C’è qualcuno

Serie: The place


NELLA PUNTATA PRECEDENTE: Mina e Oswald devono riposare prima di lasciare la città e sfuggire alle radiazioni. La notte però non è più un rifugio di tranquillità come lo era nel vecchio mondo...

“È buffo” attaccò Mina posando la lattina di brodo caldo sul pavimento, protraendo le mani verso il fuoco. “Poco prima che là fuori cambiasse tutto abbiamo parlato della guerra; poi ci siamo salutati, convinti di non rivederci più.” Mina arrossì. “Beh, è quello che ho pensato io” confessò abbassando lo sguardo. Oswald le sorrise facendole intendere con un cenno del capo che poteva proseguire.

“Ed eccoci ancora qui. E la guerra è arrivata per davvero.”

Oswald sorrise sotto i folti baffi bianchi. Bevve un sorso di brodo e indugiò qualche istante pensando.

“Curioso” disse, “il modo in cui ti sei riferita all’esplosione.”

Mina corrugò la fronte. Per la verità non ricordava che parole avesse usato. Era stanca, ma allo stesso tempo la sua mente correva tra un pensiero e l’altro senza mai fermarsi. Era così dal bacio con Vera, che in quel momento ricordò con una punta di nostalgia e amarezza, avvertendo una stretta al cuore.

“Hai detto” proseguì Oswald, “ ‘prima che là fuori cambiasse tutto’.” Guardò Mina sorridendo mentre beveva un sorso di brodaglia torbida.

Mina ragionò sul perché di quelle parole. “Beh” disse dopo un po’. “Forse per me non è cambiato poi così tanto” concluse pensierosa.

Oswald annuì, sul volto un’espressione dispiaciuta.

“Mi crederai pazza” disse Mina sospirando.

Oswald scosse la testa. “Tutt’altro” disse. “Anzi, ti capisco.”

“Davvero?”

“Mina, non sei pazza” continuò il vecchio con aria compiacente. “O stupida, come mi sembra di leggerti negli occhi qualche volta” aggiunse richiamandola con uno sorrisetto. “Oggi pomeriggio mi hai fatto notare che sembravo esperto di crimine nelle strade, ti ricordi?”

Mina annuì.

“E avevi ragione. Io sono un esperto della strada. E questo… la strada è la mia casa. Ho passato gli ultimi anni a nascondermi dalle occhiate di sdegno, a riscaldarmi con un fuoco preparato con quello che trovavo in giro, mangiando spazzatura e dormendo nei palazzi disabitati, proprio come ora.”

Mina lo fissava attentamente, gli occhi lucidi brillanti del bagliore del fuoco.

“Ho visto uomini, in questi giorni,” continuò Oswald, “togliersi la vita perché il mondo è cambiato troppo in fretta. Dalle stelle alle stalle, come si dice. Non hanno retto, e come biasimarli? Fino a pochi giorni fa a quest’ora stavano rincasando a bordo delle loro Rolls Royce dopo l’aperitivo, inebriati dalle tre o quattro coppe di champagne bevute in compagnia di signorine attraenti.

“E noi due?” proseguì. “Eccoci qui a conversare davanti al fuoco. Diavolo, è esplosa una bomba atomica!”

Oswald indugiò pensando. Poi un sorriso gli si dipinse sulle labbra. “Hai detto bene, Mina. È tutto così buffo. Mi metterei a ridere se non fosse una tragedia.”

Il silenzio tornò per qualche istante. Solo lo scoppiettio del fuoco e i lamenti del vento interloquivano con esso di tanto in tanto, facendo da sottofondo alla danza delle ombre e dei bagliori del fuoco. 

Dalla strada giunsero le voci concitate di uomini impegnati in una discussione. Mina trasalì. Oswald la rassicurò che non sarebbero saliti fino al loro piano.

“Alla fine sopravviviamo, come sempre” mormorò Mina bevendo del brodo.

“Già” commentò Oswald, tendendo l’orecchio verso le vetrate infrante che davano sulla strada. Ora le voci si erano fatte più nervose. Le parole non arrivavano ben distinte, ma lo si poteva intuire dall’intonazione brusca e priva di qualsiasi contegno. Mina stringeva le mani attorno alla latta, quando un boato squarciò l’aria. In una situazione diversa entrambi avrebbero scambiato quello schiocco per un tuono, ma non era il caso, e Mina e Oswald lo riconobbero all’istante per ciò che era. Mina trasalì, e una quantità di brodo fuoriuscì dalla latta, scottandole le mani. D’istinto fece per agitarle nell’aria per sbarazzarsi del liquido rovente, mollando quindi la presa. Il barattolo cadde sul cemento producendo un clangore liquido.

Un altro sparo spezzò il silenzio della notte. Poi un altro. Infine il silenzio.

Spinti dalla curiosità, e in qualche modo rassicurati dell’altezza alla quale si trovavano, Mina e Oswald si avvicinarono cauti alla vetrata, e attenti a non tagliarsi sporsero il capo guardando in basso. 

Un uomo vestito di nero stava avvicinandosi a tre corpi accasciati sull’asfalto, puntando verso di loro la pistola ancora fumante. Si avvicinava lento e con circospezione, e per un momento oltrepassò la pozza di luce bianca lunare che filtrava dallo spazio tra due edifici. Le spalle e il petto emanarono bagliori dorati.

“È un poliziotto” osservò Oswald.

Mina annuì in silenzio, rapita dalla scena. L’agente si avvicinò al corpo a lui più vicino, e puntando la pistola alla testa lo punzecchiò con la punta dello stivale. Il corpo non si mosse. Il poliziotto frugò nelle tasche degli uomini a terra, estraendone qualcosa che da lassù Mina e Oswald non riconobbero. Arrivato al terzo, lo videro balzare all’indietro. L’uomo a terra si mosse, strisciando verso il suo carnefice. La pistola sparò un’altra volta, e l’uomo a terra non si mosse più. Il poliziotto frugò anche nelle sue tasche, dopodiché si allontanò guardingo.

Mina e Oswald lo guardarono fino a quando la sua divisa nera divenne indistinguibile dalla tenebra della strada. Tornarono al fuoco, e per un po’ non dissero nulla.

“Arriveranno i soccorsi?” chiese Mina all’improvviso, lo sguardo perso nelle braci arrancanti.

Oswald scosse la testa dubbioso. “Non lo so.”

Un altro boato giunse, stavolta da lontano, quasi indistinto. Mina lo riconobbe lo stesso. 

“Forse non è stata l’unica bomba” commentò.

“Esatto” convenne Oswald. “Potrebbero essere impegnati altrove.”

“Al momento non è arrivato nessuno. Ma si è trattato di un attacco, quindi se non ci sono i nostri…”

“Soldati nemici?” disse Mina

Oswald annuì con aria grave. “È molto ambiguo” concluse. “Quando…”

Si interruppe, tendendo l’orecchio verso un punto in cui la luce del fuoco sfumava nell’oscurità. Si voltò scrutando l’oscurità alle sue spalle.

Lo stesso fece Mina. Si udì lo scricchiolio di un coccio di vetro sotto la suola di una scarpa. E nell’ombra, forse dietro a un pilastro di cemento, le sembrò di scorgere una figura dalle sembianze umane, per metà coperta dalla colonna, la faccia senza volto che sbucava spiandoli. E nei pozzi neri che aveva al posto degli occhi ardeva la luce del fuoco.

“C’è qualcuno.”

Serie: The place


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Discussioni

  1. ““Ho visto uomini, in questi giorni,” continuò Oswald, “togliersi la vita perché il mondo è cambiato troppo in fretta. Dalle stelle alle stalle, come si dice. Non hanno retto, e come biasimarli?”
    Si tratta di una considerazione davvero profonda e fondamentale soprattutto in tempi come quello in cui viviamo. Non si tratta di fare retorica, quanto piuttosto di guardare in faccia la realtà. Il mondo sta in effetti cambiando e sembra che il pericolo sia sempre dietro l’angolo. Bisogna tenere gli occhi bene aperti e le orecchie in ascolto, adattandosi poco a poco, giorno per giorno per non farsi cogliere impreparati. Un bell’episodio, dove conosciamo un po’ di più dei due protagonisti e loro stessi cominciano a capire con chi hanno a che fare. Molto buoni i dialoghi che sostengono bene la narrazione. La storia si fa sempre più interessante.