
Icaro
Gli aerei ronzavano intorno al Caproni che pilotava Enea.
Enea sentiva la mancanza di qualcosa.
Non che fosse un tipo sofisticato, Enea, fino a essere complessato. Lui sapeva cosa gli mancava.
L’adrenalina del combattimento.
Con il suo aereo caccia aveva mitragliato le trincee austro-ungariche e aveva assistito alle operazioni di gasamento delle linee italiane. Aveva vendicato i poveri fantaccini in Adrian crivellando di pallottole quei perfidi mitteleuropei.
Poi, la guerra era stata vinta. E finita.
Enea era un reduce della Grande Guerra e aveva visto l’Italia ricevere un contentino da Gran Bretagna e Francia. Aveva pestato i piedi, aveva sputato, ma nulla era cambiato: l’Italia era stata svilita.
Si sfogava leggendo gli editoriali di Mussolini sul Popolo d’Italia e dopo volava e volava da Trieste a Milano o altre mete portando i sacchi della posta. Apparteneva a una flotta importante, costituita da tanti begli apparecchi.
Ma non avevano le mitragliatrici, quegli aeroplani.
Enea doveva accontentarsi.
Vide un banco di nuvole nere, troppo nere, ed Enea decise di cabrare. Manovrò la cloche con dolcezza e si innalzò di buoni cinquecento metri. Allora sorvolò quel banco di nuvole, intorno gli altri Caproni fecero lo stesso ed Enea vide i colleghi osservare quel fenomeno meteorologico.
Più in basso stava piovendo e le nuvole color ardesia si illuminavano di lampi, invece loro erano sopra tutto ciò ed erano baciati dal sole.
Il sole. Era così bello, splendente.
Enea aveva letto del mito di Icaro. Non voleva scottarsi, non voleva precipitare.
Qualcuno dei colleghi gridò.
Enea volteggiò il capo, un’occhiata intorno poi ai comandi e così ad alternarsi, e vide allora uno strano oggetto volare in cielo. Era sospeso in aria, ma non aveva ali: era esso stesso una sola ala. Era tutto nero ed era gigantesco. Se non fosse stato che si muoveva e aveva una forma simmetrica e troppo regolare Enea avrebbe pensato fosse una nuvola.
No, era solo un’allucinazione.
Enea decise di evitare quell’oggetto perché, allucinazione o meno, non lo convinceva.
L’oggetto misterioso aprì un portello e da lì uscirono delle figure.
Enea trattenne un verso di raccapriccio. Aveva visto tante volte la morte, ma era una cosa della terra, quella che sorvolava, invece quelli erano degli scheletri anneriti e carbonizzati.
E volavano.
Gli scheletri aggredirono i Caproni e li afferrarono per le ali per poi trascinarli verso l’oggetto misterioso.
Il Caproni di Enea non fece eccezione. Quattro scheletri lo agganciarono e lo condussero fino al portello che era abbastanza grande da farci passare cinque Caproni affiancati in linea orizzontale. Dentro, c’era una luce come di inferno.
Enea si ribellò. Sfoderò la sua pistola e sparò a uno degli scheletri che lo tratteneva, poi a un altro.
Ma ormai il Caproni era all’interno dell’oggetto misterioso ed Enea vide da vicino quella luce, simile a quella di tanti soli.
***
Il Popolo d’Italia titolò: “Flotta di Caproni scompare nel nulla nei cieli del Veneto”.
Ti piace0 apprezzamentiPubblicato in Sci-Fi
Ciao Kenji, sei sempre una fonte inesauribile di informazioni. Non conoscevo i velivoli “Caproni” e quando ho cercato nel web ho trovato un pezzettino di storia a me sconosciuto 😀
Ciao e grazie per avermi letto! Eh, sì, la Caproni era una ditta che faceva aeroplani…
L’ispirazione del racconto viene da un mio sogno di quando ero bambino: avevo sognato, la notte, un aereo tipo anni Venti che veniva colpito da dei raggi solari e il pilota era ridotto a uno scheletro… un po’ horror, in effetti!
Mi hai preso alla prima riga, coi gloriosi Caproni. ?️
Con la bella descrizione, sembra davvero di poter guardare da vicino il volo di Enea. E bello il riferimento al mitologico volo di Icaro.
Ora però sono curioso! Possiamo aspettarci un seguito?
Ciao! Grazie per avermi letto e anche per le belle parole. Riguardo il seguito devo pensarci 🙂