Akseli

Serie: L'incubo di Aila


NELLA PUNTATA PRECEDENTE: Lei si voltò, uscì dalla cabina e chiuse la porta a chiave.

La sveglia suonò anche quel giorno, pur essendo domenica; Akseli sapeva benissimo che non si sarebbe svegliato spontaneamente prima di mezzogiorno. Scese dal letto, preparò il caffè e andò in bagno. Con gli occhi ancora socchiusi, controllò le ultime notizie sul cellulare: i soliti incidenti causati dalla prima neve e le consuete raccomandazioni a guidare con prudenza.

Mimi, la gatta persiana nera acquistata dall’ex moglie di Akseli e rimasta con lui dopo il divorzio, lo raggiunse in bagno; si sedette sul tappeto, di fronte a lui, e lo osservò attentamente.

«Miao»

«Che c’è, hai fame? Non potevi aspettare dieci secondi, vero?»

Lei continuò a fissarlo.

«Va bene, ho finito. Andiamo.»

Quando vide i croccantini riempire la sua ciotola, Mimi finalmente si tranquillizzò.

Dopo la colazione, Akseli indossò gli stessi abiti del giorno precedente e uscì di casa. Guidò per circa due chilometri, parcheggiò nell’area riservata ai visitatori e attraversò a piedi il cortile della casa di riposo.

Dopo aver varcato l’ingresso, fu accolto dal bellissimo sorriso di Kaisa, seduta alla reception.

«Buongiorno, come va?»

«Credo di non essermi ancora svegliato del tutto.»

«Vuole un caffè? L’ho appena fatto.»

«No, grazie. Vorrei evitare di prenderne troppi. Mia mamma è già sveglia?»

«Sì. In realtà non credo abbia dormito.»

Prima che Kaisa potesse continuare, l’infermiera Tiina li raggiunse e, ignorando completamente la collega, prese a parlare con Akseli, invitandolo a seguirla.

«Ah sapesse che trambusto, che nottata!»

«Cos’è successo? Mia madre sta bene?»

«Temo che sarà necessario sedarla, d’ora in avanti. È fuggita dalla sua stanza, in piena notte, ed è andata fuori in cortile. A piedi nudi, con questo freddo.»

«Il medico aveva detto che certe cose possono accadere, quando si ha l’Alzheimer.»

«Sì, ma è peggiorata in fretta. Ha perso completamente la ragione: crede di trovarsi su una nave e continua a chiedere di sua sorella Elina.»

Akseli si fermò e, guardando negli occhi l’infermiera, disse: «La Viking Sally. Lei era davvero su quella nave con mia zia, tanti anni fa».

«Vuole dire, proprio quando furono aggrediti quei due ragazzi?»

«Sì. Credo che il ricordo traumatico si sia impresso talmente a fondo nella sua mente, da non permettere nemmeno all’Alzheimer di cancellarlo.»

«Comunque, bisogna trovare una soluzione: quando l’ho riaccompagnata in camera ha urlato così forte da svegliare tutti. Non possiamo andare avanti così.»

Arrivarono davanti alla stanza e Tiina, con la sua mano scheletrica, aprì la porta.

«Tesoro, guarda chi è venuto a trovarti.»

Akseli non apprezzò il tono irriverente con cui si rivolgeva a sua madre, dopotutto non era una bambina, ma una donna anziana.

Entrò anche lui e la vide. Era minuscola e indifesa. Aveva perso quasi tutto il grasso del suo corpo e il pigiama che indossava sembrava enorme. Rannicchiata in un angolo del letto, cullava la sua mano destra con il braccio sinistro, portandosela al viso amorevolmente, come se si fosse trattato di un bambino appena nato. Baciava e accarezzava la sua mano. Probabilmente, Aila credeva davvero di avere un neonato tra le braccia, quindi faceva solo ciò che andava fatto.

L’infermiera, a quel punto, urlò: «Aila, c’è qui tuo figlio».

Lei alzò lo sguardo, come risvegliandosi da un sogno; il neonato che aveva tra le braccia, tornò improvvisamente a essere una mano.

Osservò l’infermiera e l’uomo accanto a lei, quindi sorrise e disse qualcosa che pensava fosse ovvio: «Mio figlio è un bambino».

Subito dopo aver pronunciato quelle parole, si rese conto che il suo bambino non era lì con lei e cambiò espressione.

«Devo tornare a casa, i miei figli mi stanno aspettando.»

Tiina fece una smorfia di scherno e uscì dalla stanza, lasciandoli soli.

Akseli si avvicinò al letto e si mise a sedere vicino a lei.

«Devo andare a casa», ripeté Aila.

«Sì, lo so.»

Lui fissò per qualche secondo il vuoto, rendendosi conto che forse stava per fare una pazzia. Ma quando alzò lo sguardo e incrociò quello della madre, capì che la vera pazzia sarebbe stata lasciarla lì.

«Sai cosa faremo? Ti aiuterò a vestirti, poi raccoglieremo tutte le tue cose e ti porterò a casa.»

Lo sguardo di Aila si illuminò di gratitudine: quell’uomo gentile l’avrebbe finalmente aiutata.

In pochi minuti svuotarono la stanza e riempirono il borsone, lo stesso borsone sportivo che Aila aveva portato con sé quando arrivò lì cinque mesi prima.

Akseli la vestì come una bambola: prima i pantaloni, poi il maglione, il cappotto, le scarpe, la sciarpa e il cappello di lana.

Uscì, quindi, dalla stanza tenendo a braccetto la madre, mentre nella mano destra reggeva il borsone.

Quando l’infermiera Tiina li vide da lontano, si precipitò verso di loro.

«Che state facendo? Dove la sta portando?»

«Ce ne andiamo, la porto a casa.»

«Ma lei non può farlo così, di punto in bianco. Deve darci il preavviso.»

«Glielo do adesso. Addio.»

«Non le permetterò di portarla via, non funziona così. Ci sono delle regole.»

«Allora, vada a fanculo lei e le sue regole!»

Aila, sentendo quel linguaggio scurrile, iniziò a sghignazzare. Quando i due arrivarono all’uscita, lei si voltò e mostrò il dito medio all’infermiera che la guardò incredula e furiosa. Tutti i presenti, compresa Kaisa, scoppiarono a ridere. 

Serie: L'incubo di Aila


Avete messo Mi Piace6 apprezzamentiPubblicato in Narrativa

Discussioni

  1. Mi è piaciuto davvero tanto il rapporto madre-figlio che va assolutamente oltre la malattia. Fra i due c’è comprensione, a modo loro, e soprattutto complicità e la scena finale è uno spasso. Quasi come a vederli.
    Dopo i primi episodi introduttivi e abitati da dubbi, nebbie e paure, questo sembra una pausa dovuta e meritata. Davvero bello.

  2. “si sedette sul tappeto, di fronte a lui, e lo osservò attentamente.«Miao»«Che c’è, hai fame? Non potevi aspettare dieci secondi, vero?»Lei continuò a fissarlo.«Va bene, ho finito. Andiamo.»”
    Dove l’ho già vista questa scena? 🤔🤭

  3. Dopo due episodi con un certo tono ecco la svolta. Devo dirti che ho riletto i tre episodi di fila, in modo da non perdere il contatto con la situazione precedente. A volte la pubblicazione a episodi ci fa perdere il filo. Questa parte del racconto è vera, cruda come può esserlo il confrontarsi con la malattia.

  4. Anche me me, Akseli ha fatto la cosa giusta, io vivo con il rimpianto di non averlo fatto a suo tempo. Un episodio coinvolgente perché condensa una serie di emozioni. Brava Arianna.

    1. Non è semplice avere in casa un malato di Alzheimer. Tanti anni fa avevamo in casa con noi mia nonna e sinceramente non rifarei la stessa esperienza, non senza un aiuto costante. Hanno bisogno di assistenza giorno e notte e di persone qualificate. È una malattia tremenda.

  5. “Entrò anche lui e la vide. Era minuscola e indifesa. Aveva perso quasi tutto il grasso del suo corpo e il pigiama che indossava sembrava enorme. Rannicchiata in un angolo del letto, cullava la sua mano destra con il braccio sinistro, portandosela al viso amorevolmente, come se si fosse trattato di un bambino appena nato. Baciava e accarezzava la sua mano. Probabilmente, Aila credeva davvero di avere un neonato tra le braccia, quindi faceva solo ciò che andava fatto.” Questa immagine mi ha commosso. 😔

  6. Akseli ha fatto la cosa giusta. Lontani dalla loro casa e dai loro familiari, i malati di Alzheimer, senza punti di riferimento stabili e almeno a tratti vagamente riconoscibili, non possono che precipitare nello sconforto e nella confusione piú totale. L’ assistenza a domicilio, peró, non é facile. A volte é impossibile. Akseli dovrà riuscire a organizzarsi. Speriamo che sappia cavarsela.

    1. È vero, l’assistenza a domicilio non è facile. Mia nonna, che aveva l’Alzheimer, ha vissuto per anni in casa con noi, quando stavo in Italia. È una malattia tremenda, forse la più brutta.

  7. Affascinante questo salto temporale, ma lo è veramente? Mi chiedevo: nei due capitoli precedenti Laila rivive un fatto doloroso quando è ormai avanti con gli anni ed è ricoverata in un ospizio, o si è addormentata il giorno del suo compleanno e sogna la sua vecchiaia? Bravissima, Arianna👏❤️

    1. Sì, la storia è, in effetti, un po’ confusa. Mi sto sforzando di trasmettere lo smarrimento che provano i malati di Alzheimer (non è facile, devo ammetterlo). Grazie di aver letto anche questo episodio ❤️

  8. Notevole questo rapido cambio di prospettiva: ci si trovava a empatizzare con una giovane donna e poi la ritroviamo anziana, fragile e ammalata. Drammatico, educativo, terapeutico. Grazie Arianna.

  9. Che cambio di scena! Mi ha fatto davvero un effetto strano, mi sono quasi commossa, nel ritrovare Aila già anziana, indifesa e malata…la ricordavo piena di vita e per lei ho provato tanta pena e tanta affetto. E sono davvero rimasta soddisfatta del figlio che la porta via da quell’infermiera terribile!

  10. Sei riuscita a trasmettere l’epidermica antipatia (nonchè la voglia di violenza) che suscita la tracotante ed irriverente infermiera Tiina, al punto da avere esultato insieme all’anziana all’irridente esposizione del dito medio.
    Bravissima