
Guerre familiari
Serie: Cyberfobia - capitolo 1
- Episodio 1: Il poeta Ermete
- Episodio 2: Ipnotizzati
- Episodio 3: Reato di suicidio premeditato.
- Episodio 4: Prendi e fuggi.
- Episodio 5: RFM
- Episodio 6: Uomini vuoti.
- Episodio 7: Nina e Rey
- Episodio 8: La Propaganda
- Episodio 9: Guerre familiari
- Episodio 10: Verso la Resistenza
STAGIONE 1
La comunicazione terminò all’improvviso come al solito e riprese la solita trasmissione dell’unico canale della Propaganda che ricordava delle disposizioni del Governo Ombra, della consegna mensile agli hub di ritiro e di come utilizzare i DPI, ossia i dispositivi di protezione individuale.
Nina e Rey presero a parlare tra di loro a riguardo di quella misteriosa nebbia di cui aveva appena finito di parlare l’androide mentre Jutta cercava di finire al più presto il proprio pasto di modo da potersene andare finalmente a dormire nello stanzone di fianco al salotto che era stato adibito come camera da letto per tre persone: si stava stretti, ma avendo tre materassi singoli, ognuno di loro perlomeno, poteva avere il proprio spazio dove dormire; nel frattempo, Atum aveva smesso di ululare ed anche se Jutta era ancora nervosa, sentiva la tranquillità pervaderla ogni volta in cui ripensava al suo tesoro nascosto in cantina.
Dopo quella misera cena, Jutta aveva messo a posto in silenzio gli utensili utilizzati, cercando come al suo solito, di pulire al meglio ciò che era stato usato con le risorse che aveva a disposizione e fatto ciò, si era appena sdraiata sul materasso assieme al cane quando arrivò la madre a puntarle una torcia dritto negli occhi.
– Mamma, ma che ca-
Jutta non riuscì a terminare la frase che si sentì arrivare le urla della donna addosso.
– Hai finito l’acqua potabile e non hai avuto nemmeno la decenza di andarne a prendere altra?
Jutta prese un lungo, lunghissimo respiro mentre si faceva da visiera con la mano visto il fascio di luce puntato dritto sul suo volto stanco.
— C’è quella delle provviste men-
– Zitta, stai zitta! – urlò la donna che restava sull’uscio della porta con il volto sempre più iracondo. Atum riprese ad ululare, ma smise subito a causa di un urlo di Rey proveniente dall’altra stanza che gli intimò di starsene buono
– Secondo te come possiamo continuare a sopravvivere se continui a comportarti così? – continuò la madre. – Come andiamo avanti se tu non fai assolutamente niente mentre io e tuo fratello ci spacchiamo il culo dalla mattina alla sera?!
Jutta ne ebbe abbastanza e decise di alzarsi ed avvicinarsi alla madre.
– Ora smettila, stai esagerando. Non ho scelto io di non lavorare, lo avete scelto voi per me!
Una fiamma di rabbia si accese negli occhi nocciola della giovane che non lasciò chela madre tornasse a sovrastarla con le sue urla acute.
– Lo capisco anche io che questa è una vita di merda, ma tu e Rey avete sganciato la patata bollente a me: erano rimasti due posti in quella fabbrica del cazzo e vi ci siete fiondati subito, senza nemmeno stare a chiedere nulla a me! Voi avete ricevuto il vostro lavoro già confezionato, io me lo sono dovuto inventare da capo.
Jutta riprese fiato, ma tornò ad arrabbiarsi nel vedere il fratello raggiungerle ed ovviamente, dare ragione alla madre.
– Poverina, è troppo faticoso fare i lavori in casa e far trovare un piatto pronto in tavola.
– Non è solo questo e lo sai bene – disse Jutta tra i denti, guardando il ragazzo dritto negli occhi.
– Rey ha ragione, i tuoi compiti non sono per niente difficili in confronto a quello che facciamo noi – replicò la madre.
Jutta si sentì sopraffare da un turbinio di emozioni: vi erano frustrazione, rabbia, nervosismo, ma soprattutto angoscia a causa di quelle incomprensioni che i suoi parenti si ostinavano a non voler risolvere. Anche prima ricordava che vi erano di continuo discussioni in casa perché sia la madre che i figli avevano sempre avuto gli stessi tratti da testardi, ma Jutta aveva notato che dopo la guerra, i due erano cambiati, diventando esattamente degli spettri, dei gusci ricolmi soltanto di odio e disperazione, nulla di più e nulla di meno.
– Se per voi ho una vita facile, allora mamma, facciamo a cambio: io lavorerò al posto tuo e tu farai quello che faccio io, che ne dici? – Jutta guardò con sfida sia la madre che il fratello.
– In fabbrica non dureresti nemmeno un’ora.
– Non sto parlando con te, Rey – la ragazza fissava la madre, domandandosi fino a che punto sarebbe stata disposta ad arrivare pur di credere di avere sempre la ragione in tasca.
– Io sarei capace di lavorare e di fare ciò che fai tu persino meglio di te. Tu non sei stata capace nemmeno di prenderti cura di tuo padre.
A quella affermazione sputata con una cattiveria che la ragazza non avrebbe mai creduta possibile, Jutta non aveva più nulla da ribattere: resto a fissare i suoi unici parenti in vita che ancora cercavano di prenderla di mira con altre provocazioni con un odio che non credeva fosse possibile provare e nei loro occhi era certa di vedere degli estranei.
Prese il suo zaino, lo riempì dei pochi indumenti puliti che aveva a disposizione, fece indossare la maschera antigas al suo Atum che poi indossò a sua volta e mentre Nina e Rey le chiedevano sarcastici che cosa credeva di fare e dove sarebbe riuscita ad arrivare prima di ficcarsi in qualche pericolo, ella si chiuse la porta alle spalle ed iniziò a correre giù per le scale.
Una volta fuori, prese fiato e si sistemò meglio lo zaino sulle spalle: era sempre pesante come un macigno e si accorse di avere delle piaghe formatesi su ambo le spalle proprio per gli sforzi compiuti ogni giorno nel camminare per chilometri e chilometri con dei pesi immani caricati addosso.
Di caricarsi anche il peso del suo tesoro nascosto in cantina, dunque, non se ne parlava al momento.
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