Dentro lo Specchio

Serie: Il Frenocomio del Terrore


Voglio metterti al corrente di quanto ho appreso qualche mese fa. Da quel momento tutto è cambiato ed è mio dovere metterti in guardia: siamo in grave pericolo, nessuno ha il coraggio di parlarne o, peggio ancora, sono tutti sotto il loro controllo… ma partiamo dal principio.

Mi chiamo Stefano, ho quasi quarant’anni e sono un ingegnere edile. Non sono uno scrittore, ma durante uno dei miei sopralluoghi in un edificio abbandonato prossimo alla ristrutturazione, ho trovato i resti di un diario. Le poche pagine integre sono in lingua inglese e sembrano scritte da un uomo. Quando le lessi la prima volta, non ci feci troppo caso, ma qualcosa si insinuò nella mia mente. Mia moglie ha iniziato a dirmi che sono cambiato, mi vede diverso e le sembro un po’ esaurito. Se solo sapesse cosa ho appreso da quel diario… Ho tradotto quelle poche pagine in modo che tutti possano sapere. Lascia che ti dia un piccolo consiglio: non leggerle mai da solo o farai anche tu la mia stessa fine.

«31 ottobre 1963. Caro diario, sei il primo che compro e non ho capito se devo darti un nome o chiamarti diario. Stanno accadendo strane cose a casa mia e se ne parlassi con qualcuno, sono sicuro che mi porterebbero dritto al manicomio. Siamo tutti in pericolo, come faccio a dirlo a mia moglie?»

«02 novembre 1963. Non riesco più ad entrare nel bagno, ho i brividi ogni volta che passo davanti a quella porta. Sto impazzendo, lo sento. Ma come fanno gli altri a non accorgersi del pericolo che corrono?»

«08 dicembre 1963. È come temevo, sono solo. Anche questa sera ho dovuto assistere allo stesso, irritante spettacolo. Ero in bagno, davanti allo specchio. Maledizione! Sono l’unico ad aver scoperto queste cose?»

«25 dicembre 1963. Caro diario, è come ti dicevo giorni fa. Mi tremano ancora le mani. Ero davanti allo specchio del bagno… c’è qualcosa di sbagliato in quei riflessi: muovevo la mano destra e il mio ritratto muoveva la sinistra. Ho smesso per qualche secondo e poi ho ricominciato a muovere la mano destra… il mio riflesso muoveva di nuovo la sinistra. Com’è possibile? Cosa si nasconde negli specchi? Cosa riflettono realmente?»

«06 gennaio 1964. Sono diverse notti che non dormo. La mia testa non pensa ad altro e non riesco a darmi una spiegazione. Perché il ritratto dello specchio muove la mano sinistra e non la destra? Chi è quell’essere riflesso che si prende gioco di me? Devo affrontarlo!»

«14 febbraio 1964. Oggi ho preso coraggio e l’ho fatto. Ho iniziato con i soliti rituali: ho mosso la mano destra, il riflesso la sinistra. Ho smesso e ricominciato, stesso risultato. Ho scrutato il viso riflesso, sembrava la mia faccia e allora l’ho fissato: occhi scuri senza fondo. Più cercavo di carpire l’essenza di quell’anima demoniaca e più mi perdevo in quel pozzo oscuro, privo di vita. Dopo alcuni minuti sono scappato via, mi tremavano le gambe. Mentre fuggivo, ho notato con la coda dell’occhio che il riflesso mi ha sorriso compiaciuto. Ha vinto lo scontro, ne sono consapevole».

«16 febbraio 1964. Oggi ho affrontato nuovamente quell’abominio. Il mio riflesso mi fissava, impassibile. Non un cenno di debolezza. Non ha mai abbassato lo sguardo in segno di resa, anzi, mi guardava con aria di sfida. Ho scrutato oltre la mia immagine, ho cercato di capire da dove provenisse questo scherzo della natura e ho colto delle ombre scure muoversi dietro quella figura riflessa. Forse ho capito chi si cela dietro quel demone».

«29 febbraio 1964. Ieri sono andato nella chiesa del paese, ho aspettato di essere solo e ho rubato un po’ di liquido dall’acquasantiera. Oggi ci sarà la resa dei conti, ucciderò quel demonio».

«2 marzo 1964. Avrei dovuto mettere in guardia la mia amata finché ero in tempo. Il demonio ha corrotto anche lei. L’altro ieri è tornata a casa e mi ha scoperto mentre tentavo di debellare il male celato nello specchio. Ero a metà del rituale, stavo gettando l’acqua santa contro il mio riflesso. Assaporavo già la vittoria, intravedendo le smorfie di dolore di quell’essere, quando lei mi ha interrotto. Si è messa a urlare come una pazza, ha chiamato il dottore che, appena arrivato a casa, mi ha iniettato qualche veleno, lasciandomi privo di sensi per quasi due giorni. Sono consapevole di essere solo in questa guerra impari».

Il diario finisce così, per giorni mi sono chiesto se quell’uomo avesse vinto la battaglia e alla fine ho voluto verificare di persona. Ho aspettato di essere solo in casa, non volevo apparire matto, e mi sono piazzato davanti allo specchio del bagno.

Ho fissato a lungo il mio ritratto, quegli occhi sembravano senza vita. Ho chiuso e poi riaperto la mano destra, il mio riflesso l’ha fatto con la sua mano sinistra. Ho provato a fare movimenti improvvisi, buttandomi ora di qua, ora di là, ma niente da fare. Mi sono accorto che anche il riflesso della stanza era sbagliato. La cabina doccia, che è situata alla mia destra, nello specchio è alla sinistra di quell’essere… stessa cosa per la finestra. È tutto sbagliato, aveva ragione quell’uomo: gli specchi sono il riflesso del male.

Quell’essere maledetto si è messo a sogghignare, si sta prendendo gioco di me!

Mi sono avvicinato allo specchio fino quasi a sfiorarlo e l’ho fissato con aria di sfida; ho avuto come l’impressione che il riflesso stesse per uscire da quella superficie argentata… Ho scrutato così intensamente e a lungo in quell’oblio che alla fine l’oscurità mi ha guardato dentro, trascinandomi con sé.

«Non ci sono altre pagine scritte dopo questa» constatò Sergio, il dottore di Stefano. Sfogliò rapidamente quello che restava del piccolo diario verde. «Come si sente ora che è riuscito a mettere tutto nero su bianco? Ha finalmente affrontato le sue paure?».

L’ingegnere aveva le braccia incrociate davanti al petto, indossava una camicia bianca e sul suo viso c’era dipinta una smorfia di disappunto.

«Non abbia paura di parlare. Sono suo amico e sono qui per aiutarla» lo rassicurò.

«Sto meglio» balbettò. «Non vedo più quelle cose» aggiunse, scrutando la stanza.

«Bravo Stefano, sono fiero dei suoi progressi». Sorrise. «Spero vorrà perdonarmi se non credo alle sue parole». Ghignò allungando le mani sotto al tavolo. Prese un oggetto rettangolare alto quasi mezzo metro e lo adagiò sul piano di legno. «Allora?».

La sagoma dell’ingegnere si riflesse sulla superficie liscia dello specchio. Sgranò gli occhi e prese a tremare. Aveva la testa rasata e delle bruciature circolari intorno alle tempie. Il volto era scavato e profonde occhiaie gli conferivano un aspetto lugubre. «No!» esclamò. «Portatelo via» strillò. «Siete uno di loro! Liberatemi!».

«Come temevo». Il dottore sbuffò. «Forza, riportatelo in camera e riprendiamo con il solito trattamento».

Due inservienti afferrarono Stefano per la camicia di forza e senza tanti complimenti lo condussero nella propria stanza. Lo fecero stendere supino sul letto e lo legarono con delle cinghie di cuoio. Il giaciglio era posto al centro della cella, le pareti e il soffitto erano ricoperte di specchi. Anche il pavimento era talmente lucido da riflettere ogni cosa.

«Mi raccomando, fai il bravo». Scoppiò a ridere un inserviente, chiudendo la porta a chiave.

«No, basta, vi prego» urlò l’ingegnere. Il viso era madido di sudore, ovunque posasse lo sguardo c’era la sua immagine riflessa che si muoveva al contrario. «Basta! Aiuto!». Urlò con tutto il fiato che aveva in gola e continuò a farlo fino a quando l’oscurità non l’inghiotti nel suo cupo abbraccio.

Serie: Il Frenocomio del Terrore


Avete messo Mi Piace2 apprezzamentiPubblicato in Horror

Discussioni

  1. Ciao Andrea, giusto qualche giorno fa ho ripreso in mano questa tua serie “raccoglitore”: storie autoconclusive che ci introducono nel mondo della follia o presunta tale. Ci credi se ti dico che mi sono data uno sguardo nel riflesso della libreria e ho agitato la mano destra? 😀
    Nell’immaginario collettivo il “manicomio”, per così com’era concepito fino agli anni ’60, è in grado di far venire gli incubi a chiunque: sei riuscito a coglierne uno e a metterlo su carta

    1. Ciao Micol, grazie per aver letto questo LibriCK un po’ pazzo 🤣
      Continuo anche io ad agitare la mano davanti allo specchio 😅, ci ricovereranno insieme 😂
      Ogni tanto mi viene in mente qualche storia a tema “manicomio” e così ne approfitto per pubblicarla su Edizioni Open.
      Un abbraccio Micol, a presto!

  2. Ciao fratellone! La scena finale del racconto ha un nonsoché di terrificante e sadico allo stesso tempo! Tra l’altro, secondo alcuni studi, si dice che gli specchi potrebbero interferire con le varie fasi REM, quindi con il normale processo del sogno. Una stanza piena di specchi, secondo questa prospettiva, sarebbe massacrante per la mente/memoria/cervello. Aiuto! 🙂
    Il racconto mi è piaciuto molto: l’idea del diario – e come hai introdotto questo elemento – è un’espediente narrativo ben azzeccato.

    Grazie per questa piacevolissima lettura. 🙂

    1. Ciao Fratellino e grazie per essere passato a leggere questo “strano” racconto 😄
      Il finale è un po’ sadico, un po’ come tutta la serie. Sono brave persone quelle che dirigono la clinica 🤣
      Un abbraccio!

  3. Un racconto molto, molto interessante, bella l’idea di partenza e anche le note del diario via via paranoiche e pazze.
    Anche il mio riflesso muove la sinistra quando io muovo la destra, dovrò iniziare a reoccuparmi?
    Alla prossima

  4. Il bello di questo racconto è quel senso di dubbio che ti insinua…avrà ragione, il povero Stefano? In un certo senso, forse si: ci sono davvero dei demoni nello specchio, ma non sono creature sataniche: sono i demoni della pazzia che gli consumano la mente…

    1. Ciao Sergio!
      Grazie per aver letto questo “strano” racconto. 😄
      In effetti ognuno porta dentro di sé i propri demoni che, davanti allo specchio, potrebbero prendere vita 😉
      Un abbraccio Sergio, alla prossima!

    1. Ciao Dario! 😄
      Grazie per aver letto questo racconto. Dopo averlo scritto non sai quante prove ho fatto davanti allo specchio 😅, c’è da perderci la testa 🤣.
      Un abbraccione Dario.