Fidarsi?

Serie: The place


NELLA PUNTATA PRECEDENTE: Oswald si è bagnato con l'acqua radioattiva. Ora una nuova paura si insidia tra i pensieri di Mina.

“Devo svestirmi” disse Oswald trafficando con la cintura.

“Ma fa un freddo…” commentò Mina.

“Pensi che con i vestiti fradici non ne abbia?” intervenne Jonathan. “E comunque, il freddo è l’ultimo dei suoi problemi.”

Mina tacque. Ancora una volta le parole di Jonathan erano bastate a zittirla.

“Non preoccuparti, Mina. Ho la coperta” la rassicurò Oswald togliendosi il maglione. Mina gli osservò la schiena, e un crescente senso di panico iniziò a nascerle all’altezza dell’addome, una sensazione di impotenza e fatalità, come se quel che era fatto, era fatto. Dovette ricordare a se stessa di inspirare e respirare, e avrebbe voluto dire qualcosa, fare notare a quei due che sulla schiena di Oswald, tra le sporgenze ossute delle clavicole, la pelle – pallida su tutto il corpo – sfumava in una macchia scarlatta, che si raggrinziva al centro. E così lungo i tricipiti, e su tutto il collo.

“Allora?” la riprese Jonathan. “Hai intenzione di startene lì impalata o pensi magari, che ne so, di accendere un fuoco?”

La fissò un istante, poi la bocca gli si contrasse in una smorfia di sdegno.

“Oh ragazzi” disse portando gli occhi al cielo, in un tono di sarcasmo quasi isterico. “Va bene che è la fine del mondo; e sono d’accordo sul fatto che Oswald sia in ottima forma, ma lui stesso sarebbe d’accordo con me, se dico che è decisamente troppo vecchio per te!” E scoppiò in una risata.

Fu una botta allo stomaco che Mina avvertì, un pugno invisibile che penetrò nelle sue viscere e scese in fondo, trascinandola con se. Avvertì il volto avvampare per la vergogna.

“Jonathan!” tuonò Oswald. “Che diavolo ti salta in mente?”

Per un istante il giovane rimase a bocca aperta, spostando lo sguardo da Mina a Oswald.

“Che mi salta in mente? A me? Guarda quella, piuttosto!”

Oswald si voltò, accorgendosi di Mina, ferma immobile con gli occhi fissati su di loro. Istintivamente si coprì con le braccia e le mani. “Mina” disse distogliendo lo sguardo da lei, in evidente imbarazzo. “Il fuoco, sbrigati. Ho freddo.”

Anche Mina distolse lo sguardo all’istante. Guardò la catasta di ramoscelli e pezzi di legno che giaceva ammucchiata accanto ai resti del vecchio fuoco, e si disse che avrebbe dovuto fare quello che le avevano ordinato, ma non riusciva a muoversi. Avrebbe anche voluto dire qualcosa, per esempio far notare che il suo sguardo era volto a quelle macchie rosse che, temeva, avrebbero ucciso Oswald. Invece non disse nulla.

“Sì” mormorò dopo qualche istante, quando gli sguardi erano diventati troppo pesanti da sostenere, e si allontanò alla ricerca di qualche altro materiale con cui alimentare il fuoco. In prossimità dell’accampamento c’erano pezzi di plastica, altri ramoscelli portati dal vento e brandelli di mobili in compensato, ma li ignorò. Camminò allontanandosi da Jonathan e Oswald, alla ricerca di legna che fosse il più lontano possibile, dove non avrebbero potuto vederla; dove si sarebbe potuta nascondere. E mentre cercava, infilando nello zaino ora la gamba spezzata di una sedia, ora un volantino pubblicitario scolorito, dentro di lei la vergogna iniziava a cedere il posto alla rabbia. Una rabbia che si sarebbe tramutata in odio; ma verso chi? Nei confronti di Jonathan, ovviamente.

Quella era la storia di lei e Oswald. Lei lo aveva conosciuto, nel parco, circondati dalle anatre, per poi ritrovarlo nel vicolo e loro, insieme, si erano accampati in quel palazzo abbandonato. Jonathan, in tutto ciò era un intruso; un invasore che amava gettare scompiglio, in fin dei conti non molto diverso da coloro che avevano lanciato le bombe.

Si fermò pensando. Un ramoscello le scivolò via da sotto il braccio. Veramente, solo per il fatto di aver scambiato due chiacchiere con Oswald su una panchina, pensava di poter avanzare dei diritti? Non era forse vero che Jonathan aveva avuto ragione, nonostante tutto? E ora Oswald era malato, le radiazioni lo avrebbero ucciso.

Un alito di vento attirò il suo sguardo verso una delle vetrate infrante. Tra i nuvoloni grigi iniziavano ora ad aprirsi scorci azzurri. La pioggia era cessata.

Dubitare dei tuoi dubbi. Mentre ricordava le sue stesse parole, e trovandosi in estrema difficoltà nell’applicarle a quella situazione, si chiese fino a che punto potesse credere a Jonathan. E di conseguenza, Oswald era davvero in pericolo di vita? Le sovvenne, come un’immagine nello schermo della sua mente, lo sguardo di scherno di Jonathan, e quello imbarazzato di Oswald, e nonostante fosse al di fuori dalla loro vista, arrossì di nuovo per la vergogna.

Ad ogni modo, si disse scacciando via l’imbarazzo, non poteva fidarsi di loro due. Avevano entrambi, a loro modo, deluso le sue aspettative. E lei avrebbe agito di conseguenza. Come? Ancora non lo sapeva, ma era sicura che avrebbe fatto bene a ridurre la sua dipendenza da loro. Un primo passo era senz’altro Vera: lei l’avrebbe capita, l’avrebbe accolta, e insieme avrebbero ricostruito quello che non c’era più, e anche ciò che non c’era mai stato.

Si fermò accanto a una colonna di cemento. Voltandosi, intravide le piccole sagome di Oswald e Jonathan, il primo raggomitolato nella coperta di lana colorata, il secondo intento ad appiccare il fuoco con il poco materiale infiammabile disponibile nei dintorni. Forse era perché, da lontano, non riusciva a coglierne i lineamenti, ma in quel momento Mina ebbe l’impressione di star guardando due sconosciuti. Sì, pensò, devo trovare Vera.

Di ritorno all’accampamento, Jonathan lanciò un’occhiata alle sue mani vuote.

“Non c’era molto” disse Mina, e svuotò sul fuoco i pochi rifiuti che era riuscita a racimolare.

Oswald, avvolto dal tessuto del sacco a pelo, sorseggiava una bevanda calda da un pentolino di alluminio.

“Forse siamo stati un po’ avventati con le conclusioni, vero Jonathan?”

Il ragazzo annuì distrattamente, guardando altrove.

“Siamo sicuri che tu non volessi…” Oswald esitò.

Mina ascoltava, negli occhi impresse le macchie rosse che prima aveva visto sulla sua pelle. Si chiese se gli dessero un qualche fastidio; se lui o Jonathan si fossero accorti della loro presenza. Alzò lo sguardo e lo guardò negli occhi.

“Non preoccupatevi” disse in tono pacato. “Può succedere.”

Serie: The place


Avete messo Mi Piace3 apprezzamentiPubblicato in Horror

Discussioni

  1. Mi sono resa conto dall’atteggiamento di Mina che il legame von Oswald è molto più profondo di quello che lei stessa poteva immaginare, e credo sia qiesto ad averle fatto fare un passo verso Vera…

  2. Ecco temevo proprio questo. 😥 Credo che la paura di perdere Oswald sia condizionando l’atteggiamento di Mina verso di lui e Jonathan. Sperò che non si indurisca troppo. Bravo 👏👏