolo ciascuno per un braccio e in men che non si dica lo caricano sulla vettura di servizio che riparte sgommando.
Ora, se non fosse perché già lo sapevo, questa scena avrebbe sbigottito anche me.
E avreste dovuto vedere le facce dei due ragazzi, trovatisi lì, bei tranquilli, a progettare il loro attentato: proprio accanto a un vero criminale!
Che in definitiva, poi, fu il medesimo pensiero che inquietò anche le menti degli altri passeggeri in attesa alla fermata, subito impegnati a scambiarsi opinioni sull’accaduto; quelli che dicevano che pareva tanto essere una brava persona; o altri che, loro sì, avevano capito subito che si trattava di un delinquente, perché è dall’occhio che si capisce.
Eh sì, come per il pesce: se è fresco…
Tuttavia, piuttosto che alcuni miei consigli su come acquistare del buon pesce, credo sarete interessati ad avere notizie dell’avanzo di galera col nome da cane, sì insomma, Tobia.
Ed eccoci qua. Come forse avrete immaginato, il nostro uomo non era davvero un pericoloso ricercato, bensì lo era un altro tizio che, anch’egli in quel luogo e in quel momento, era strettamente sorvegliato dalla Polizia. Del destino la beffa: quelli alla fermata erano rimasti lì in compagnia del malvivente vero, esilarante! Ma avrò modo di spiegarvi meglio.
Detto tra noi, a questo punto della storia, avrebbe avuto lo stesso effetto se fosse atterrata un’astronave degli alieni e un esercito di piccoli esseri verdi e gelatinosi avesse rapito il nostro Tobia.
Non amo particolarmente la fantascienza e, tutto sommato, dei più realistici uomini in blu, rispetto a quelli verdi, penso che possano meglio rappresentare il deus ex machina al soldo della concorrenza, che mette il suo bastone tra le ruote del nostro eroe, in un’epoca dove le brigate erano rosse.
Serie: Un giorno, il succedersi degli eventi, ritenuto preordinato, necessario e indipendente dalle finalità umane
- Episodio 1: Tobia
- Episodio 2: Freud e l’invenzione del telefono
- Episodio 3: Il numero galeotto
- Episodio 4: La notte porta un coniglio
- Episodio 5: Il primo appuntamento
- Episodio 6: Il primo appuntamento, come va a finire
- Episodio 7: Un fato vigliacco e fellone
- Episodio 8: Il dubbio, dopo la burrasca
- Episodio 9: Scostamenti del cuore
- Episodio 10: Un’altra notte sulla città
Mi piace molto il taglio narrativo che hai dato agli ultimi due capitoli, con l’ironia dosata nella giusta maniera e una voce narrante che ho percepito come quasi paterna. Detto questo… qui l’affare si complica!
Che il povero Tobia avrebbe avuto qualche altro imprevisto di percorso, ormai era quasi scontato. Meno prevedibile che venisse addirittura prelevato dalla polizia. Una caricatura che ispira simpatia, fa sorridere e spinge il lettore ad andare avanti per scoprire come andrà a finire.
La voce narrante è brillante, con punte di sarcasmo ben calibrato. Mi piace tutta la serie.
Ma povero Tobia, anche in prigione è finito. Perlomeno, adesso, per i prossimi trent’anni Isotta saprà dove trovarlo. Bisogna solo avvertirla di non portare a Tobia le classiche arance, che in carcere non possono entrare, ma magari biscottini che si addicono molto all’uomo con il nome di cane. Scusa se scherzo, Paolo, ma i miei sono complimenti al tuo racconto, che riesce sempre a divertire. Bravo!🙂
Un episodio surreale, leggero e brillante: sembra quasi una piccola commedia all’italiana in formato racconto. Il colpo di scena con la polizia funziona benissimo proprio perché arriva mentre Tobia è immerso nel suo ottimismo ingenuo. E la voce narrante, ormai, è diventata un personaggio a sé.