
Capire il passato per vivere il futuro
Serie: L'eredità di Giacomo
- Episodio 1: La casa in valle
- Episodio 2: Solo una leggera inquietudine
- Episodio 3: Trasformazioni
- Episodio 4: Non si viaggia mai col fumo in tasca
- Episodio 5: Tasselli al loro posto
- Episodio 6: Il desiderio di sognare
- Episodio 7: Lettera dall’aldilà
- Episodio 8: Bel pippone ti sei tirato
- Episodio 9: Gita nell’aldilà
- Episodio 10: Sbucciare le patate per guadagnarsi il pasto
- Episodio 1: Quattro chiacchiere col morto
- Episodio 2: La vita, il bello e il bene
- Episodio 3: Modulo Umano Standard
- Episodio 4: L’intrusione
- Episodio 5: Capire il passato per vivere il futuro
STAGIONE 1
STAGIONE 2
Restai assorto per pochi secondi mentre un lampo di chiarezza illuminava il mio pensare, ritenni giusto prendere tempo.
«Capisco. Devo riflettere su cosa è giusto fare. Concedetemi quarantotto delle mie ore e poi vi darò una risposta certa. Ora, però, lasciatemi riposare e rifatevi vivi fra due giorni.»
Mi venne da sorridere constatando che non avessero inteso la leggera presa in giro di quel: ‘rifatevi vivi’. La mia proposta li accontentò: dopo la prima dura reazione avevano dovuto considerare che li piantassi in asso e forse lo avrei fatto se quel lampo nella mente non mi avesse permesso di vedere le cose da una prospettiva nuova e molto diversa.
Mi ero convinto di aver vissuto un orrore assurdo, quando l’unica cosa sconvolgente si riassumeva in pochi secondi nei quali avevo perso il controllo della mia mente: ridicolo! Certi trip con l’acido, sperimentati in gioventù, erano stati ben più pericolosi e terrorizzanti. Avevo compreso il gioco a nascondino che stava facendo una parte della mia mente e decisi di andare a fondo, per estirpare quel ramo marcio che mi avvelenava l’esistenza. Mi era chiaro, ora, che le cose che dovevo temere erano tutte dentro di me e, se anche se il fine era diverso, meritava gratitudine quell’entità che aveva violato la mia mente leggendo il mio passato e, mostrandomelo, ne aveva palesato egoismo e viltà. Era giunto il momento di mettere mano a quegli anni storti e raddrizzarli, con l’onestà e il coraggio che mi erano mancati vivendoli, per avere la speranza di riuscire a convivere, nell’impossibilità di cancellarle, con le colpe che ora vedevo con chiarezza.
Gli ultimi pensieri positivi avevano sciolto la mia tensione, la stanchezza, che aveva fatto adattare il mio corpo al divano, prese il sopravvento e, quasi senza accorgermene, mi addormentai.
Mi risvegliai col sole che già illuminava le cime, mi alzai, mi lavai il viso e scesi da Piero a bere il caffè.
Chiesi al mio amico il suggerimento per un percorso impegnativo che mi occupasse mente e fisico.
«Hai qualcosa da espiare?»
«Si, più o meno»
«Ti ritieni in grado di camminare otto ore tra andata e ritorno?»
Lo guardai perplesso:
«Devo espiare, Piero, mica morire».
«Dai piagnone, è evidente che hai un grosso nodo da sciogliere e non risolverai con un giretto e quattro avemarie. Devi arrivare a farti del male se vuoi stare bene, altrimenti mi torni come sei partito.»
Prese la carta dei sentieri e la spiegò su un tavolino, la osservò pochi secondi poi mi illustrò il percorso che aveva scelto. Visto sulla carta non sembrava durissimo.
«Fino a Redont ci sei già stato, di lì prosegui verso la cima, il Cop di Breguzzo, il sentiero è bello, devi stare attento solo in cresta, ci sono dei passaggi che non devi prendere alla leggera, niente di difficile ma da affrontare con la dovuta cautela. Nel tornare, se non vuoi fare lo stesso percorso della salita, segui il sentiero con l’indicazione Porte di Danerba e tornerai al rifugio attraverso la bella Val del Vescovo. Passa a salutare i ragazzi sia all’andata che al ritorno, che non abbiano da preoccuparsi. Portati ramponi e guanti, probabilmente non ti serviranno ma meglio averli. Ti presto la cartina, però sarebbe ora te ne comprassi una. Ora vai che è già tardi.»
La salita fu un durissimo scontro tra fisico e mente: il primo piagnucolava ‘non puoi farmi questo’ e la seconda replicava ‘smettila di lamentarti e fai ciò per cui sei stato creato’. Arrivai in cima maledicendo Piero, quei passaggi che mi aveva raccomandato di non sottovalutare erano pareti per alpinisti, non per uno che trovava difficoltà anche nel fare le scale di casa. Poi, in cima, travolto dall’emozione e quasi commosso, ammirai il meraviglioso mondo che mi stava attorno: la valle di Breguzzo da una parte e la Val di Fumo dall’altra e in mezzo io, che mi godevo la mia prima vetta, guadagnata con fatica e coraggio… ‘quello che mi era mancato nel passato’, pensai.
Mi scattai una foto e, smentendo le maledizioni che gli avevo dedicato pochi minuti prima, la mandai a Piero, con una sola parola di commento: grazie!
Ora mi appariva tutto chiaro, sapevo cosa era giusto fare e chi ringraziare per la grande opportunità che mi era stata offerta e che stava a me cogliere.
Scesi con prudenza, impedendo all’euforia di sconfinare nella presunzione e cercai di trovare in ogni passo il piacere intenso di sentirmi vivo. Giunto al rifugio Trivena, offrii da bere ai gestori per festeggiare la mia prima ascensione. Poi mi avviai a passo veloce verso valle: ero impaziente di arrivare a casa, accendere il mio portatile e scrivere.
Avevo molto da raccontarmi.
Mi sistemai sulla tavola della stube: computer aperto davanti a me, un piatto con formaggi e salumi e una buona bottiglia di Lagrein alla mia destra e cominciai, sbocconcellando, a digitare con velocità sulla tastiera. Dopo un paio d’ore avevo riempito una ventina di pagine e iniziavo a sentire la stanchezza, quando Giacomo si materializzò sulla solita sedia a dondolo davanti al caminetto.
«Ciao Thomas, questa è l’ultima volta che ti vengo a trovare. Volevo dirti che comprendo le tue ragioni e la tua rabbia, forse ti ho chiesto troppo ma non immaginavo di metterti in così grave pericolo. Ora chiamiamo Jurgen e modifichiamo le disposizioni del testamento: tu avrai tutto ciò che ti ho promesso senza l’obbligo di rispettare le condizioni richieste. Voglio che tu ti senta libero da quello che, solo adesso, vedo come uno squallido ricatto.»
Il viso di Giacomo, il suo modo quasi costernato nel parlare, dimostravano che, preoccupato per la mia incolumità, avrebbe rinunciato al mio aiuto rischiando una probabile e pesantissima condanna.
«Non telefoniamo a nessuno,» dissi «sono sempre fuggito piuttosto che affrontare delle responsabilità e se ora sto cambiando è perché tu me ne hai dato l’opportunità; quindi, non mi tiro indietro e farò quanto sarò in grado di fare perché tu abbia il futuro che meriti.»
Serie: L'eredità di Giacomo
- Episodio 1: Quattro chiacchiere col morto
- Episodio 2: La vita, il bello e il bene
- Episodio 3: Modulo Umano Standard
- Episodio 4: L’intrusione
- Episodio 5: Capire il passato per vivere il futuro
Hai descritto il giorno perfetto: camminare per otto ore in montagna, poi tornare a casa e scrivere al computer, mangiando salumi e formaggi. Devo farlo assolutamente 😁
“La salita fu un durissimo scontro tra fisico e mente: il primo piagnucolava ‘non puoi farmi questo’ e la seconda replicava ‘smettila di lamentarti e fai ciò per cui sei stato creato’ ” Bellissima la lotta interiore tra fisico e mente, e l’affermazione conseguente: “Devi arrivare a farti del male se vuoi stare bene”. Un po’ di sano masochismo, a volte, aiuta.
Non c’è orrore in questo episodio che definirei introspettivo, di orribile trovo solo il mio commento.
Infilzerò le scarpe da tennis
«Dai piagnone, è evidente che hai un grosso nodo da sciogliere e non risolverai con un giretto e quattro avemarie. Devi arrivare a farti del male se vuoi stare bene, altrimenti mi torni come sei partito.»
Grazie Giuseppe, l’amico Piero mi ha dato un ottimo suggerimento. Non potrò scalare una vetta (non oggi, almeno), ma credo che, dopo questa bella lettura, mi infilzerò le scarpe da tennis e farò una lunga camminata.
Avevo perso alcuni episodi di questa serie che merita di essere letta per intero. Mi piace la piega positiva che la storia di Thomas sta assumendo.