Un’altra notte sulla città

Serie: Un giorno, il succedersi degli eventi, ritenuto preordinato, necessario e indipendente dalle finalità umane


NELLA PUNTATA PRECEDENTE: Dopo il secondo appuntamento andato male, una rocambolesca pacificazione ha luogo tra un’Isotta piuttosto irritata e un Tobia annientato dalle avversità

Le note del piano forte di Joe Cocker proponevano melodiose “You are so beautiful” e Tobia tardava a prender sonno. Le sue membra erano stanche come quelle di un camallo della Compagnia dei Caravana senza sindacato, ma la mente guizzava gagliarda: gli mostrava il sorriso di Isotta, con tutti quei denti che non si spiegava come facessero a starci in una sola bocca…

La tensione piano piano si placò e quella stessa immaginazione, lo portò fuori dalla finestra, al quinto piano, a trovare un’aria divenuta tiepida. E su in volo verso i tetti, sulla città addormentata; com’è bella, pensò.

Compirono in volo, la sua fantasia con lui al seguito, un itinerario nuovo, sfiorando antenne e camini, liberi finalmente dalle rotte tracciate dagli uomini, con le loro strade di asfalto che però viste da lassù non erano poi così male. Dando sfogo a una sensazione di leggerezza infinta, trovò che librarsi era il modo giusto per riconciliarsi con tutta l’umanità, come se, sollevandosi dalla crosta terrestre, tutte le bassezze di cui l’uomo è capace potessero scomparire in un gioco di parole. Così pure, sfiorò la dolce idea che tutto fosse possibile, ché niente era preordinato. Che le persone potessero essere davvero migliori di quello che davano a vedere e nel mondo non esistesse soltanto una sconfinata avidità, ma insieme potessero convivere anche l’equilibrio e la bellezza, perfino la giustizia.

La mattina dopo Tobia non sentì la sveglia, intirizzito, era rannicchiato fuori dalle coperte e pronunciava poche sillabe, strascichi del sogno: «Quissù ’n cima…» ripeteva, nella vaghezza di una litania tribale, assorto nel rituale di chi ha appena imparato a volare.

Lasciato Tobia alle manovre di atterraggio, che dovevano riportarlo coi piedi per terra, un po’ in tutti i sensi, a Isotta com’era andata la notte?

Non so se ho voglia di raccontarvelo. Come dite: ma che razza di voce narrante sono?!

Ma no, cosa avete capito? È che un poco di mistero rende più appetitosa la vicenda… ma, in effetti, buttato lì così, come fosse prezzemolo, forse ha poco senso e in questo caso è giusto che condivida un po’ della mia onniscienza e vi accompagni nella mente di questa giovane donna.

Be’, potrà sembrarvi una banalità, ma anche per Isotta la nottata fu assai lunga e densa di pensieri: belli, e anche meno belli.

Nella consapevolezza che sulla chiusura della sera precedente aveva steso il suo velo e non fatemi dire pietoso, che davvero… Ma sì, in fondo per lei c’era qualcosa che voleva ammantare, non tanto per colpa di Tobia, ma piuttosto per ciò che lei stessa provava. Si chiedeva come avesse potuto farsi catturare da un sogno. Come fosse possibile che qualcosa impalpabile come un sentimento potesse condizionare la vita di una persona.

E me lo sono sempre chiesto anche io, perché, diciamocelo chiaramente: è davvero assurda questa cosa che rende le persone all’improvviso così fragili; e può capitare a tutti, persino a chi dispone del potere, a chi è nella condizione di fare tutti i suoi porci comodi con la vita di altre persone! Se solo sapeste quante volte, nella storia degli esseri umani, è accaduto che un re o una regina prendessero una sbandata per il capriccio di un innamoramento, modificando il corso degli eventi, verrebbe quasi da credere che proprio questa sia la normalità. Ma, beninteso, non chiederò a nessun filosofo di intervenire qui per parlarci del concetto di normalità.

Nel suo piccolo, l’Isotta vide lucidamente come irrazionale l’aver messo nel congelatore quell’altro. Un buon partito, una persona stimata dalla sua famiglia, con un radioso futuro innanzi a sé e persino una vaga vena artistica, nell’ostinarsi a voler suonare uno strumento in una di quelle band da adolescenti cresciuti solo in parte.

Tuttavia, seguendo il filo dei sentimenti, era venuta a trovarsi in una situazione surreale e si era innamorata di Tobia, nonostante fosse uno spiantato. Ma, benché conoscesse ben poco quell’uomo col nome da cane, magari proprio per via del nome, lo credeva onesto: pensava che in fondo potesse fidarsi di lui e delle scuse pazzesche che gli raccontava ogni volta che mancava un appuntamento. Era però anche chiaro, nella mente di Isotta, che questo altalenare del suo cuore, dovuto al fatto che il suo sentimento nei confronti di quest’uomo non riuscisse a concretizzarsi, per quanto un sentimento possa mai dirsi concreto, la stava turbando, forse oltre il limite che avrebbe creduto possibile. Questa cosa la inquietava e le faceva un po’ paura. Così, decise che quando avrebbe sentito ancora Tobia sarebbe stata più razionale, più dura forse, ma avrebbe raggiunto una decisione, ci voleva un ultimatum: la prossima, sarebbe stata l’ultima possibilità. In un modo o nell’altro, quest’altalena si doveva fermare.

Ora, non so voi, ma io non so se trovarmi d’accordo con ‘sta cosa dell’ultimatum. Si può fare un negoziato sui sentimenti? Dov’era finita la determinazione di Isotta? Che decidesse lei perdio! E non ditemi che è ragionevole tirare i dadi per prendere una decisione.

La telefonata successiva fu molto più breve del solito. Isotta mise sul tavolo il suo carico di briscola.

«Tobia, questo è l’ultimo tentativo che faremo di incontrarci» disse lapidaria.

«Per Malphas! Ma… In fondo, sono stato sfortunato, non capita mica sempre una sfiga così…»

Udendo la sua reazione, lei s’irretì e stava per minacciarlo di tirare fuori l’altro dal congelatore… poi tornò in sé.

«Devi capirmi, Tobia, per favore» lo condì quasi melensa.

«Hai ragione Isotta, davvero. Hai mille volte ragione. Devo convenire che questa cosa è surreale. Spara: luogo, giorno e ora» rispose lui abiurando, pentito.

Questa volta, Isotta fu clemente nella scelta del luogo e lo comunicò quasi con timore, addirittura era tentata di chiedere a lui di sceglierne uno a suo piacimento, ma non lo fece.

Il posto in questione era il sagrato del Duomo, un luogo simbolico a Milano; dove intere colonie di piccioncini si davano appuntamento per godersi un passeggio, un gelato… un bacio. Ci vediamo in Piazza, il puntello per antonomasia.

Andata!

Continua...

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Discussioni

  1. “E me lo sono sempre chiesto anche io, perché, diciamocelo chiaramente: è davvero assurda questa cosa che rende le persone all’improvviso così fragili; e può capitare a tutti, persino a chi dispone del potere, a chi è nella condizione di fare tutti i suoi porci comodi con la vita di altre persone! Se solo sapeste quante volte, nella storia degli esseri umani, è accaduto che un re o una regina prendessero una sbandata per il capriccio di un innamoramento, modificando il corso degli eventi, verrebbe quasi da credere che proprio questa sia la normalità. Ma, beninteso, non chiederò a nessun filosofo di intervenire qui per parlarci del concetto di normalità.” Questo passaggio è fantastico. È una verità semplice ma profonda. Mi unisco al coro dei compimenti!!

    1. Ciao Luisa, grazie per il tuo tempo e i tuoi commenti. In particolare, dove parli di “granuli omeopatici” delle qualità che convivono nelle persone, mi trovo pienamente d’accordo e penso che siano proprio quelli a distinguere, tra gli individui, le belle persone. A presto

  2. “Che le persone potessero essere davvero migliori di quello che davano a vedere e nel mondo non esistesse soltanto una sconfinata avidità, ma insieme potessero convivere anche l’equilibrio e la bellezza, perfino la giustizia.”
    Sarebbe bello, ma forse in granuli omeopatici, i tre elementi coesistono in tanta gente.

  3. “Le sue membra erano stanche come quelle di un camallo della Compagnia dei Caravana senza sindacato, ma la mente guizzava gagliarda: gli mostrava il sorriso di Isotta, con tutti quei denti che non si spiegava come facessero a starci in una sola bocca…”
    Forte questa metafora.
    👏 👏 👏

  4. Presa dalla saga di Tobia e Isotta mi ero completamente scordata di quell’altro nel congelatore! E invece lei se n’è ricordata e seppur per poco ho dubitato desse la terza possibilità a Tobia, per tornare da quell’altro, che mi par di aver capito più affidabile e con la testa sulle spalle. Ma noi donne siamo così, diciamo sempre che lo vogliamo seri e ben sistemati, poi però rincorriamo gli spiantati…🤭

    1. Ciao Irene, il tuo commento racchiude quello che è un po’ il succo della questione. Credo che le passioni siano dominate da un appagamento irrazionale, generando in noi stessi dei conflitti che sovente non sappiamo, o non vogliamo, governare. Grazie per il tuo tempo, a presto

  5. Oh, Paolo, non sai quanto ho amato questo capitolo. Ci sono considerazioni che aprono a pensieri senza fine. In questo momento piove come il giorno in cui Tobia e Isotta non si sono incontrati per un pelo, e spero ne venga giù ancora un po’, perché con l’atmosfera che hai creato ci sta alla perfezione.

    1. Sono lieto che ti sia piaciuto. Qui, nella pianura, l’acqua arriverà domani, dicono… ma in compenso per il prossimo appuntamento di Tobia non è sono previste perturbazioni (ma solo di tipo climatico). Ciao Roberto, a presto

  6. Quanti tormenti accompagnano il povero Tobia, mentre Isotta, la congelatrice dell’antagonista sconosciuto a Tobia, non è da meno, perennemente indecisa nella scelta tra i due. Vedrò con curiosità l’evolversi degli eventi.
    Per Malphas, i due protagonisti non si meritano una brutta fine, anche se con tutti questi demoni in libertà c’è poco da stare tranquilli. Sempre piacevole e istruttivo leggerti, oggi ho scoperto i camalli della Compagnia dei Caravana, “I scarigadori de porto” di Genova

    1. Hola Fabio, lieto di averti presentato i camalli… nella versione originale del racconto era uno schiavo della Serenissima, ma non so per che diavolo si sia così tramutato, giusto in tema di demoni… Grazie molte per il tuo tempo, ciao

  7. “L’amor che move il sole e l’altre stelle” ha fregato Isotta e Tobia. Che tenerezza questi due innamorati! Isotta che dice: «Tobia, questo è l’ultimo tentativo che faremo di incontrarci» è credibile come chi afferma che un asino sta volando.

    1. Ciao Concetta, la tua citazione dantesca mi fa sovvenire, però, che qui siamo piuttosto in un purgatorio, che dire all’inferno pare brutto. Eh sì, in effetti, “l’ultimo tentativo” suona un po’ come “l’ultima sigaretta” di un tabagista incallito… ma mica bisogna sempre dare credito a ciò che si sente dire. Grazie per il tuo tempo e a presto