29 maggio 2012

Serie: Come un corvo bianco


Dedicato a Felicia e Gennaro, ai fratelli Scala (Antonio, Matteo e Paolo), a Grazia e Pietro de Stefano, a Paolo Vanzelli, ad Anna, a mio zio Giulio e mia zia Patrizia, a mia cugina Giulia e ai miei genitori.

Esistono persone e luoghi che rimangono impressi nella memoria, che cerchiamo e ripercorriamo quando abbiamo bisogno di rifugiarci in quei ricordi felici di cui tratteniamo ogni frammento.

Per me questo luogo era un “porto di mare” composto da un cancellino di legno, un gazebo con un tavolo girevole e un cucinotto con forno in pietra: il “Camping Scala”.

Ad ogni occasione mi facevo accompagnare dai miei genitori per stare in compagnia: ci si ritrovava in quel giardino sotto il gazebo, mai in meno di dieci, per dimenticare il motivo per cui eravamo lì. Non una sola volta mi sono sentita esclusa, nonostante la differenza di età tra me e i residenti del Camping Scala. Anzi, sin dal primo istante ho percepito un calore familiare che andava oltre i legami di parentela.

Ricordo l’allegria di quelle persone che permeava un luogo in cui si dormiva nelle tende, in cui il bagno e la doccia erano composti da secchi e tendine. C’era sempre gente che urlava, rideva, scherzava e faceva battute; guai annoiarsi o prendersi una pausa dalla bolgia. Si parlava di qualsiasi cosa, non solo del terremoto, e sul tavolo c’era sempre qualcosa da mangiare.

C’era affiatamento, quella voglia di essere felici nonostante tutto.

Questo è il ricordo che ho di loro.

Felicia, una donna instancabile e con una tale bontà di cuore da aver fatto del giardino di casa la casa di tanti, e Gennaro, suo marito, che nonostante l’età era l’anima della festa e il suo buon umore faceva dimenticare il motivo per cui nell’orto c’erano le tende.

Genitori dei tre fratelli Scala: Matteo, Antonio e Paolo. Matteo, il più giovane, era il più frizzante; non ricordo una sola volta in cui si fosse seduto su una sedia per riposare, perché questo avrebbe significato prendersi una pausa dalla baracca. Antonio lo ricordo per le sue doti culinarie, in particolare per quella sera in cui aveva preparato e infornato una sfilza di pizze da perdere il conto senza mai fermarsi. Infine Paolo, da sempre impegnato nella protezione civile, faceva parte del “COC”, acronimo di “Centro Operativo Comunale”, ribattezzato da Pietro “Centro Operativo Cornuti”.

A proposito di Pietro (che tutti per chiamarlo urlavano “Pietro a mammà!”) e sua sorella Grazia, anime belle alle quali mi ero affezionata subito. Di lui, nei momenti di quiete, spiccava una sensibilità unica e aveva una parola di conforto per chiunque e in qualsiasi momento. Spesso ero al suo fianco. Lei aveva una grinta esplosiva, oserei dire che in alcune occasioni aveva rubato la scena a tutti gli altri. Un pomeriggio mi aveva pettinato e acconciato i capelli. Con lei c’era sempre Paolo (non Scala – hanno lo stesso nome), il fidanzato che non mancava mai di buttarsi nella bolgia.

Poi c’era Anna che per descrivere mi basta un aneddoto che mi era stato raccontato. Dopo la scossa del 29, quelle di assestamento, più lievi e meno spaventose, erano all’ordine del giorno. Una notte ce ne fu una più forte del solito, tanto da obbligare i residenti del Camping Scala ad uscire dalle tende. E fu proprio in quel momento che Anna pronunciò le parole più imprevedibili, decontestualizzate e poetiche che tutt’oggi nessuno ha dimenticato: “Facimm o’ cafè?”.

Qualche volta c’erano anche i miei genitori e spesso i miei zii, Patrizia e Giulio e mia cugina Giulia (la compagna di Paolo Scala) che venivano travolti dalla baraonda appena mettevano piede oltre il cancellino.

Sono trascorsi tredici anni e la vita è andata avanti per tutti. Ho perso i contatti con la maggior parte di loro: subentra la perdita di confidenza, il timore di disturbare, il dubbio di essere riconosciuta.

Se è vero che non ho esitato a raccontare di loro e desidero ricondividere questi momenti, una parte di me percepisce il tempo trascorso come uno strappo.

Ma farò comunque in modo di condividere questo scritto con i membri del Camping Scala, perché in cuor mio so che è la scelta giusta.

Serie: Come un corvo bianco


Avete messo Mi Piace7 apprezzamentiPubblicato in Narrativa

Discussioni

  1. “il dubbio di essere riconosciuta”
    Una carrellata di nomi dietro ai quali si rivelano persone, vere, genuine, ciascuna con la propria peculiarità, un indizio, una caratteristica che sarà difficile dimenticare. Ce li mostri come se stessi srotolando lentamente un tappeto che rivela senza fretta i suoi disegni. Un capitolo davvero bello che introduce in un mondo fatto di persone accomunate da un dramma, da una tragedia che le ha colpite, ma che, nonostante tutto, non perdono la testa. Sono certa che, nonostante sia passato tanto tempo, tornerebbero a riconoscerti e credo che sì, questa storia la leggerebbero davvero volentieri.

  2. All’altezza del primo, bellissimo anche questo episodio. Hai saputo dosare quel tono scanzonato che è amabile, ma lascia anche pensare a quanto sia bella la pace dopo la guerra, la serenità dopo la paura. Forse è un peccato che, talvolta, per ispirare certi sentimenti, gli individui debbano trovarsi in certe situazioni, o forse il mondo è fatto proprio così… tant’è; grazie ancora per la lettura.

  3. Mentre leggevo mi sembrava di vedere quello che ci racconti attraverso i tuoi occhi scuri. Ti immaginavo parte di quel mondo, eppure un pochino scostata,un passo in fianco, a “osservare per raccontarlo” come fanno gli scrittori.
    C’è chi il dolore lo spreca, chi lo subisce senza reagire, chi lo allontana.
    Tu lo hai accolto e trasformato in bellezza Lo hai reso qualcosa di cui vale la.pena. E questo è un dono contagioso, perché si propagaa anche a chi ti sta intorno, diventa un modello da seguire, un insegnamento prezioso. Bravissima ❤️❤️❤️

  4. Bello! Brava Mary. Anche in questo racconto hai fatto emergere vari aspetti positivi, descrivendo gli atteggiamenti di questa famiglia, nonostante i gravi motivi che li hanno costretti ad adattarsi a vivere accampati. Una narrazione molto piacevole che trasmette una sana e forte voglia di vivere che, leggendo, fa bene alla mente e, come ha già scritto Giuseppe Salemi, anche al cuore.

    1. Pensavo che riportare alla memoria questi momenti sarebbe stato, almeno in parte, doloroso perché lontani, invece ho rivissuto quella gioia e spensieratezza che senza il Camping Scala non avrei mai conosciuto.
      Grazie M. per la lettura. 😸

  5. Ciao Mary! Questo tuo racconto è una prova di quanto certi legami e certi momenti sappiano resistere al tempo. Non è solo una memoria personale. È soprattutto un pezzo di comunità che merita di essere ricordato.👏🏻🤗

    1. Ciao Nicolas! 😸
      Alla fine del racconto ho manifestato il timore che quei momenti fossero, in qualche modo, svaniti agli altri o addirittura che non si ricordassero di me. Quando mia cugina ha fatto avere il racconto ai membri del Camping Scala ho scoperto che non solo si ricordano di me, ma che quei momenti sono rimasti anche nei loro cuori.
      Hai ragione: non sono solo memorie personali, ma una condivisione. ❤️

  6. Ammiro sia come hai vissuto quel periodo che la trasposizione scritta che hai realizzato. L’ottimismo, la voglia di reagire, la solidarietà che traspaiono nel racconto fanno tanto bene al cuore. Grazie Mary 🌹

  7. …E tra loro c’era una certa Mary: loro forse non lo immaginavano, ma lei osservava tutto e tutti e, da brava scrittrice, custodiva nel suo cuore ogni dettaglio per raccontarlo poi, con arte, al momento giusto.

    1. Ma sai che mia cugina ha detto la stessa cosa?
      Le ho fatto avere il racconto in modo che potesse girarlo anche agli altri interessati e una delle prime cose che mi ha detto è stata che è rimasta stupita della lucidità con cui ricordo quei momenti, nonostante fossi “solo” una ragazzina e siano passati tanti anni.
      Grazie Arianna, per averlo notato anche tu. ❤️