Una bambina sotto la luna

Serie: Di ombre e luce


Anahí si svegliò di soprassalto con il cuore che batteva all’impazzata.

Era notte fonda e la luna piena filtrava attraverso le fessure della capanna, proiettando ombre danzanti sui muri di legno. Sentì sua madre agitarsi nella stuoia accanto alla sua, e il rumore di una ciotola che cadeva la fece sobbalzare.

«Anahí» sussurrò la donna con voce affannata. «Accompagnami dalla abuela. Penso che il bambino stia per arrivare.»

Un brivido, un miscuglio di eccitazione e paura, le attraversò la schiena. Lei sapeva cosa fare e aveva già aiutato la nonna molte volte. Era abituata a quel momento, alle urla, al respiro affannoso delle donne in travaglio. Ma adesso tutto era diverso e assumeva un altro peso perché si trattava di sua madre. Balzò in piedi, abbandonando il sonno in un attimo.

Con un’occhiata veloce controllò l’angolo della capanna dove dormivano le sue sorelline. Vide i piccoli corpi raccolti sotto coperte leggere e le mani aperte, ne ascoltò il respiro regolare. Sperava che il loro sonno fosse profondo e che non si svegliassero nel cuore della notte trovando la capanna vuota.

«Vieni, ti aiuto io a camminare» disse a sua madre, cercando di mascherare la propria ansia.

«Stammi vicina e sorreggimi» le rispose la donna, mentre si alzava dalla stuoia. «Devi aiutarmi, figlia. Hai imparato tanto dalla abuela

Anahí si fece coraggio e insieme si incamminarono nella notte silenziosa. La foresta attorno a loro sembrava trattenere il respiro, come se anche gli alberi attendessero il lieto evento.

Nel breve tragitto, il pensiero corse al padre, lontano da casa da diversi giorni. Come molti uomini del villaggio, anche lui era partito per la pesca sul Río Paraná, navigando lungo le acque larghe e fangose del fiume, in cerca di fortuna. Nel loro piccolo insediamento, i periodi di assenza dei padri erano consueti: le donne restavano a custodire la vita del villaggio, mentre gli uomini si addentravano nel fiume, a volte per giorni, talvolta per settimane.

Anahí si chiese se, immerso tra le correnti e i riflessi della luna sull’acqua, il padre avesse percepito quel fremito che precede una nascita, quel sussurro misterioso che attraversa la foresta e arriva al cuore di chi sa ascoltare.

Giunte alla capanna della nonna, furono guidate verso l’ingresso dalla luce fioca di una candela che trapelava dall’interno. Quando chiamarono, l’anziana scostò la tenda. Il suo volto era teso ma pronto.

«Venite, entrate!» disse. «È un momento sacro. Coraggio.»

La capanna era calda, intrisa degli aromi emanati dalle erbe appese alle travi e dai fiori secchi. La madre di Anahí si distese su un giaciglio di foglie di palma, il suo volto era pallido, ma determinato. La ragazza le si inginocchiò accanto, stringendole la mano.

«Ricorda, cara» disse la donna, respirando a fatica. «Dobbiamo rimanere forti. Il bambino ha bisogno di noi.»

«Non preoccuparti, mamá» rispose Anahí, cercando dentro di sé il coraggio che ancora non sentiva, ma sapeva necessario. «Siamo qui insieme.»

La nonna si avvicinò con passo sicuro. «Anahí, portami le erbe e l’acqua calda.»

Lei si alzò e si precipitò a preparare tutto. Il cuore le batteva forte, ma cercava di non sbagliare nulla. Ogni gesto che aveva visto compiere dalla nonna le sembrava parte di una danza antica, una cerimonia che univa passato e futuro.

La madre cominciò a gemere, il suo corpo scosso da ondate di dolore.

«Anahí, stai qui con me» chiese, e lei tornò subito al suo fianco.

«Fai dei respiri profondi, mamá» la esortò con dolcezza. «È solo un momento difficile. Siamo qui.»

Mentre il travaglio proseguiva, Anahí osservava la nonna con occhi colmi di ammirazione. L’anziana si muoveva con calma e fermezza, guidando sua figlia attraverso il dolore.

«Respira, hija» diceva, mentre le accarezzava il viso. «Ogni respiro ti avvicina al tuo bambino.»

La tensione nell’aria era palpabile. Anahí si sentiva come immersa in un sogno denso e luminoso, in cui il tempo sembrava sospeso.

Poi la nonna disse: «Ci siamo, Anahí. Preparati.»

Con le mani tremanti, lei si avvicinò. Si sentiva pronta. Sua madre gridò più forte, e Anahí sentì il cuore scoppiarle in gola.

«Ecco che arriva» annunciò la nonna con la voce carica di gioia. «Spingi forte, adesso!»

Il momento era giunto. Anahí, con gli occhi pieni di meraviglia e un velo di lacrime, si chinò. In un attimo che sembrò eterno, la testa del neonato fece capolino, e lei fu travolta da un’ondata di emozione.

«Prendilo, Anahí!» ordinò la nonna.

Con mani tremanti, Anahí afferrò il piccolo corpo, caldo e avvolto nei suoi umori. Un vagito acuto ruppe il silenzio, come un canto nuovo e lei si sentì sopraffatta dall’amore.

«È una bambina. Ed è bellissima!» esclamò, incredula.

«È tua sorella» mormorò la madre, stanca ma sorridente. «Tu l’hai aiutata a venire al mondo.»

Anahí finalmente pianse e, rivolgendosi alla nonna, sussurrò «Grazie per avermi insegnato.» Sapeva che avrebbe portato dentro di sé per tutta la vita quel ricordo.

La nonna, con un sorriso di approvazione, le accarezzò la testa.

«Hai un grande dono, mia cara. Ogni volta che aiuti a portare una nuova vita, contribuisci al futuro del nostro popolo.»

Anahí guardò sua madre stringere la neonata e la nonna vegliare su entrambe. Tre generazioni nelle sue mani, unite da un legame di sangue e intrecciate come rami dello stesso albero, e si sentì parte di qualcosa di grande.

Quella notte comprese che non avrebbe mai rinunciato ai propri sogni perché la sua forza non stava nello scegliere tra restare o partire, ma nel tenere insieme le due cose: custodire le radici, mentre imparava a camminare verso il mondo.

Serie: Di ombre e luce


Avete messo Mi Piace11 apprezzamentiPubblicato in Narrativa

Discussioni

  1. Di bene in meglio! Capitolo davvero emozionante e coinvolgente: come lettrice sono rimasta con il fiato sospeso. Si evidenzia anche l’ intimità dell’evento genealogico, dal momento que le altre donne, oltre al fatto di essere notte, non hanno fatto parte del lieto evento.

    1. Ciao Carla e grazie per il tuo commento attento. Diversamente dal prologo in cui il parto si svolgeva sulle rive del fiume e con testimoni le donne del villaggio, nello specifico caso della madre di Anahì, ho voluto che avvenisse nell’intimità domestica e così ho usato l’espediente, o ‘scusa’, della notte, quando tutti dormono. È la prima volta che lei agisce da protagonista nello svolgimento del compito che le è stato tramandato e quel momento doveva essere tutto suo.

  2. Questo è uno dei finali di capitolo più forti che abbia letto su EO fino ad ora: un vero e proprio inno alla libertà e alla realizzazione dei propri sogni senza snaturare le proprie origini. Anahì è ancora una bambina, ma con una forza d’animo e una consapevolezza che non appartengono alla sua età.
    Non ho mai tenuto nascosto il fatto di non voler diventare genitore, eppure quando ho letto questo episodio ho provato un brivido e, senza accorgermene, mi sono commossa. Per un momento, un solo breve momento, mi sono percepita in maniera differente.

    1. Grazie Mary perché le tue sono bellissime parole. Sono convinta che il desiderio di essere genitore sia innato in ciascun essere umano, proprio per la sua natura. È chiaro che fisiologicamente siamo tutti differenti, così come lo sono le nostre scelte, le aspettative, i desideri, o anche gli inciampi nella vita. Tuttavia, l’arrivo di un bimbo all’interno di un nucleo famigliare ristretto o allargato o di un gruppo di amici è sempre una gioia condivisa da tutti e che di frequente ci capita. Poi, quello che succede quando teniamo fra le braccia un bebè…ciascuno sa il suo 🙂

  3. Bellissima questa cronaca di una nascita. Una visione tutta al femminile che però non è “femminista”, l’uomo non è escluso è semplicemente occupato in altre attività, vitali anche quelle. Credo che l’assistenza nel parto sia sempre stata appannaggio femminile, in qualunque luogo e qualsiasi cultura e solo in tempi relativamente recenti, con le nascite sempre più frequenti negli ospedali, si è vista la partecipazione dell’uomo, sia come medico che come cooprotagonista. Il momento in cui la sorellina di Anahì mostra la testa mi ha fatto rivivere lo stupore provato alla nascita della mia prima figlia, la gioia, le lacrime e la certezza di avere assistito all’unico vero miracolo: l’inizio di una nuova vita. La delicatezza della tua narrazione mi ha commosso. Grazie Cristiana!

    1. Grazie a te Giuseppe e grazie soprattutto per avermi regalato la tua commozione. Dici bene, non c’è mai nulla di femminista in quello che scrivo o in come lo faccio (termine tra l’altro che mi piace poco). C’è però molto di femminile, inteso anche e soprattutto come una predisposizione d’animo che appartiene a tutti, indistintamente dal genere. Rivivere il momento della nascita è sempre qualcosa di speciale che ci lega fortemente alla vita. Un abbraccio forte.

  4. Ciao Cristiana! Questo episodio, scritto come sempre in maniera impeccabile, ha in sé la potenza di una vita che nasce. Quattro donne, come quattro stagioni dell’esistenza, sono riunite in questo quadro vivente in cui si celebra la famiglia come nucleo sociale imprescindibile. La tua scrittura è bella perché è pulita, in ogni senso possibile👏🏻

    1. Grazie Nicholas perché il tuo commento è davvero bello e potente 🙂
      Quattro donne e tre generazioni, esattamente come dici tu. Non so se lo hai notato, ma ho immaginato le loro vite come due strade (per ora parallele), colorate con due colori diversi, magari complementari come il blu e l’arancione. Per ora, nella vita di lei sono presenti quasi esclusivamente le donne, salvo un ricordo sempre vivo nei confronti del padre. Pietro, invece, per un tratto sarà accompagnato da figure maschili, pur conservando il suo legame forte con la madre. Al momento del loro incontro, ciascuno porterà con sé il proprio bagaglio. Il bello sarà far si che due storie così diverse possano diventare una sola.

  5. Che dire, ho “trangugiato” questo episodio tutto d’un fiato. La narrazione è perfetta, al punto che mi sono sentito lì con Anahì, anzi, mi sono sentito Anahì, e mi son ritrovato con gli occhi lucidi nel momento in cui ha accolto nel mondo la sorellina.

  6. Per tutto il tempo ho avuto in mente la scena dei libri dell’episodio precedente (eh si, mi è rimasta stampata addosso!)
    A un certo punto, però, l’ho quasi perduta. Anahí prende parte al rito più antico e profondo della storia dell’uomo. Ne coglie la forza, percepisce il proprio posto nella Storia. Quale esperienza è più forte del poter generare la vita?
    Nessuna, verrebbe da dire. E mi tornavano i libri sotto il braccio, i sogni di una giovane donna: come potrà scegliere, mi dicevo, cosa farà?
    E poi, il finale. Non potevi farci regalo migliore ❤️

    1. Grazie Irene perché quello che volevo era esattamente che il lettore si sentisse, in un certo senso, quasi per un attimo ‘tradito’. Volevo dare l’impressione di un piccolo ripensamento da parte della ragazzina. Diventa davvero difficile fare le proprie scelte controcorrente quando l’ambiente esterno ti condiziona così fortemente. Soprattutto se sei donna e se nasci in un tempo e in una geografia così lontani. Allora, ho deciso di aspettare fino alla fine di queste righe per rivelare, in una sorta di rassicurazione, la sua scelta che oramai pare proprio essere definitiva 🙂
      Grazie ancora Irene e un abbraccio.

  7. Ciao Cristiana, con semplicità hai reso l’emozione di Anahí per questa nascita e, come è accaduto in altri episodi, ho avuto l’impressione di essere presente e di sentire intensamente le emozioni della protagonista.
    Meraviglioso il finale, bravissima!

  8. Mi piace l’atmosfera, intima e famigliare, che hai creato tra queste tre figure (avrei scritto “donne”, ma Anahí è ancora una bambina!). A mio parere, è l’aspetto più forte di questo episodio. È scritto molto bene, una lettura fluida che non inciampa in parole di troppo né in passaggi troppo lunghi. Adoro il finale! Bravissima!👏👏

    1. Grazie Tiziana. Sto cercando di ‘pulire’ il più possibile la narrazione e spogliarla del superfluo. Preferisco che sia il lettore a immaginare per sé. Il finale mi serve da ponte. Una sorta di trampolino di lancio! 🙂

  9. Un bel racconto, molto positivo. Si respira l’armonia e la forza che unisce le tre donne. I dolori del travaglio vengono rapidamente superati dall’ intensa gioia per la creatura che viene alla luce ad alimentare la vita futura del villaggio.
    E un bellissimo finale. Come scrisse anche l’autore di “Senza radici non si vola”,
    “Quella notte comprese che non avrebbe mai rinunciato ai propri sogni perché la sua forza non stava nello scegliere tra restare o partire, ma nel tenere insieme le due cose: custodire le radici, mentre imparava a camminare verso il mondo”.

    1. Grazie Maria Luisa. Hai ragione quando dici che si tratta di un racconto ‘positivo’. Dopo la lunga e complicata parentesi dedicata alle vicende di Pietro cui tornerò nel prossimo episodio (forse, vediamo), mi sembrava bello inserire uno stralcio di vita vissuta, un momento di gioia. Tengo molto anche al fatto che si senta forte il contrasto fra l’armonia che si respira in questo villaggio e il caos costruttivo che caratterizza le città di inizio secolo. Un abbraccio