Un bagno di sangue e non solo…
Anche i più spietati serial killer dei giorni nostri non possono che “inchinarsi” nel sentire la storia di quella donna vissuta in Ungheria tra il 1560 e il 1614. Meglio conosciuta come Elisabetta Bathory, su di ella si sapeva che amasse fare il bagno in una vasca colma di sangue di giovani donne. Le vittime accertate furono più di un centinaio ma si parlava di una cifra vicina alle trecento, però al momento della cattura della contessa, si dice che venne trovato il suo diario dove la stima ammontava a un numero spaventoso: seicentocinquanta; in tal caso, sarebbe la più prolifica assassina mai esistita sulla faccia della terra. Alla fine però, la contessa Bathory ebbe una punizione esemplare: fu murata viva in una stanza del suo stesso castello, con un foro lasciatole per ricevere il cibo. Resistette quattro lunghi anni imprigionata tra le pietre e la malta, sperando che qualcuno della sua nobile famiglia potesse salvarla, fino a quando poi si rassegnò e si lasciò morire di fame.
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Da giovane, quando non aveva ancora ereditato il suo castello alle pendici dei monti austriaci, Beatrice conobbe la parte più macabra riguardante la sua famiglia e fin da subito provò una forte ammirazione per la contessa Bathory.
Nel corpo di Bea, candido, snello e che sembrava essere stato disegnato da uno dei Grandi Maestri del Rinascimento, il sangue presente era del gruppo zero negativo, non proprio il più raro, ma un soggetto con quel sangue poteva riceverne solo da un altro donatore col medesimo gruppo. Quando le annunciarono di aver bisogno di un trapianto di fegato, nonostante il suo denaro, non fu per niente semplice trovare un organo compatibile al suo corpo. Ci pensò poi un suo amico hacker a trovare la soluzione, così dopo il delicato intervento in quella clinica di Manila, forse perché l’organo ricevuto era appartenuto a un assassino o semplicemente per la parentela con la contessa Bathotry, una volta tornata al suo castello Beatrice cominciò a immergere la sua pelle lattea nel rosso vermiglio del sangue delle sue povere vittime.
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«Forse, ho trovato un soggetto che potrà interessarti!» disse il suo amico rimanendo seduto e mantenendo gli occhi puntati sullo schermo del PC, indicandole con l’indice l’annuncio che aveva trovato.
Lei si avvicinò, gli accarezzò la nuca rasata e allungando il collo scrutò con elevato interesse lo schermo a LED. «Virgin… Nome molto curioso per una escort!»
«Infatti. Ma se noti, quei pochi commenti da parte di alcuni clienti, confermano che nessuno di loro ha mai esplorato la sua tana.»
«Un po’ surreale, ma mi sembra plausibile che si presti solo come accompagnatrice, magari non vuole incappare in qualche problema con la legge.»
L’altro assentì. «Quindi, posso contattarla?»
«Certo che puoi» rispose accarezzandogli la guancia. «Come al solito, invitala al castello per una festa. Intanto dirò a Franz ed Ernst di non prendere impegni per questo fine settimana.»
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Frutto nato da un amore tra una bellissima ballerina brasiliana e un facoltoso turista italiano, Virgin era cresciuta assieme alla madre a Rio de Janeiro. Il padre, in gran segreto, aveva però passato loro una retta mensile e almeno una volta l’anno si era sempre recato in Brasile. Grazie al denaro ricevuto in diciotto anni dal padre, dopo i numerosi interventi Virgin adesso aveva un corpo da favola, ma a modellarlo ancora di più era stata anche la Capoeira: l’arte marziale brasiliana nata nel periodo schiavista durante le colonizzazioni, “mascherata” da danza acrobatica per far sì che gli schiavi potessero allenarsi senza dare nell’occhio.
Ormai trasferitasi a Venezia da un paio di anni, Virgin aveva superato bene la morte della madre e in Italia si era creata un buon giro di clienti facoltosi. Paradossalmente però, adesso che si era “avvicinata” al padre, i due si incontravano meno di quando erano divisi dall’Atlantico.
Mentre fumava la sua seconda Merit sottile, osservava i numerosi turisti tutti imbacuccati, loro ammiravano lei e le sue lunghe gambe, in quel momento un po’ tremolanti, coperte semplicemente da dei collant a righe. Virgin però non tremava a causa della temperatura ma per l’eccitazione. I suoi tacchi avevano anche calpestato il Red Carpet ma mai il pavimento di un vero castello. Quando la Maybach arrivò nei pressi della stazione, luogo d’incontro scelto di proposito da lei, si segnò comunque il numero di targa sul suo Smartphone e quando dal lato passeggero scese un uomo dai capelli rasati che dopo un piccolo inchino le aprì la portiera posteriore, lei sorrise maliziosa e poi si accomodò sul divano in pelle e quasi cominciò a sudare, vista la differenza di temperatura all’interno del lussuoso abitacolo.
Il guidatore portava i capelli lunghi legati dietro, era di poche parole e non si era nemmeno presentato; Franz invece le aveva offerto pure dei Ferrero Rocher. Uno lo mise nella sua borsetta in pelle di cavallino, l’altro lo gustò mentre stava pensando all’invito al quanto misterioso che aveva accettato. Sospirò e sperò che tutto andasse bene come sempre, anche se qualcosa la turbava…
Nella sfarzosa camera da letto assegnatale trovò, adagiata su una poltrona damascata, una vestaglia in seta, un biglietto scritto a mano e firmato Bea, che profumava di Chanel N°5, in più anche una busta piena di soldi, molti, più di quanto avevano pattuito… così Virgin decise di reggere il gioco, in attesa che cominciasse la festa.
Ernst e Franz l’accompagnarono nella camera da letto della padrona, ma dopo aver bussato, stranamente entrarono con lei. La prima cosa che colpì Virgin fu la grande vasca da bagno a forma di cuore. Abbagliata dai riflessi dell’oro che caratterizzavano gli accessori di quell’arredo bagno, non si rese conto che i due gli erano rimasti accanto e che quello coi capelli lunghi impugnava una Daga. I suoi occhi verdi smeraldo andarono poi alla specchiera, la quale rifletteva il volto della donna che aveva appena finito di truccarsi. Notando quella pelle candida, sorrise al pensiero che avrebbero formato una bella coppia: insieme sarebbero potute sembrare un biscotto Ringo!
Beatrice le si avvicinò, poi le accarezzò il viso e scese le sue dita affusolate verso l’insenatura messa ben in mostra dall’apertura della vestaglia. «Indossi ancora l’intimo? Non ti avevo scritto di non farlo?» Domandò fingendosi indispettita.
«Sì, ma che fretta c’è… E non mi aveva scritto pure che saremmo rimaste da sole? Io non faccio cose a quattro.» Rispose mantenendo un temperamento fermo ma accompagnato da un lieve sorriso.
«Rimarremo da sole, ma tra un attimo però. Intanto, perché non ti sfili quella seta di dosso?» E passandosi la lingua tra le labbra aggiunse: «Voglio ammirare il tuo corpo, che sicuramente sarà più piacevole della tua voce.»
Essendo anche un’accanita fumatrice, sicuramente la sua voce non era idilliaca ma lei s’indispettì comunque. «Preferirei che questi due non mi alitassero sul collo mentre lo faccio. Perché non li manda, mica la morderò come una vampira?»
«Non è mia abitudine sentirmi dire cosa dovrei fare. Quindi, togliti quella vestaglia e accomodati nella vasca!»
La trovò una richiesta alquanto insolita, specialmente perché la vasca era vuota e poi Virgin s’irrigidì con tutte le sue forze quando i due le misero le mani addosso.
A un cenno della padrona, Ernest tagliò con un colpo di Daga la stoffa, i brandelli della vestaglia caddero sul pavimento e poi le poggiò la fredda lama sulla schiena.
Mentre il suo collega recideva la lingerie in pizzo, Franz teneva ben stretta la vittima e Beatrice, osservando la scena, pensò a quanto sangue sarebbe stato espulso tra un po’ da quel corpo snello. Ma ancora prima che il tanga toccasse il marmo, la padrona di casa spalancò la bocca per la sorpresa.
I due notando l’espressione di lei, lanciarono un’occhiata nel punto dov’erano puntati gli occhi della padrona.
Approfittando del momento di stupore generale, l’abile combattente riuscì a divincolarsi dalla stretta, si gettò in avanti e poggiando i palmi sul pavimento cominciò a volteggiare e a scagliare potenti calci ai due che finirono subito al tappeto. Poi con un’agile capriola si avvicinò alla Daga, la impugnò e subito si rimise in piedi. Mentre si manteneva in posizione d’attacco e il suo sguardo si spostava da un nemico all’altro, l’eccitazione della lotta le provocò un erezione.
Franz si rialzò per primo e subito puntò la sua Beretta in direzione di Virgin.
«Fermo!» Urlò Bea con lo sguardo fisso ancora su quella sorpresa. «Ma tu sei…»
«Un trans» rispose interrompendola.
Un ghigno si disegnò sul volto di Beatrice; i suoi uomini fissavano a turno le “due” donne e si chiedevano che cosa avrebbero dovuto fare; infine c’era Virgin che, respirando profondamente, faceva alzare e abbassare i suoi seni artificiali e perfetti e teneva sempre la Daga impugnata nella destra.
«Se io lo vorrò, tu non avrai la ben minima possibilità di uscire viva da questo castello. Quindi getta quell’arma, e se riuscirai a farmi divertire, allora vivrai!»
Virgin gettò la Daga e in attesa si mise le mani sui fianchi.
A un cenno di Beatrice, Ernst raccolse l’arma e insieme a Franz tolse il disturbo.
Dopo essersi avvicinata, prese per mano Virgin e mentre si diressero verso il letto a baldacchino, pensando al nipote di Nosferatu, Beatrice sorrise. “Forse oggi il giovane Vladimiro dovrà accontentarsi di bere il sanguinaccio!”
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Caro Sergio, hai beccato pure il mio racconto peggiore, e ti dico che appena avrò un po’ di tempo da dedicargli, apporterò le modifiche che mi hai consigliato perché le trovo calzanti. Ti ringrazio anche gli apprezzamenti, hai notato qualcosa in più degli altri e hai un occhio simile al mio: la capoeira, come arte di combattimento, è stata la scelta migliore perché non “ingrossa” il fisico e il personaggio non poteva essere una donna muscolosa. Hai presente l’album dei Cradle of Filth “Cruelty in the beast”? Quella cover mi ha fatto venire l’ispirazione per la mia contessa.
Che dire, con tutta la mia malizia, proprio non immaginavo la sorpresa finale! Eppure qualche indizio l’avevi lanciato, parlando di interventi, ma non ci avevo proprio pensato: ero rimasto calamitato dalle descrizioni, e concentrato sulla figura della moderna Bathory. Anche l’idea della capoeira, poi, perfetta.
Davvero un ottimo racconto. Ben scritto, originale, col colpo di scena che spiazza il lettore alla fine!
Ho scritto il mio commento prima di leggere gli altri per non farmi influenzare, ora li ho letti ed ecco l’aggiunta: vero che i personaggi potrebbero avere più spessore, ma credo che il discorso valga soprattutto per la protagonista. Per Ernst e Franz ad esempio, la “fregatura” è che li chiami per nome e che li introduci in un dialogo di Beatrice. Questo crea aspettativa su di loro, fa pensare abbiano un ruolo di rilievo, ma poi non vengono approfonditi. Un escamotage avrebbe potuto essere il lasciarli anonimi, due guardie del corpo non meglio identificate. Insomma, “declassarli” da personaggi secondari a comparse, eliminando la necessità di caratterizzazione. Però è un parere mio, lascia il tempo che trova 🙂
È la “mia” soluzione, non quella giusta né la migliore:)
“Ma ancora prima che il tanga toccasse il marmo, la padrona di casa spalancò la bocca per la sorpresa.”
Oh, caz……! ? ? ?
“Franz invece le aveva offerto pure dei Ferrero Rocher”
“non è proprio fame… È voglia di qualcosa di buono”
Questa trovata del ferrero rocher mi ha fatto sorridere, ma la trovo davvero un colpo di genio.
“«Forse, ho trovato un soggetto che potrà interessarti!» disse il suo amico rimanendo seduto e mantenendo gli occhi puntati sullo schermo del PC,”
Trovo azzeccata l’idea che questa Erzsebet Bathory dei giorni nostri individui le sue vittime non tra le contadinelle ungheresi, ma tramite il web
“zero negativo”
Buono a sapersi…
Buongiorno Ivan, il finale mi ha stupito, l’ho trovato divertente. Concordo con i commenti che i personaggi sono poco caratterizzati, ma le poche frasi sono uno stimolo oltre che un limite, per esempio: oggi quasi tutti conoscono la capoeira e le sue origini, io avrei evitato di spiegarlo così guadagnavi due righe buone 🙂
E anche a te, non posso che dare ragione. Ho dato più importanza alla lotta anziché ai personaggi… Mi rifarò!
Ciao Ivan, io posso dirti che mi sarebbe piaciuto saperne di più circa le vicende di Elisabetta Bathory, ho apprezzato la primissima parte. Per il resto concordo con Raffaele e Micol, la caratterizzazione dei personaggi e delle ambientazioni secondo me è importante perché permettono al lettore di visualizzare nella propria mente e immedesimarsi nella situazione. Le 1500 parole ti spingono ad essere concreto, sintetico, quindi dovrai sacrificare le parti superflue per concentrarti solo sui fattori più importanti e dare alle tue storie conclusioni meglio costruite. Inoltre, se 1500 parole ti stanno strette, puoi scrivere delle serie, anche di due o tre episodi, che ti consentiranno di dire qualcosa in più, ma credo che con la pratica padroneggerai il tutto?! Un saluto, alla prossima!
Ciao Antonino, mi sembra di aver intuito che, come qualche altro all’interno del gruppo, anche tu ascolti musica metal, quindi non mi sorprende che la storia della contessa Bathory ti ha provocato un certo interesse… Quando mi sentirò pronto per iniziare a scrivere una serie lo farò, ma per adesso rischierei di farvi annoiare. Ci vediamo al prossimo LibriCK, spero.
Ciao Ivan. Il limite dei caratteri gioca effettivamente a sfavore dei racconti pubblicati su Edizioni Open, ma è uno stimolo interessante. Io l’ho affrontato come un esercizio, mi ha insegnato a “guardare” al necessario per la storia tagliando tutto il resto. Mi ci è voluto un bel po’ prima di ingranare, ma alla fine sono contenta di esserci riuscita almeno in parte. Amo le serie proprio perché mi sento stretta nei caratteri di un solo LibriCk. Quanto al consiglio che ti ha dato Raffaele sono d’accordo, i lettori amano immedesimarsi con un personaggio che hanno imparato a conoscere bene, pregi e difetti, ed è entrato nel loro immaginario.
Ciao Micol, grazie per aver letto il LibriCK. Sono d’accordo che il limite di 1500 è interessante, proprio perché fa parte dell’allenamento di questa palestra. Sarà un allenamento duro per me, perché prima di cominciare a spingere pesi, ovvero iniziare a scrivere una serie, dovrò mettermi a dieta e perdere peso, in modo da riuscire a capire quali grassi devo eliminare in una storia e quali proteine aggiungere. Ihihihih
A mio parere il racconto è un poco confusionario, soprattutto quando stacchi da un personaggio per introdurne uno nuovo: aiuterebbe il lettore evidenziare gli stacchi con uno spazio in più o un segno tra un paragrafo e l’altro.
Però il punto debole di questo racconto è la credibilità che richiedi a chi legge: i personaggi devono essere i più reali possibile, soprattutto nei loro punti deboli. Questo avvicina il lettore alla storia, in certi casi addirittura lo aiuta ad identificarsi con un personaggio… insomma crea un legame.
Se rivedi il testo in termini, la stori ne guadagnerà in fluidità e credibilità.
Alla prossima lettura.
Ciao Raffaele, normalmente adopero il tasto TAB per passare da un personaggio all’altro e salto un rigo nei cambi di periodi, ma qui non si può, comunque ho notato che altri usano degli *** quindi lo farò perché hai ragione. Per quanto riguarda le descrizioni dei personaggi non sono riuscito a fare di meglio in 1500 caratteri, altrimenti avrei dovuto tagliare altro a parer mio più importante. Spero che ti soddisferò con altre storie.
È stato un vero piacere, e devi dire a Vladimiro di rifarsi vivo al più presto!
Ciao Ivan, mi hai strappato anche tu un sorriso. Ho sentito Vladimiro, ti ringrazia per l’omaggio che gli hai fatto!