
Uno che scrive
Serie: Il solo modo che conosco
- Episodio 1: Cambiamenti
- Episodio 2: Il rivolo sottile
- Episodio 3: Sfide
- Episodio 4: Quei paesi che finiscono per ATE
- Episodio 5: Punti di osservazione
- Episodio 6: Nessuna ragione per non farlo
- Episodio 7: Qualcosa in comune
- Episodio 8: Non oggi
- Episodio 9: Svolte
- Episodio 10: Per la prima volta
- Episodio 1: Coriandoli
- Episodio 2: Privilegi
- Episodio 3: Finestre
- Episodio 4: Il cerchio intorno alla preda
- Episodio 5: Impronte
- Episodio 6: Equilibrio
- Episodio 7: Abitudini
- Episodio 8: La bottiglia vuota
- Episodio 9: Fotografie
- Episodio 10: Non dirlo a nessuno
- Episodio 1: Uno che scrive
- Episodio 2: La finestra sul cortile
STAGIONE 1
STAGIONE 2
STAGIONE 3
Sono tornato sui miei passi puntando un tavolino in mezzo alla sala, con una tazza di caffรจ colma retta per la maniglia, compiaciuto di una spigliatezza che non sospettavo di possedere, io che mi faccio dei problemi anche a chiedere il dovuto quando mi danno il resto sbagliato.
Stando attento a non versarne per terra, ho provato un immediato sollievo al contatto della ceramica col legno del tavolo. Mi sono liberato dello zaino e mi sono seduto.
Assaggiato il primo sorso, ho iniziato a buttare giรน un poโ di appunti. Lโho fatto a mano, su un block notes tirato fuori dalla sacca, portato da casa al posto di quel computer che nel bagaglio non cโera stato per un pelo.
Detesto scrivere a mano, non mi ci sono mai trovato, complice un fastidio che ho da sempre sulla destra; lo chiamano โcrampo dello scrivanoโ. Giร la mano non รจ ferma di suo, ma quando impugno una penna e mi metto a scrivere, รจ come guardare un sismografo a pieno regime. Roba di testa, di sicuro.
Per un poโ, quando ero bambino, ho provato con diversi stratagemmi, tipo tenerla ferma aiutandomi con le dita della sinistra o assumendo posizioni improbabili. Da ragazzo, quando non avevo ancora un computer o dovevo fare il tema a scuola, ero sempre combattuto fra il piacere della scrittura e la frustrazione derivata dal gesto, anche se ha sempre vinto il primo. Infine, passata lโadolescenza, mi sono rotto il cazzo e ho deciso di diventare mancino. Non sarรฒ mai orologiaio, ma almeno con la sinistra va un poโ meglio.
Avendo adottato tardi questa soluzione, ancora adesso sono legato nei movimenti. Mi esaspera la mia lentezza nello scrivere, il tempo che ci impiego a trasporre i concetti, dover correre dietro a pensieri che viaggiano tre volte piรน veloci della penna che reggo.
Questo perรฒ mi dร la possibilitร di riflettere, di prestare attenzione a quello che mi gira in testa, di osservare le cose con inquadrature differenti.
Di pensieri ne ho fatti tanti quel lunedรฌ mattina, e altrettanti ne ho riversati disordinati su carta aspettando che spiovesse, nella caffetteria in cui qualche anno prima avevo iniziato a tirare giรน le idee per il mio primo romanzo, dove lโanno successivo mi ero nuovamente presentato per terminarlo.
Ho scritto, ho letto, mi sono fatto un giro per lโedificio guardando i volantini appesi alle bacheche annunciare concerti imminenti o eventi giร tenuti, sbirciando dentro le aule quando qualcuno usciva per andare in bagno.
Sono salito al piano di sopra, ho sonnecchiato qualche minuto sui divanetti fuori la biblioteca, come facevo quando ero studente e come ho visto che ancora fanno gli studenti di adesso. Poi ho raccolto le mie cose e me ne sono andato.
Mi domando spesso come li abbia impiegati gli anni che ho passato lรฌ dentro, cosa ne abbia fatto. A volte mi rimprovero di non averli messi a frutto come avrei potuto, a volte mi dico che ci sto scrivendo queste pagine, a volte penso che non ho nessun diritto di rovesciarli su chi mi legge, a volte tutte e tre le cose e ogni volta in ordine differente.
Quando sono uscito dallโedificio aveva smesso di piovere, con il cielo quasi sgombro. Le biciclette e le rastrelliere e gli steli dโerba erano imperlati di pioggia e brillavano sotto la luce del sole, ritrovato come succede con un amico.
Lรฌ fuori, fermo sul marciapiede mentre tutto il resto sembrava non potersi fermare, mi ha ripreso di nuovo quella sensazione familiare. Perchรฉ tanto lo sapevo benissimo dove sarei andato, anche se non lโavevo messo in programma. In quel posto mi ci portano sempre le gambe, pure se รจ fuori mano.
ร un sentore difficile da descrivere, devo indurlo per aiutarmi a farlo. Si manifesta come una flebile contrazione della carotide, che mi lascia respirare a pieni polmoni, ma allo stesso tempo รจ come se percepissi le avvisaglie di unโocclusione che non si verificherร . Pur non avendone niente a che fare, รจ qualcosa di molto simile ai primi, debolissimi accenni dei prodromi di un attacco di panico, che perรฒ non si manifesta nemmeno nella sua fase iniziale. Lo riconosce solo chi ne ha sofferto, e ne percepisce la diversitร .
Mi sono interrogato tante volte su questa sensazione, che sbagliando ho sempre associato alla nostalgia, ma ora ho capito che quella non cโentra niente. Ne ho avuto le prove qualche mese prima, in un viaggio a Reykjavรญk con un amico, col quale avevo studiato in Erasmus nel 1997. Bello, speciale, ricordi di ragazzi giovani, ma della sensazione di cui parlo nemmeno un accenno.
Quello che la scatena รจ il controllo, mia forza e debolezza assieme. Il senso di impotenza nel non essere in grado di fare breccia in ogni dimensione di cui รจ composto il tempo. Sperimentare il limite di doverlo vivere unicamente come una retta che va da A a B. Percepire che cโรจ qualcosa di piรน ma non riuscire ad entrarci.
Non per vivere in eterno, almeno non nel modo in cui siamo abituati a pensare. Ma per disattendere la sentenza che mi condanna a passare ogni momento della mia vita dovendo scegliere di dedicarmi ad una soltanto delle sfaccettature di cui รจ composto, senza riuscire ad addomesticare il tempo per vivere anche tutte le altre, perdendole irrimediabilmente, rimanendo eternamente incompiuto.
Probabilmente รจ per questo che mi piace scrivere, e mi piace farlo della mia vita. Non perchรฉ penso possa essere interessante per chi legge, ma perchรฉ mi persuade di riuscire a controllare quel tempo che mi scivola dalle mani e rivivere tutti gli eventi che per me sono stati importanti, vicini o lontani, osservandoli da tutte le angolazioni che mi sono perso la prima volta che sono accaduti.
Di qui la considerazione di non essere veramente uno scrittore, come mi piace considerarmi. Non creo niente, non porto nessuno in mondi che non esistono. Sono solo uno in costante autoanalisi, uno che scrive.
Tutto questo ho pensato mentre il sole asciugava lโasfalto e camminavo su per la strada alberata che porta al mio vecchio studentato.
Serie: Il solo modo che conosco
- Episodio 1: Uno che scrive
- Episodio 2: La finestra sul cortile
“perchรฉ mi persuade di riuscire a controllare quel tempo che mi scivola dalle mani e rivivere tutti gli eventi che per me sono stati importanti, vicini o lontani, osservandoli da tutte le angolazioni che mi sono perso la prima volta che sono accaduti”
Riflessione potente. Forse si scrive piรน per capire e trovare un significato alle cose, agli eventi, a noi stessi. Mi affascina perรฒ pensare che ogni forma di arte sia in realtร l’ostinata scelta delle persone di dare un nome alle cose. Allora ogni sforzo di scrivere, dipingere, creare non รจ mai inutile, perfino quando viene male.
Ma te viene bene.
Sรฌ, per me tanta parte della scrittura รจ capire le cose che mi sono passate davanti senza che me ne accorgessi, un po’ come quando ero a scuola e mi ci voleva quella spiegazione in piรน per afferrare il concetto. Grazie del tuo commento Guglielmo, รจ sempre un piacere sapere che mi leggi.
Non so da dove cominciare per scrivere questo commento; se potessi selezionare tutto il testo, suddividendolo in tanti piccoli stralci, lo farei e anche se lo facessi faticherei a trovare le parole giuste.
Tu sei uno scrittore e lo sei a tutti gli effetti. Non ho percepito finta umiltร , ma sinceritร nell’esporti e nell’esporre pensieri e sensazioni tanto intimi.
ร curioso come ogni scrittore elabora i propri vissuti attraverso la scrittura: c’รจ chi inventa mondi fantastici e c’รจ chi lo fa viaggiando su una moto con carta e penna.
E, aggiungo, per fortuna hai deciso di rovesciarli su di noi, regalandoci questa bellissima serie!
Grazie Mary, mi sono letto il tuo commento in una pausa lavoro e mi ha emozionato. Sottolineo, grazie.
“Probabilmente รจ per questo che mi piace scrivere, e mi piace farlo della mia vita. Non perchรฉ penso possa essere interessante per chi legge, ma perchรฉ mi persuade di riuscire a controllare quel tempo che mi scivola dalle mani e rivivere tutti gli eventi che per me sono stati importanti, vicini o lontani, osservandoli da tutte le angolazioni che mi sono perso la prima volta che sono accaduti.”
Questo passaggio mi รจ piaciuto tantissimo e mi ha fatto riflettere su quanto siano varie le motivazioni che ci spingono a scrivere. Tu rappresenti l’essenza piรน pura della scrittura autobiografica, mentre io mi sento piรน un creatore di mondi.
In effetti, in ogni tuo episodio, il luogo che visiti non รจ solo uno sfondo, ma un vero compagno della tua analisi interiore, un elemento attivo che dร forma e significato alle tue riflessioni. ร sempre un piacere leggere i tuoi brani.
Che bel complimento. Grazie Tiziana, grazie per essere ancora lรฌ a leggere
Meravigliose le riflessioni finali. E credo sia proprio vero, l’atto dello scrivere (e del leggere) in qualche modo abbatte la dimensione lineare del tempo, ci permette di vivere piรน vite, avere piรน scelte. Forse aveva ragione il tizio che ha detto che la vita non va allungata, ma allargata.
Bella riflessione anche la tua. La scrittura e la lettura assieme rimodellano i piani temporali. Grazie per la lettura, nonostante questa storia si dilunghi e non sia ancora finita.
“Disattendere la sentenza che mi condanna a passare ogni momento della mia vita dovendo scegliere di dedicarmi ad una soltanto delle sfaccettature di cui รจ composto, senza riuscire ad addomesticare il tempo per vivere anche tutte le altre, perdendole irrimediabilmente, rimanendo eternamente incompiuto”: riflessione stupenda. Mi ha colpito anche perchรฉ certi simili pensieri, a volte, tormentano anche me. E poi cos’รจ quella storia che hai deciso di diventare mancino? ๐ฎ Ma come cavolo hai fatto? Incredibile. Comunque, pur non avendo il tuo stesso problema, non piace neanche a me scrivere a mano (ho una calligrafia orrenda!)
Per rispondere alla tua domanda su come abbia fatto, per me le rotture di cazzo sono un motore potentissimo๐. Grazie per l’apprezzamento Arianna.
Mi colpisce la naturalezza con cui questo pezzo mescola quotidiano e riflessione. Una scrittura limpida, sincera, che non cerca effetti speciali ma arriva dritta, con quella qualitร rara che fa sembrare semplice anche la complessitร .
Grazie per il tuo commento Lino, adesso me lo leggo ancora un po’.
Un bell’inizio di stagione, come la giornata settembrina di oggi (qui da noi), che diffonde nell’aria un sentire di fine estate, mite e piacevole. E mi piace in modo particolare il tuo modo di raccontarti, mettendo a nudo anche gli aspetti piรน fragili che, con intelligenza e passione, possono diventare una spinta in piรน e non un freno. L’autoironia รฉ una dote che puรฒ salvarci nell’ adattamento alla vita quotidiana, e contribuisce a rendere piรน stimolante la lettura di un racconto.
Un sentore e non un sentire.
Grazie per l’attenzione che metti sempre nelle cose che scrivo Maria Luisa, รจ come bere una tisana calda quando fuori รจ freddo.
Scusami se commento questo episodio isolatamente, ma mi sembra abbia il carattere di un inizio. Inoltre mi ha colpito tua considerazione riguardo il tuo essere o meno uno scrittore. Se intendi dire che per essere tale si deve andare oltre l’autobiografismo e l’introspezione, allora penso che tu possa dirti scrittore (lo affermo in base a quel poco delle tue cose che ho letto finora e che sai quanto abbia apprezzato). In ogni caso, credo sia una questione che ciascuno di noi puรฒ serenamente mettere da parte, aspettando che siano gli altri a valutarci.
Al di lร del suo contenuto, di cui ti ringrazio con sinceritร , la forma in cui รจ scritto il tuo commento vale un racconto. Respect.
“Di qui la considerazione di non essere veramente uno scrittore, come mi piace considerarmi. Non creo niente, non porto nessuno in mondi che non esistono. Sono solo uno in costante autoanalisi, uno che scrive.”
Ti confermo che tu sei uno scrittore. Un bravissimo scrittore che sa raccontare tanto bene di se stesso, degli altri e di come vede e percepisce ciรฒ che lo circonda. Avercene!
Grazie Giuseppe, dovrei tenerti nel taschino al posto della Fluoxetina.