
Uccel di bosco
Serie: Le rose e le rouge
- Episodio 1: Le rose e le rouge
- Episodio 2: Jean
- Episodio 3: Tattoo
- Episodio 4: Il professore
- Episodio 5: Carletto
- Episodio 6: Il Cinese
- Episodio 7: Il giornalista
- Episodio 8: Clara
- Episodio 9: Le jacarande
- Episodio 10: Carmelo
- Episodio 1: Da Biagio
- Episodio 2: Rosso rubino
- Episodio 3: La signorina Bellini Sforza Contìni
- Episodio 4: Il maresciallo Ercole Lo Piccolo
- Episodio 5: Colpa d’Albino
- Episodio 6: Rosa furiosa
- Episodio 7: E strunz
- Episodio 8: Pierre de Ronsard
- Episodio 9: A tavola senza cadaveri
- Episodio 10: Il signor Marino
- Episodio 1: In fuga da Pietro
- Episodio 2: Il buono, il cattivo e il maresciallo
- Episodio 3: François Dubois
- Episodio 4: Laura
- Episodio 5: Viola Testa
- Episodio 6: Calogiuri
- Episodio 7: I vecchi
- Episodio 8: Elia Boidu
- Episodio 9: La bestia
- Episodio 10: La festa
- Episodio 1: Il fantasma del bar
- Episodio 2: Uccel di bosco
STAGIONE 1
STAGIONE 2
STAGIONE 3
STAGIONE 4
Il letto sfatto, come un campo di battaglia, senza vincitori né vinti. Calze e calzini lanciati sul pavimento, nella foga che accelera movimenti, respiri e battiti. Una bottiglia rovesciata e due calici vuoti col fondo rosso scuro, quasi colloso. E un sole sfacciato che penetrava dal lucernaio, invadendo la camera in disordine, dopo la fievole luce discreta di una luna calante che aveva lasciato in penombra i due corpi, non più tonici e asciutti, come nell’amplesso di qualche anno prima. Ai primi bagliori dell’alba, lui era corso in bagno per una doccia rapida. Subito dopo, il botto della porta chiusa in fretta aveva accompagnato il pensiero di un messaggio da inviare a lei più tardi.
Pensieri fumosi nella mente stordita di lei che, appena sveglia, era andata a rovistare tra le scatole dei farmaci. La mente offuscata nel vago ricordo di un brindisi, poi un altro e un altro ancora. Attrazione e rabbia, desiderio e ostilità, resistenza e cedimento. Sensazioni contrastanti, sciolte dall’alcool, dall’amore mancato, dagli sguardi magnetici e dai gesti ipnotici di un grande mago della seduzione.
Di nuovo in trappola – pensava – stupida, fragile, senza dignità. La notifica del messaggio era arrivata subito dopo:
“Salut. Ho preso la voiture. Je t’appelle più tardi”.
Dunque è tornato soltanto per portarsi via la macchina. O pensa di andare avanti e indietro come gli pare. Il solito stronzo. Chissà dov’è andato. A ritirare un altro premio di “Giornalista dell’anno”. Come no: incorniciato in radica di zucca. Non sa più scrivere neanche due parole in italiano. Non che prima avesse lo stile impeccabile di Corrado Augias o di Cazzullo. La sua era la tecnica di Gianni il Cazzaro. E non gli avrebbero dato nessun premio, senza il mio aiuto e senza i favori del suo caro amichetto fluido, in giuria. Stavolta non starò qui ad aspettarlo. Io non sono Penelope. Non so filare e neppure sferruzzare o ricamare. E lui, di certo, non è Ulisse. Ci vorrebbe una vacanza, un bel viaggio a Capo Nord, oppure un pellegrinaggio a Lourdes.
***
«Ciao Clara, come stai?»
«A letto con la febbre.»
«Mi dispiace. Hai bisogno di qualcosa?»
«Non preoccuparti. Ho tutto il necessario per campare in quarantena, anche fino all’anno prossimo: viveri a lunga scadenza, freschi e surgelati, farmaci… Miele a gogò e arance a palate.»
«Bene, non ti manca niente. Guarisci presto.»
«Volevi chiedermi qualcosa? Abbiamo lasciato in sospeso la storia del mio “esilio”. O forse dovrei dire storia di una latitante. La temibile, efferata banditessa, nel suo covo dell’ovile di Silqà.»
«Uhm, mamma, che paura.»
«Tu ridi; qualcuno, però, è ancora convinto che sia stata io a pagare un killer per infilzare Pietro con il forcone che stava in mezzo al pagliaio.»
«Non pensarci. La gente sparla a vanvera o inventa mostri per sentirsi migliore. Ora cerca di rimetterti in sesto. Per terminare la storia non c’è fretta.»
***
«Pronto!?»
«Ciao Viola, come stai?»
«Bene. Tu?»
«Potrei stare meglio, ma… poco male… passerà.»
«Passerà questa pioggia sottile, come passa il dolore, cantava De Andrè.»
«Già. Spero passi presto, come un acquazzone estivo e senza frane. Ti ho chiamato per sapere di Rosa. Come sta? Le avevo proposto un viaggio insieme, con i soldi del gratta e vinci.»
Un lungo sospiro prima di rispondere:
«Si sveglia spesso, durante la notte, in preda agli incubi. Convincerla a uscire di casa per fare due passi, è un’impresa. L’altro ieri sembrava più vivace. È venuto un signore a trovarla, un uomo distinto, gentile.»
«Il professore?»
«Sì, le ha portato un libro di poesie. Sembrava di nuovo lei: sorridente e serena. Lui le ha letto una poesia ad alta voce. Lei pendeva dalla sue labbra, come se le fosse comparso Francesco Gabbani in persona – il suo mito ─ a recitarle i versi delle canzoni.»
«E poi?»
«E poi, subito dopo, ha cambiato umore. Ha mangiato soltanto un quarto di uovo e quattro piselli, poi si è rimessa a letto.»
Un altro sospiro prima di continuare: «Dorme poco e non vuole alzarsi neppure per lavarsi, né per vedere la tv; leggere un libro, chiamare qualcuno, ascoltare musica…»
«Hai provato ad accendere lo stero per farle sentire le canzoni che amava di più?»
«Sì, ho provato, ma devo tenere il volume basso, altrimenti si innervosisce. La musica arriva a malapena, in camera sua, quando non tiene la porta chiusa.»
«Pensi che organizzare un viaggio a sua insaputa, per farle una sorpresa sarebbe inutile?
«Per ora, non credo che potremmo riuscire a convincerla.»
«Neanche per andare in Madagascar? Era uno dei suoi sogni.»
«Sì, lo so: uno dei sogni di quando era ancora una ragazza ingenua, idealista, con tanta voglia di vivere. Ora, invece, devo tenerla d’occhio, per paura che possa compiere qualche gesto irreparabile.»
«Ho un’idea. Per ora lasciamola tranquilla. Potrei chiedere al professore di andare a trovarla più spesso. E intanto verifico quali saranno le tappe con le tutte le date del prossimo tour di Gabbani.»
«Se venisse anche a Karalis, potremmo riuscire a trascinarla… forse. E chissà che il concerto del suo cantante preferito non le restituisca un po’ di vitalità.»
Il pensiero di aver perduto la macchina l’ aveva fatta esitare prima di rispondere:
«Potrei chiedere a Carletto, se può accompagnarci col furgone. Potremmo andare tutte insieme, come ai vecchi tempi, per il concerto dei Tazenda, a Santa Maria Navarrese.»
«C’era anche Gemma.»
«Sì, c’era anche lei. E quando Andrea Parodi aveva cantato No poto reposare era partito un coro di voci commosse da sotto il palco.»
«E c’era anche il tuo amico francese… Che fine ha fatto? Era un bel tipo e tu innamorata persa.»
«Che fine ha fatto? Bella domanda.»
Altro sospiro, altra pausa e poi, titubante: «Stanotte era con me, sotto le lenzuola. A meno che non abbia sognato tutto. E adesso sembrerebbe di nuovo uccel di bosco. Ha preso la sua auto e ora non so se l’abbia già imbarcata insieme ai suoi bagagli, per tornare in Francia, o stia programmando di fermarsi qui, per complicarmi la vita.»
«Una vita senza amore è una vita meccanica, con un motore guasto, che arranca e a poco a poco si spegne. Se accende qualcosa in te, non lasciarlo andare.»
Serie: Le rose e le rouge
- Episodio 1: Il fantasma del bar
- Episodio 2: Uccel di bosco
Bellissima la frase finale. rende benissimo l’idea di come funzionano certe relazioni. Sappiamo che quella persona ci farà male, eppure sappiamo che ci fa anche bene, e così scatta il tira e molla. Scatta quel non riuscire a lasciarsi ma neppure a tenersi, come questo francesino, che mi ricorda tanto la benzina che fa andare il motore. Senza benzina arranchi. Con il pieno funzioni. Ma ti inquini. Però, che belle corse. Insomma. Un bel pasticcio l’amore. Sono gli altri che ci complicano la vita, o siamo noi che non possiamo farne a meno di lasciarglielo fare?
Spero davvero che Valentina trovi la strada e la risposta giusta.
Ciao Irene, grazie per queste tue parole sulle relazioni di coppia che condivido in pieno e credo che subire o non subire (questo é il problema) dipenda sempre da chi non si sottrae, pur non essendo una colpa ma, come ben sappiamo, deriva dal genere di rapporti famigliari, soprattutto durante l’infanzia. Acquistare una maggiore indipendenza, sempre piú ampia e forte – non solo economica – credo possa aiutare a liberarsi dal giogo della dipendeza emotiva patologica. In certi casi, peró, non basta, servirebbe una vera e propria deprogrammazione degli schemi mentali che richiede un aiuto qualificato.
L’idea del viaggio a sorpresa (o del concerto) è interessante! Non vedo l’ora di scoprire la reazione di Rosa. E mi è piaciuta molto la conclusione di questo episodio:”Una vita senza amore è una vita meccanica, con un motore guasto, che arranca e a poco a poco si spegne. Se accende qualcosa in te, non lasciarlo andare”. Mi ha fatto riflettere su alcuni aspetti della mia vita.
Ciao Arianna, l’idea del viaggio nasce da un gratta e vinci rimasto a lungo, dimenticato, nel cassetto, prima di scoprire che fosse un biglietto vincente. Ne avevo parlato nell’episodio n. 6 : “Il Cinese”.
“Rosa aveva infilato i gratta e vinci nel cassetto e si era affrettata a dare una mano per servire le clienti; Gemma invece, aveva preso al volo un mazzo di fiori dalle confezioni già pronte, ed era entrata in cimitero.”
E la frase finale sull’amore, credo possa essere interpretata in vari modi, anche senza sentimentalismi romantici, come forza positiva che tutto muove. Mi fa piacere che anche tu l’abbia apprezzata. Grazie Arianna, un abbraccio.😘
“Una vita senza amore è una vita meccanica, con un motore guasto, che arranca e a poco a poco si spegne. Se accende qualcosa in te, non lasciarlo andare.» “
Come tutto il racconto, questa frase è significativa, mi ha colpito molto. L’hai posizionata in maniera perfetta alla fine, cara Maria Luisa. I miei complimenti!!! ❤️ 😃
Grazie mille, Alfredo; forse a qualcuno potrebbe sembrare una frase sull’amore un po’ scontata. Io peró ci tenevo e ci speravo, che qualcuno la mettesse in evidenza, per ripetere ancora, come un mantra, l’ importanza vitale dell’amore. Quindi grazie di 💝
Grazie a te per averla scritta!!
Ciao Maria Luisa, ho pensato pure io che il protagonista della scena iniziale fosse il maresciallo. 🤣 Quella scena è favolosa! Come il finale, ho scritto tanto volte che mi sono affezionata al personaggio di Rosa, faccio il tifo per lei. Un episodio che mi ha entusiasmato.
Grazie Tiziana, anche per me Rosa é diventata una creatura viva che mi sta molto a cuore. E mi chuedo continuamente quale potrebbe essere la terapia migliore per riportarla a vivere una nuova vita piú gioiosa.
Ciao Luisa, all’inizio ho pensato che la stanza fosse quella del maresciallo… poi, dall’amplesso “di qualche anno prima”, ho capito. Davvero bizzarro il tira e molla di Valentina col franzoso, che appare sempre meno simpatico; ma credo mi manchi l’esperienza per entrare nel merito di certe dinamiche. In tutto ciò, la povera Rosa fatica a riprendere il possesso della sua vita, ahinoi. Grazie per la lettura
Ciao Paolo, quel riferimento a qualche anno prima e il messaggio in “franceliano” li ho scritti apposta per far capire chi fossero i due amanti. Immaginavo che ci si aspettasse un continuo, dopo la festa, di un’ altra “baldoria” del maresciallo.
Grazie Paolo per aver letto e lasciato le tue considerazioni.
Mi piace tantissimo l’apertura caotica della stanza e trovo che i dialoghi scorrano molto bene e siano naturali.
L’unica cosa che mi sento di suggerire, se posso, è di spezzare i blocchi di conversazione. Dalla parte centrale in poi i dialoghi sono molto lunghi e senza interruzione.
Ciao Gianluca, grazie. Ho appena modificato un piccolo passaggio tra i dialoghi. Ci lavoreró ancora. Credo che tu abbia ragione.
Apertura che morde. Camera devastata, sole indiscreto, sms che graffia. Le telefonate cambiano il respiro del pezzo e fanno entrare cura e fragilità. Protagonista viva e contraddittoria, ferita ma tosta. Bella miscela di sensualità, sarcasmo e tenerezza.
Grazie Lino, le tue parole mi confortano. Sull’ inizio avevo meno perplessità che sul prosieguo. Mi é venuta l’ idea mentre ero già a letto, ieri notte. Per non alzarmi, non disturbare e non rischiare di dimenticarmi le parole, le ho scritte al buio, nel quaderno che tengo sul comodino. Sulle telefonate con Clara e Viola avevo forti dubbi che fosse tutto abbastanza chiaro. Su Rosa e Gabbani non so quanto possa piacere quel punto. Ma, comunque sia, “…elaboriamo tutto con un amen”.
Ti confesso che l’inizio mi ha convinto tantissimo. Forse proprio perchè è quel che mi piace leggere, o quello che cerco anch’io nella scrittura. Ma tutto il resto è solo conferma!
Ah queste donne in amore, stolte! sempre un bel chiacchierare ma poi, si riaffaccia quello che già una volta ha fatto volare le farfalle nello stomaco (un po’ sotto a dire il vero) e oplà: stolte come prima. Sono troppo pesante se dico che noi maschietti abbiamo degli “imprinting” che non mancate occasione di rinfacciarci? Bene, è lo stesso, anche voi avete i vostri… cioè, per capirci, siete voi che, molto spesso, legittimate il nostro “machismo”, lo fate con i partner, occasionali o meno, ma, quel che è peggio, lo fate coi figli, perpetuando così la crescita di piccoli mostri. Sempre mia l’intenzione di non generalizzare, ma, purtroppo, spesso è così. Per il resto tutto più che bene. Ti abbraccio Maria Luisa.
Ciao Giuseppe, condivido le tue parole. Io, però non ho mai sbagliato con i miei figli e mai sbaglierò. Sai perché? Indovina un po’. Non siamo riusciti ad averne, né biologici e neppure adottati, per non rischiare di far danni con figli voluti a tutti i costi. Con gli uomini partner abbiamo tutte le nostre responsabilitá, nelle scelte che facciamo, nel perseverare, a volte, in relazioni tossiche, nel ripetere sempre gli stessi schemi più o meno patologici, di dipendenza, di controllo o altro. Per Valentina, con il suo bel francese ricomparso, il problema non é il machismo, ma bensì l’ opposto: il suo caro amichetto fluido – dice lei – e non riesce a digetirlo, però ci é ricascata. Siamo tutti fallaci.
Manca un punto interrogativo dopo fallaci.