Cambiamenti

Serie: Il solo modo che conosco


.

Solo adesso che comincio a scriverne mi rendo conto che questo viaggio è iniziato già un anno prima di partire. Quando ho deciso di prendere la patente della moto.

Sulla soglia dei cinquant’anni la proverbiale crisi di mezza età ha bussato ad una porta che sino a quel momento non avevo mai considerato, amalgamandosi al desiderio di voler spazzare via un limite che ho sempre pensato promanasse da una qualche entità superiore, e che invece mi ero sempre assegnato da solo.

Così ho messo da parte tutte le mie ansie rivolte agli adempimenti burocratici e mi sono gettato a capofitto in un oceano di moduli, visite, attestati, bollettini, bolli, balzelli, gabelle, tasse, contributi, imposte. Ho nuotato con ostinazione tra mine di superficie che all’apparenza sembrano messe lì al solo scopo di farti desistere dai tuoi propositi, ma che a mente lucida capisco siano il giusto prezzo da pagare per chi, come me, ha muscoli e nervi che non fanno bene contatto col processore interno, da cui risulta una patente temporalmente limitata.

Alla fine ho vinto. Nessun ordigno è esploso durante la traversata, le onde si sono acquietate assieme alle mie ansie e ho strappato il benestare per l’iscrizione alla scuola guida prima e la patente A un paio di mesi dopo, destreggiandomi come un circense fra birilli, leoni e cerchi di fuoco.

Perché nella mia mente il piano, diabolico quanto improbabile, era scritto nero su bianco con chiarezza disarmante già nel momento in cui mi apprestavo a scarabocchiare i miei dati sul primissimo prestampato: nel giro di un anno partire da Chiavari, dove abito, e arrivare in Germania a Tübingen, dove ho studiato un paio d’anni da ragazzo e dove mi piace tornare tutte le volte che posso.

Percorrendo solo strade statali.

Su una Triumph Bonneville.

Perché proprio una Bonneville è una domanda che mi hanno fatto tanti miei amici. Gente che delle due ruote ne capiva molto più di me (anzi, omettiamo pure quel “molto più di me”, perché mi assegnerebbe ingiustamente un grado di conoscenza), gente che ha macinato decine di migliaia di chilometri negli anni e che giustamente mi ha fatto notare come una moto del genere fosse un po’ troppo grossa e pretenziosa per uno che fino a ieri aveva guidato uno scooter.

Per non parlare poi del fatto che quella non sia esattamente la moto che ti può venire in mente di guidare se vuoi fare un viaggio lungo. Aerodinamica inesistente e serbatoio contenuto, la Bonneville è spesso considerata una moto da fighetti. Uno di quei mezzi che ci vai a prendere l’aperitivo con il casco in tinta e la giacchetta di pelle. Buona per un’uscita domenicale a corto raggio per poi riporla subito in garage con le cromature ancora lucide, in attesa del prossimo giro di Negroni da bere in centro, alternando sorsi prolungati a occhiate che ti confermino quanto sia bella appoggiata sul cavalletto laterale.

Alla prima obiezione, quella sulla grandezza della moto per uno fresco di patente, ho risposto che volevo la Bonneville.

Alla seconda obiezione, quella sull’opportunità di farci un viaggio lungo, ho risposto che volevo la Bonneville.

E ho sinceramente apprezzato gli sguardi dubbiosi, la disapprovazione serpeggiante anche se non detta, i consigli diretti all’acquisto di una moto più consona, più adatta alla mia esperienza, magari usat(issim)a per farci pratica fino a quando non sarei stato pronto per il mio obiettivo finale. In tutti questi suggerimenti ci ho letto amicizia, interesse e affetto genuino, non il desiderio fine a sé stesso di smontare il Lego a un bimbo.

Ma io sono cocciuto, uno che non sente ragioni come gli schiacciasassi. Quando mi metto in testa una cosa non riesco a togliermela da lì. Figuriamoci se ci riescono gli altri.

Non posso sapere come starò fra un giorno, un mese, un anno. Voglio godere ora delle idee e dei progetti che mi vengono in mente. Il futuro nemmeno so fin dove si spinga.

Non so se io sia stato convincente con tutti gli amici nel mio ragionamento, probabilmente no. Ho accettato di buon grado, però, il consiglio che mi ha dato Paolo di considerare l’idea dell’usato. Con un minimo di pazienza (minimo persino per me) sarei potuto incappare in un buon mezzo, con i chilometri giusti, tenuto decentemente senza per questo dover rinunciare ad una cornea o alla milza per poterlo comprare.

Paolo ha avuto ragione. Io e la mia futura moto ci siamo trovati quasi subito in rete, come in quei siti di incontri dove vedi una foto, ti dai appuntamento da qualche parte e scatta l’amore. Gliel’ho fatta vedere in foto entusiasta per il modo in cui mi aveva immediatamente colpito. Pochi chilometri, bianca e nera con sottili bordature dorate, del 2007, l’ultimo modello prodotto a carburatori.

Paolo me l’ha approvata; sembrava in regola e non troppo maneggiata. Ha salvato la scheda e abbiamo proseguito con la ricerca su altri modelli. Ma ormai lo schiacciasassi era in funzione, e non c’era più modo di fermarlo. Volevo quella, sentivo che mi aveva chiamato.

Sono andato a vederla a Savona. Me l’ha mostrata Luca, gentilissimo unico proprietario. Tenuta in maniera impeccabile, poche modifiche ben fatte che otterranno luce verde, a posteriori, dal mio meccanico.

L’ho provata e ho capito che era lei, pur intendendomi zero di motori. Non ho chiamato nessun altro e ho smesso di guardarmi intorno.

Ho sguinzagliato allora quel mastino di Valeria, mia moglie, che si è avventata sul prezzo masticandolo e rosicchiandolo da tutti i lati fino ad arrivare a quanto ci potessimo permettere di spendere.

Dopo un paio di settimane abbiamo fatto il passaggio di proprietà ed è diventata mia.

L’ho portata da Savona a Chiavari lungo l’Aurelia che costeggia il mare in un caldissimo pomeriggio di luglio. Rotolando a passo tranquillo su di un asfalto infuocato, quel motore da 865 cc ha generato talmente tanto calore che alla sera, arrivato a casa, ho trovato una mail di Greta Thunberg che, tutta piccata, si lamentava ufficialmente per i cambiamenti climatici che quel giorno avevo prepotentemente contribuito a generare .

Ed è così che ho chiamato la mia moto. Greta.

Serie: Il solo modo che conosco


Avete messo Mi Piace12 apprezzamentiPubblicato in Narrativa

Discussioni

  1. Riciao Roberto. Dopo l’ incontro virtuale di oggi e la curiosità dovuta alle cose che ci hai generosamente raccontato del tuo viaggio, ho iniziato la lettura di questa serie a cui inizialmente avevo rinunciato perché andavi troppi veloce. E non intendo dire con la moto, ma con la pubblicazione degli episodi.
    Per ora, dopo aver letto questo inizio, posso dirti che si notano passi da gigante, da vero scrittore navigato che sa come catturare l’ interesse dei lettori.
    A presto.

    1. Ciao Maria Luisa. Grazie intanto per la tua presenza di ieri all’incontro. Leggere questo tuo commento è il premio migliore per tante ore notturne sottratte al sonno e dedicate alla nostra passione comune. Benvenuta, per tutto il tempo per il quale avrai voglia di rimanere.

  2. “Ho sguinzagliato allora quel mastino di Valeria, mia moglie, che si è avventata sul prezzo masticandolo e rosicchiandolo da tutti i lati fino ad arrivare a quanto ci potessimo permettere di spendere.”
    Valeria mi sembra quasi di conoscerla o forse sarâ che noi donne, mogli-manager famigliari, all’occorrenza passiamo velocemente dal divano, accucciate come tenere barboncine, a mordenti mastine.😂

  3. Questo inizio serie ha la voce di un narratore esterno che racconta l’inizio di un viaggio, sullo schermo ci sono le immagini di un uomo che si destreggia tra uffici e prove di guida, poi stringe l’agognata patente A. Infine, appare una moto che percorre le strade che portano a tutti quei meravigliosi luoghi che citi, tra natura, città e paesini.
    Che bell’inizio, Roberto! 😸

  4. La Bonneville è un classico, hai fatto bene a comprarla. Io credo che non si “arrivi” ai classici, piuttosto dai classici si parte. E si capisce che tu non abbia visto l’ora di partire in sella a un sogno con un nome di donna (d’altra parte, chiamarla Thunberg sarebbe stato davvero impossibile). E allora buon viaggio per questo viaggio nel tempo e nello spazio che seguirò come posso.

  5. “Non posso sapere come starò fra un giorno, un mese, un anno. Voglio godere ora delle idee e dei progetti che mi vengono in mente. Il futuro nemmeno so fin dove si spinga.”
    Un pensiero che in questi giorni attraversa di continuo la mia mente

  6. Ciao Roberto. Parto dal titolo della serie ‘Cambiamenti’ che, per un racconto al tempo presente, significa davvero molto. La sensazione che qualcosa, nell’immediato futuro, stia per cambiare.
    Mi sei proprio passato accanto, questa volta, e abbiamo sfiorato la possibilità di incontrarci e magari, chissà, nel tuo racconto ci saremmo finiti anche noi 🙂
    Speriamo la prossima volta!
    La lettura del testo è scorrevole, piacevole, il tuo stile sempre brillante e quasi disarmante nella sua semplicità espositiva di cui sei maestro. La tua Greta riempie i social e anche gli occhi. Bravissimo.

    1. Ciao Cristiana! Sì, ci siamo mancati per un soffio, ma non è detto che…
      In realtà “Cambiamenti” è solo il titolo del capitolo, la serie si chiama “Il solo modo che conosco”, e prima o poi il perchè verrà svelato 😉
      Intanto, grazie per i complimenti, ma soprattutto per la lettura 😘

      1. Perdonami Roberto, mi sono espressa male io. Intendevo certamente partire dal titolo del primo episodio che mi ha suggerito aria di freschezza e cose nuove. A volte pensiamo una cosa e scriviamo altro. Soprattutto io che sono un po’ pasticciona 🙂

  7. Adoro le cose autobiografiche, personalmente avrei osato di più nei richiami di luoghi comuni (come ad esempio menzionare i siti di incontri), ricalcandone maggiormente l’analogia. Bello scritto, ottimo coinvolgimento e va giù che e una bellezza! Complimenti.

  8. Che gran piacere leggerti, ma già lo sai, con tutte le volte che te l’ho scritto sono perfino monotono. Ma è così. Il raccontarti, tra l’ironico e il serio, è istruttivo sul come sei: cocciuto, puntiglioso, visionario e divertente. Bravo Roberto, anzi bravissimo. E non metto punti esclamativi perché mi sto disintossicando anche da quelli. A presto.

  9. Bellissimo inizio per una serie. Hai descritto con delicatezza la scoperta di questa moto dandole questa presenza quasi viva ma con ironia e senza mai eccedere. Finale dell’episodio perfetto.

  10. Mi ha catturato fin dalle prime battute, cavalcando 2 ruote col motore fin da quando non mi sarebbe stato consentito, ormai quasi 50 anni fa… Ho davvero apprezzato alcuni passaggi gustosi: “ho risposto che volevo la Bonneville” in particolare, credo che esprima il succo del tuo racconto: la motocicletta non è un “veicolo utilitario”, ma prima di tutto passione; e se parliamo di sentimenti… be’, tutto ciò che è razionale mal vi si concilia. Infine, la chiusa del capitolo è clamorosa, almeno per me, che ho inseguito i miasmi dei 2 tempi, poi quelli meno mefitici dei 4, in un epoca in cui l’ecologia era ben distante dalla mente di tutti quanti, giungendo a possedere (erotikós) sogni, ormai fuori legge. Grazie per la bella lettura e complimineti vivissimi per la tua scelta (di vita e… i carburatoti!).

  11. Caro Rob, perché hai scritto questo LibriCK? Perché adesso mi devi mettere strane idee nella testa? Perché?? Ho seguito sui social le tappe del tuo viaggio in moto, che invidia. Riguardo ai consigli, mi sento molto vicino al tuo modo di pensare: anch’io mi faccio un’idea e vado avanti. È l’idea a guidare e ad imporsi con prepotenza. Chi siamo noi per contrastarla?

  12. “ho trovato una mail di Greta Thunberg che, tutta piccata, si lamentava ufficialmente per i cambiamenti climatici che quel giorno avevo prepotentemente contribuito a generare”
    😂 Mi ha fatto ridere

  13. “Io e la mia futura moto ci siamo trovati quasi subito in rete, come in quei siti di incontri dove vedi una foto, ti dai appuntamento da qualche parte e scatta l’amore”
    Dove si trova questo Tinder delle moto che mi iscrivo 😃