
Ultima
Non so perché sto scrivendo. Non so neanche a chi sto scrivendo dato che nessun essere umano leggerà mai queste mie ultime memorie, e come potrebbe. Ma non importa, lasciatemi gridare, lasciatemi sfogare, io che sono stata sempre in disparte, l’ultima istanza per chi ha creduto in me non avendo più nulla a cui aggrapparsi.
Uomini vi maledico! Sì, proprio voi maschi. Su di voi ricadono tutte le colpe. Benedico invece le donne, sempre inascoltate e a voi succubi, magnifiche creature con solo qualche piccolo e trascurabile difetto, dal corpo perfetto e senza fallo, senza quella ridicola e penzolante proboscide antiestetica di cui c’è poco da esserne fieri, che le distingue a prima vista dai voi, esseri inferiori che vi credete superiori solo perché dotati di fallo e, forse per questo, fallati, difettosi per natura, propensi alla lussuria, irascibili, poveri di valori ma ricchi di gratuita malvagità.
Uomini meschini, vite sprecate a rincorrere una palla in cuoio a costo di un fallo da cartellino giallo. Ma cazzo! Fallo sfogà ‘sto cazzo, coglione di uomo che non sei altro. Ah! Non puoi più. Però, quando potevi, ti eccitava di più giocare alla guerra, invadere uno stato confinante, dominare prima di essere dominato da un altro coglione come te, un dittatore* come te, uno psicopatico come te che si credeva l’unto del Signore e che come te era solo al comando, solo come un coglione.
Povere creature che avete popolato questo pianeta ai margini dell’universo, che vi siete moltiplicate per poi dividervi in nazioni perennemente in guerra. Vi ho cercate per mari e monti, lungo fiumi e laghi, dentro caverne buie e anfratti scoscesi senza incontrare mai Nessuno in vita, neanche un Ulisse sotto copertura. Ora, che vi siete autodistrutte, resteranno ben poche tracce sulla terra della vostra misera esistenza durata un’inezia, neanche una breve era geologica, solo qualche millennio, nulla al confronte dei centosessantacinquemilioni di anni vissuti sulla terra dai dinosauri nel Mesozoico. Quella maledetta superbomba nucleare al gas nervino C11H26NO2PS da voi creata e fatta esplodere nella troposfera, sganciata da un drone pilotato dall’Intelligenza Artificiale, vi ha sterminati tutti, senza pietà. La pietà è umana, l’I.A. è disumana, per natura, perché anafettiva e impietosa, perché non guarda in faccia nessuno. Come avete potuto lasciare nelle sue mani e in balia di chissà quale algoritmo indecifrabile il vostro destino? Che errore mortale il vostro, davvero imperdonabile.
Io, che pensavo di essere immortale, non ho fatto i conti con la vostra stupidità e adesso ne pago le conseguenze: una morte in solitudine, questa è la mia condanna. Il momento è venuto e non è più procrastinabile. Ora lei è lì, fuori da questa porta che mi attende incappucciata, vestita del suo ampio mantello nero, sempre con la grande falce in mano ma senza martello – non è comunista –. Quell’infame che fa rima con cattiva sorte dove mi porti non lo so,
ma poco m’importa,
facciamola corta,
son pronta alla morte,
il destino chiamò.
Resto sull’attenti, Il momento è solenne.
Toc! Toc! Sento qualcuno bussare due volte: The Beats of Death? (I Battiti della Morte?) Faccio finta di non sentirli nell’illusoria speranza che quella bastarda ritorni sui suoi passi. E se, invece, fosse un postino superstite? No, non può essere Chiambretti, il postino suona due volte, non bussa. Poi, una voce fredda, distante, d’oltretomba e oltremodo inquietante, come se fosse corretta dall’effetto dell’Auto-Tune, software malevolo che distorce la voce dei cantanti senza voce senza pietà per chi l’ascolta.
«Esca, sono io, sono arrivata.»
«Io chi?» Chiedo sfacciatamente: «L’arrotino?»
Nessuna risposta, solo qualche attimo di freddo silenzio. Probabilmente quella pessima battuta ha raggelato la mia interlocutrice o, forse, non ha bene compreso.
«Lo sa benissimo chi sono, non faccia la spiritosa con me» la risposta stizzita della signora in nero che dimostrava l’irritazione montante (preferivo la signora in giallo; pensandoci bene, con tutti quei cadaveri a ogni puntata, anche lei non scherzava, nonostante quella simpatica musichetta facesse presagire il contrario).
«Ancora un momento e arrivo, il tempo di un Moment, giusto per non morire con un terribile cerchio alla testa.»
«Ma si vuole decidere? Lo sa che è rimasta l’ultima? Ora tocca a lei, si spicci.»
Corpo rigido, occhi fissi, sguardo assente giustificato. Mi guardo allo specchio e mi vedo bella, La morte ti fa bella non era solo un vecchio film con una giovane Meryl Streep, è la verità. O è paranoia?
«Porca miseria, si vuole decidere? Sta tirando troppo la corda.»
Tirarla per le lunghe è un nornale istinto di sopravvivenza, io non faccio eccezione. Sapevo che era del tutto inutile tirare la corda quando dovevo tirare le cuoia, ma, ogni secondo che passava era come aggrapparsi agli ultimi granelli di sabbia, quelli che scivolano inesorabilmente dentro la clessidra della vita.
«Apra questa porta, santa pazienza, entro io o viene lei?»
«Vengo io, adesso vengo. Un attimo ancora che mi vesta, non vorrà mica che esca nuda? Mi dia ancora un minuti, la prego.»
«Ma per chi mi ha preso, per uno dei Pooh?» Silenzio mortale. Provo a pensare a cosa pensi: Vabbé, mi riposo un attimo, ho avuto un superlavoro ultimamente, ho lavorato H24 senza risparmiarmi.
«Grazie Signora» stakanovista del cazzo! Un minuto è meglio che niente, peggio sarebbe risentire ancora una volta per intero quel brano cantato da Facchinetti padre. Così mi distendo sul letto e faccio partire la mia mano, lentamente; le mie dita accarezzano delicatamente le labbra, quelle piccole, mentre quelle grandi della bocca trattengono a malapena un flebile gridolino di godimento. Le labbra piccole, umide di piacere, si abbandonano a un orgasmo devastante. «Vengo… Sì vengo! Hmm vengooo. Siiiiì!»
Dopo questo ultimo insperato e disperato erotico stomp** al femminile la seguo – bisogna godersi la vita fino all’ultimo istante -. «Eccomi, sono nelle sue mani, Il fato si compia.»
~~~
Quando la Speranza muore – è sempre l’ultima a morire – per la morte non rimane che rinchiudersi nell’ultima cassa disponibile, e richiedere la cassa integrazione a zero ore utilizzando il previsto Modello Inf/er/ 666NO.
Diavolo! La burocrazia non muore mai.
*Non è un caso che dittatore sia un sostantivo declinato quasi sempre al maschile; dittatrice suona male, per fortuna non serve.
**Brano di Lucio Dalla
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“Io chi, l’arrotino?” 🤣 (segno questa risposta per quando toccherà a me). Che dire, un racconto da brividi, nonostante qualche battuta divertente. La morte della Speranza: geniale! Complimenti, davvero.
Finché ci scherziamo sopra vuol dire che siamo vivi, meglio prenderla in giro che disperarsi.
Mi sembra che il tuo genio inizi a essere universalmente riconosciuto. E te lo meriti.
Almeno ho un vantaggio: faccio la spesa gratis da Eurospin.
Caro Fabius 🧐 questo pezzo è geniale. Il tema invita alla riflessione, mentre la trama e la voce narrante sono esilaranti. Oggi ti scrivo un messaggio, serio e professionale, perché questo pezzo mi è piaciuto molto 🤭👍
Grazie Tiziana, i complimenti mi lusingano ma non esagerare, potrei montarmi la testa come Capitan Trinchetto; se non lo conosci cerca il modo di dire “cala trinchetto”, una pubblicità vintage della Reacoaro per Carosello degli anni ’60. Dimenticavo, ‘Ngamal ti saluta e in segno di amicizia ti manda un take five (batti cinque)👐 virtuale. Lui sì che si è montato la testa leggendo la tua lettera.
Un monologo feroce e ironico, che mescola rabbia, sarcasmo e disillusione fino all’ultimo respiro. Crudo ma originale, mi ha strappato un sorriso…amaro!
In effetti hai ragione, c’è ben poco da ridere, siamo nelle mani di dittatori e aspiranti dittatori. Speriamo che la nostra speranza non muoia, sarebbe un dramma.
Grande Fabio, una stilla ironica per presentare l’estrema sintesi del catastrofismo: la burocrazia che sopravvive alla speranza e pure alla morte! Grazie per la buona riflessione che hai stimolato, oltre al sorriso
In questo libriCK puoi divertirti piangendo, arrabbiarti sorridendo e, se ci riesci, puoi fare entrambe le cose contemporaneamente. Grazie per aver colto la battuta infernale nel finale; tu, di demoni, me ne fai conoscere parecchi ultimamente.
Mi hai fatto ridere Fabius, ma anche colpito. Saper parlare di temi seri, far riflettere e strappare dei sorrisi richiede un certo talento. Complimenti!
Dici che bisogna avere talento per scrivere un libriCK come Ultima? Allora sono dieci talenti e due ducati, per l’esattezza, da versare sul mio conto in criptovalute. Scherzi a parte, sono felice del complimento; finora credevo di essere solo uno scrittore ignorante, ora ho appreso che sono uno scrittore ignorante ma di talento, un po’ come grandi del mondo, dittatori conclamati ma di talento. Grazie Melania.
Per un attimo ho pensato che la speranza si fosse chiusa nel bagno di un treno, con la morte che, come un capotreno, la invitava a uscire perché la corsa era finita. In fondo, visto il detto, la scena ci sta: “Chi vive di speranza, muore c-“. Forse la speranza guardava tutti quelli che l’avevano invocata invano. Scherzi a parte (non il programma televisivo), ho apprezzato molto la riflessione sulla stupidità umana. Grazie per la lettura, Fabio.
Ogni tanto rifletto, lo faccio sempre quando mi trovo davanti allo specchio. Sarà un riflesso incondizionato o è stupidità umana? Grazie per aver letto questo mio libriCK, e pensare che stavo per cestinarlo, non sapevo come etichettarlo perché la categoria storie demenziali non è prevista.
Perlomeno è morta contenta. Insomma, quasi.
Chi si accontenta… gode.