Turchese 

Serie: Un pessimo desiderio


NELLA PUNTATA PRECEDENTE: Martina stava per diventare la nuova star del porno scolastico, anche se non era proprio tra le sue ambizioni quella di intraprendere questo insolito percorso cinematografico. Sarebbe riuscita a convincere tutto lo staff coinvolto?

– È la rossa che mi devo chiavare  in video? – La voce di un ragazzo. L’accento siciliano malamente mascherato da una specie di allegria isterica. Era alto, era forte, le impediva qualunque movimento.

Avvertì una stretta dannatamente dolorosa al seno sinistro.
Una voce calda e feroce, crudele e maleodorante sussurrò al suo orecchio:
– Preparati, perché ti spaccherò in due, da domani camminerai come un cowboy che ha cavalcato per anni su una minchia… –
Martina avvertì un brivido arrampicarsi con unghie e denti lungo tutta la spina dorsale. Un lamento frustrato e collerico le scaturì dal fondo della gola, provò a muoversi, a spostare quella specie di orso che la teneva inchiodata, ma le sembrò come tentare di spostare un albero ben piantato nel terreno.
– Chiara, aiuta Michele a spogliarla. La voglio completamente nuda. Mi hai capito? NUDA! –
La regista di quella nuova frontiera del porno, stava già immaginando quante scene poteva girare in quasi quarantacinque minuti che le rimanevano prima del suono della campanella che segnalava la fine delle lezioni. Voleva violarla in tutti i modi possibili e farle cambiare città in preda allo sconforto e alla depressione più nera.
Amava questo suo dominio incontrastato e amava la paura che le sue vittime provavano nel vederla.
Laura Longo aveva subito qualcosa di simile, ma nel suo caso era stata molto gentile, aveva ripreso quella ragazzina ricca e altezzosa mentre adoperava gli oggetti che man mano le passavano, aveva filmato tutto e costretto quella ragazzina ad obbedire ai suoi ordini, alle sue richieste continue di denaro, con la minaccia di mostrare i video a tutti. Era stata disarmante la facilità con cui aveva ceduto, spaventata a morte dal coltellino svizzero di suo fratello puntato dove serviva, aveva fatto tutto ciò che le veniva ordinato, senza fiatare.
Chiedimelo.
Chiara le stava sollevando la felpa, scoprendo l’abbottonatura dei pantaloni cargo. Martina aveva scalciato colpendo la ragazza di striscio ad una gamba ed il tizio sconosciuto di nome Michele ad uno stinco.
– Merda! Tienila ferma Miché, che questa puttana tira pedate. –
Michele ringhiò sommessamente e s’appoggiò con tutto il peso sulla schiena di Martina che resistette qualche secondo per poi cadere in ginocchio. Lacrime di rabbia cominciarono a scenderle dall’occhio ferito e dopo poco, anche da quello buono. La mano che continuava a stringerle il seno sembrava volerla scarnificare, il braccio che le bloccava il collo le impediva anche di respirare bene e Chiara armeggiava furiosamente con i bottoni dei pantaloni.
– Lasciatemi! – disse con la voce strozzata e rantolante. I bottoni dei pantaloni cedettero finalmente, ma non senza fatica.
– Dali! Falle un bel primo piano della patata. Vediamo se anche lì è arancione. –
Patrizia si stava avvicinando a Laura che si era girata verso la parete singhiozzando convulsamente e coprendosi il volto.
– Tu, troietta, girati e guarda. Che dopo partecipi anche tu alla festa. –
Basta chiedere, Martina… lascia che sia io a prendere il tuo posto.
– Taci! Tu li vuoi ammazzare! – Urlò Martina in lacrime. Dalila e Patrizia si guardarono dubbiose. Chiara intanto aveva abbassato i pantaloni cargo a metà coscia scoprendo un paio di slip turchesi con le cuciture bianche. Michele, preso dalla foga di quella violenza gratuita, le aveva azzannato un orecchio e stava muovendo il bacino ritmicamente strusciandosi sulla schiena della povera preda in trappola.

Te lo prometto. Non torcerò loro un singolo capello.

Chiara scostava le mutandine come a sbirciare al loro interno, aveva il sorriso divertito del boia pronto a calare la sua ascia.

– Sembra arancione anche qua sotto. – disse con un tono vittorioso.

– Strappale via quelle cazzo di mutande! Michi, tu sei pronto? Dalila filma tutto! –
Patrizia aveva lo sguardo estatico e continuava a dare indicazioni a tutti.

– CINQUE MINUTI! Ti concedo solo cinque minuti! Non fare loro del male! Non fare danni! – Martina lo urlò in preda al panico, mentre Chiara le aveva afferrato gli slip lateralmente con entrambe le mani, pronta a strappargliele via in malo modo.

Patrizia si chiese per quale motivo quella strana ragazzina stesse delirando così, nel frattempo aveva iniziato a spogliare la sua schiavetta singhiozzante, Michele continuava il suo movimento pelvico, puntando ad un giusto grado di rigidità.

Che i cinque minuti abbiano inizio.

I neon della stanza lampeggiarono come a cercare di mantenersi saldi, ma il loro colore perse mordente, sfavillando ferocemente per qualche istante con quell’azzurro freddo e spietato. La stanza si oscurò, due secondi esatti di buio pesto, poi i neon si riaccesero, ma adesso erano di un arancione deciso e ogni cosa appariva più nitida, sembravano i lampioni stradali al sodio ad alta pressione.

Martina raddrizzò gli slip sollevandoli, l’elastico aveva perso un po’ della sua coerenza, ma poteva passarci sopra. Sollevò anche i cargo abbottonandoli nuovamente con calma.

Si stiracchiò come a sgranchirsi da un pisolino pomeridiano, si udirono chiaramente le vertebre schioccare.

– Ahhh! Ma questo corpo è una mappa del dolore! Ma come si fa a stare con tutti questi traumi senza battere ciglio? Eh? Tu me lo sai dire? – Martina si girò a guardare Michele che era fermo, in ginocchio a stringere l’aria.

– Che cazzo? – disse con un filo di voce.
– Quando cazzo ti sei liberata? –

– Più del quando, io punterei a ricercare il se! Guardati intorno. Non noti niente? –

Michele si alzò guardandosi le mani, poi guardò la ragazzina sorridente, era evidentemente eccitato, ma anche confuso.

– Dove sono finite le altre? – chiese guardando quelle fastidiose luci arancioni e l’aula d’arte vuota. I neon emettevano un ronzio elettrico insistente e si sentiva uno strano odore di pietra calda.

– Non ti si può nascondere nulla Pippo. – Martina fece il gesto di puntare una pistola fatta con l’indice ed il pollice in direzione di Michele.
– Come sai che mi chiamano Pippo? Come… come cazzo lo SAI? – Michele aveva gli occhi sgranati e la fronte corrugata in una sorta di sconcerto caotico.
– No, no… Non sforzarti, che mi servi concentrato. – Martina appoggiò un orecchio tra le scapole di quel ragazzo con un fare affettuoso quasi commovente.

Serie: Un pessimo desiderio


Avete messo Mi Piace1 apprezzamentiPubblicato in Young Adult

Discussioni

  1. Episodio realistico e spietatamente crudo, una vera cruditè: bravò Emilianò. L’ho apprezzato, anche se mi è rimasto indigesto per la sua disarmante brutalità.

    1. Ciao Fabius! Grazie mille per essere passato dalle parti del liceo classico di Palermo. Beh, tieni presente che il mio è un esperimento che vorrebbe lambire le viscide pareti dell’horror. Non mi sono mai cimentato nella scrittura di questo genere e ammetto che mi sto divertendo a torturare i miei protagonisti… figurati che i prossimi episodi saranno decisamente disturbanti, almeno per me.
      Spero vivamente di mantenere viva la curiosità e l’attenzione anche se costringerò qualcuno a stringere i denti per la crudezza di alcuni passaggi… ♥

  2. Quando ho iniziato a leggere, a un certo punto, mi stavo davvero inc@@##. La scena di apertura è scritta molto bene: ritmo incalzante e dialoghi credibili. Ma quando sono arrivata alle battute in corsivo ho terminato l’episodio in un lampo. Dovremo proporre a Tiziano una sorta di episodio bonus: 2000 parole da usare una volta a storia. Adesso quanto devo aspettare per leggere la parte più succosa? La “giustizia fantasy” non ha limiti, per favore le attenuanti generiche sono bandite. Bravo Emiliano 💯💯

    1. Aahhahahah! Attenuanti generiche con un jinn del fuoco? Mi sa che se ne sbatte di qualunque tipo di giustificazione comportamentale i quattro bulletti abbiano. 😀 La storia io l’ho già scritta tutta, almeno per quel che riguarda tutta la parte “giudiziaria”. Pubblico un episodio a settimana per non intasare il sito con la mia presenza e poi mi piace far salire le aspettative per l’attesa.

  3. La scena è realistica e ben costruita, forse si perde un po’ il filo tra i nomi dei personaggi che sono diversi (tra questo episodio e il precedente), oltre alla protagonista e il suo “spirito protettore”, ma nella concitazione ci può stare. Risulta ben alimentata, nel lettore, la voglia di una rivalsa e mi è parso un po’ “tiepido” il disimpegno della protagonista (parere personale). Grazie per la lettura

    1. Ciao Paolo! Grazie a te per esserti fermato a leggere! Abbi pazienza, Martina ha appena concesso cinque minuti di libertà al suo jinn, uno spirito con dei valori morali parecchio diversi dai nostri e direi che molto probabilmente i cinque minuti verranno sfruttati in modo alquanto efficace, mantenendo anche la promessa appena fatta. Spero di mantenera viva l’attenzione e anche la qualità del racconto.

  4. Ho cominciato dal terzo episodio della seconda stagione, è terribile trovarsi sbattuta faccia a faccia con la violenza che di solito ti arriva filtrata dai notiziari. Quanto tempo è passato da Histoire d’O.? Non posso dire che per me la lettura sia piacevole ma ti ammiro per avere il coraggio di scrivere in questo modo sconvolgente.

    1. Ciao Francesca! Ma, ma… partendo da qua ti sei ritrovata nel punto più alto della violenza nel racconto. Senza un minimo di lore, di punti di riferimento, diventa qualcosa di disturbamte da leggere! 😀
      Da premettere, che io non ho mai scritto racconti che puntano a provocare delle sensazioni tanto forti nel lettore e ammetto che la sfida è avvincente, anche perché il tutto sta prendendo una piega horror davvro niente male.