Il blu nel verde

Serie: Il sovrano tra i pari


Nitherr, alba del 30 luglio D.A. 421.012

12 chilometri a sud-est di Kaulnas, Helyeerds.


Quelli della VBC erano arrivati alla velocità del vento, piantando le telecamere ai lati delle strade che si snodavano verso Kaulnas. Erano tutti nervosi; si accucciavano ogni volta che, da qualche parte nel bosco, scoppiava una bomba.

Di tanto in tanto, tra le scie degli aeromobili, in cielo brillava un tracciante. Le esplosioni erano lontane, un martellio sparuto che rintoccava confuso.

Gavriel si accese una sigaretta e prese una lunga boccata. Un boato più robusto dei precedenti echeggiò un chilometro più a nord, suscitando un’ondata di sussulti nei suoi commilitoni. Marciavano su di un sentiero lastricato, con piloni fotovoltaici caricabatterie e pali della luce ai lati, sotto un fitto letto di fronde intrecciate, rosse e azzurrine.

Alla sua destra, oltre il rango dei compagni e gli alberi cresciuti tra la strada che stavano percorrendo e la parallela, procedevano i kalinchevi, ordinati in una dozzina di lunghi battaglioni. Li seguivano i reparti releillici, rossi e bronzei sotto agli spezzettati raggi dei due soli. Sul fianco sinistro, invece, marciavano gli zenovianei e gli alarkhiine, estese colonne intervallate da varchi larghi e lunghi. Erano misure di precauzione per eventuali bombardamenti.

Gavriel soffiò uno sbuffo di fumo fuori dalle narici. Ora che la battaglia era arrivata, Fen li avrebbe di sicuro condotti alla vittoria. Aveva sangue di re nelle vene, roba che i magici dicevano avere del potere, quindi non poteva andare in altro modo.

Quante potevano essere le Punte xaeoniane a Kaulnas, però? Novantamila? Di più? Da un radiofonista releillico aveva sentito dire che forse erano poco sopra le cento-e-quarantamila anime. Un corpo d’armata, sì, ma niente di cui preoccuparsi, considerando gli altavistianici e i vaykhiine lanathei già in posizione a Kaulnas. E poi c’erano gli altri reparti, come il loro, in marcia per rinforzare le linee lì.

In una nota d’avviso i comandi avevano parlato di un esercito, ma non si erano dilungati sui dettagli. Forse non ne avevano sentito il bisogno.

Andrà tutto bene.

Una cinquantina di casupole arrangiate in cerchi sfilarono sulla destra, rompendo la monotonia del bosco. Si trattava di un paesino del quale ignorava il nome, addormentato lì tra gli altri. Le finestre aperte erano poche e qualcuno si muoveva oltre le tende.

In strada c’era una manciata d’anime, perlopiù vecchi. Gavriel ricambiò i loro sguardi con una scrollata di spalle. Un ruggito di motore ruppe il loro silenzio. Infilandos in un grande stormire di frasche, il rombo toccò terra con uno stridio metallico. Sbirciato il fondo nord-ovest del paese, Gavriel inarcò un sopraccglio.

Che cosa ci faceva un aereo, lì?!

«Vieni con me» disse Fen, buttandosi l’aralasket a tracolla. Tagliarono per il paese, dardeggiando tra gli anziani già in strada e la gente che lasciava le proprie dimore per andare a vedere il velivolo. Avvolto da una leggera patina di corrente azzurrina, l’aereo aveva adottato il battistrada come pista, fermandosi all’ombra d’una dozzina di grandi alberi. Era lungo e sottile, a forma di cuspide appuntita. I suoi reattori-tesla sfrigolavano pian piano, assordando il frinire delle cicale.

Il suo pilota stava uscendo dalla carlinga, sciogliendosi le cinture di sicurezza con nervosi strattoni. «Oi!» esclamò Fen, tirando un pugno all’ala destra. «Oi, pilota! Che succede?»

«Che le Punte vi stanno marciando contro, ecco cosa!» sbottò lui, scendendo con un balzo. Si staccò la maschera di volo, rivelando un viso sudato con una corta barba marroncina. «Ma non l’ascoltate la stramaledetta radio?»

Fen gli offrì la propria borraccia. «Non abbiamo ricevuto comunicazioni di sorta.»

«Per i Theo Sols, davvero? Niente di nulla dal vostro comando?»

«Neanche un sospiro.»

Il pilota gli rese la borraccia. Scoccò un cenno all’orizzonte, tracciando una linea che da nord-est sciabolava sulla linea d’oriente. «Ma io dico, ci sono tre colonne di xaeoniani che stanno marciando su di voi! Le ho fotografate, mi hanno quasi abbattuto e nessuno dei miei messaggi vi è arrivato?»

«Dammi le foto!»

Il pilota aprì la sua fotografica e ne trasse un mazzetto di ottagoni in film e cartonato rigido. Un drappello d’ufficiali kalinchevi, zenovianei e alarkhiine si unì, le mani pronte sulle sciabole anchant. «Dove ha visto le Punte, mishré?» chiese un barbuto generale kalinchevo, il più alto in grado tra i presenti. «Sei sicuro che la loro direzione di marcia ci stia venendo incontro?»

L’aviere annuì e Fen condivise gli scatti. Il generale kalinchevo li vaglio con una smorfia di sprezzo e le sopracciglia aggrottate, come se stesse toccando un carico di sterco. Considerando chi ritraevano, pensò Gavriel, non era assurdo.

«Quei barbari pensano di poterci sorprendere con un fiancheggiamento, ma li daremo la sveglia. Ou le hèlan, alors

«Scusatemi, generale, temo di non avervi capito.» Fen lo guardava in tralice. «Vorreste attaccarli?»

«Certo. Non siamo qui per cedere terreno o ritirarci. Si aspetteranno un ripiegamento da parte nostra e non saranno pronti per incassare un contrattacco.»

«I nostri ordini sono diversi.»

Il generale mise le foto in una tasca della sua giacca. «Sono appena cambiati, capitano. Daremo battaglia alle Punte, qui e ai nostri termini.»

Mosse a ridosso della spianata di Allòlures, le artiglierie campali dei kalinchevi aprirono il fuoco tre ore dopo, scatenando un fitto bombardamento contro il fianco sinistro della colonna xaeoniana più occidentale. 

Il grande tramestio prodotto dalla sua marcia cessò a scaglioni e il tamburellio dei calibri da ottantuno e novantacinque, autori di grandi vampate cerulee, scosse le fronde degli alberi.

«Folle vecchiaccio» mormorò Fen, in ginocchio in centro alla squadra. Guardava in cagnesco il generale kalinchevo, che se nee stava in piedi, dietro un folto muro di rami, a squadrare il nemico con il binocolo magnificante. «Ci farà ammazzare come una muta di cani.»

Scrollatosi un ramo di dosso, Gavriel tolse la sicura al suo fucile e calò la celata con uno schiaffo. La visuale gli si accese davanti agli occhi, piena di dati e numeri e simboli. Sbirciò oltre il fronte del canaletto, adocchiando le esplosioni che fiorivano all’orizzonte, ravvicinate e lontane.

C’era del movimento oltre la cortina di fuoco; schiere di figure in grigio-verde scuro, con indosso loriche scure, dardeggiavano tra la strada e la vegetazione, cercando di mettersi al coperto. Un paio di elmetti puntuti volarono in aria dopo un’esplosione.

Accucciatosi contro il fosso, Gavriel inastò la baionetta sotto l’aralasket. Una cascata di schiocchi riempì i confini del canaletto quando i suoi commilitoni lo imitarono, fissando e accendendo le daghe anchant.

Una lama venne sguainata e accesa, sfrigolando tra il fogliame e il verde dei rami. Il generale la sollevò, sfoderando anche una pistola. Si rivolse ai soldati nel canaletto. Prese un respiro profondo, spazzando il terreno con i suoi alti stivali neri. «Au l’avànt!»

Che diamine voleva dire?

«Allé!» gli fece eco qualcuno dei suoi, prima di squillare un lungo fischio. I loro commilitoni kalinchevi si catapultarono fuori dal canale, scalandone il fianco prima di correre fuori dal coperto boschivo. Per un secondo furono solo un confuso rivolo di figure rosse e blu, piegate dalla corsa e dal caldo. Fen urlò qualcosa e Gavriel si ritrovò a tallonarli, con lo zaino che gli premeva sulle spalle e il calcio dell’aralasket che gli pungeva il fianco.

Rallentò la corsa e allineò l’occhio al mirino. Il primo colpo scaturì, scintillando azzurrino, seguito da un’altra dozzina. Dal fronte xaeoniano provenne una fucileria di risposta e le orecchie di Gavriel si riempirono di fischi e grida. Si gettò su di un ginocchio e riprese a sparare, avanzando. Scorse uno xaeoniano scattare allo scoperto e lo folgorò con quattro colpi, poi una fila di spari gli esplosero vicino e si buttò a terra. Il ghiaino ruzzolò sotto di lui, picchiato da una catena di grandi esplosioni. Geysers di fiamma salirono verso le nuvole, sprizzando schegge tutt’attorno.

Altre esplosioni tuonarono nel bosco, catapultando tronchi schiantati decine di metri nel cielo. Dall’altro lato della strada si diffuse un lamento meccanico e un sospiro magnetico. L’aria s’annebbiò, trafitta dalle raffiche delle mitragliatrici e dal dardeggiare di batterie di razzi al plasma. Gavriel restò a terra per un momento, poi un tronco rovinò venti metri davanti a lui, annerito dal fuoco. Scattò al coperto e ci sbatté con la spalla, sentendo un boato di dolore percorrergli la spina dorsale.

«Gav!»

Si girò su di un fianco. Lennard era in ginocchio vicino a lui, con una mano infilata nel tascapane. «Sei ancora tutto d’un pezzo?»

«Devo essere scivolato…»

Lui esplose tre colpi. «Sul serio?!»

Nell’aria riverberarono un centinaio di spari e Lennard stramazzò sulla schiena. Un foro nero si era spalancato al centro del setto nasale, perforandogli il cranio. Uno dei suoi occhi si era sciolto e colava sul prato, sfrigolando al contatto con l’erba.

Serie: Il sovrano tra i pari


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Discussioni

  1. Leggendo questo racconto ho avuto l’impressione di essere nel bel mezzo di un campo di battaglia tra spari, granate ed esplosioni. Oggettivamente è scritto molto bene e lo stile si incastra egregiamente col genere. Si denota anche una grande consapevolezza di ciò che si sta raccontando. Finale di questo racconto d’obbligo ma reso molto bene con l’immagine dell’occhio che sfrigola. Bravo 🙂

    1. Ciao, Alice! Sono molto contento del tuo apprezzamento; se la scena è riuscita a farti sperimentare quello che vive Gavriel qui, allora è riuscita e posso dirmi soddisfatto!
      Con il massimale di parole che ho, mi viene il timore che la storia suoni troppo grigia, senza colore diciamo, ma finora non è successo. Continuerò così, allora!

      Sullo stile ti svelerò un aneddoto; l’ho ispirato a quello che usa Ernst Junger in “In Stahlgewittern”, tradotto Nelle Tempeste d’Acciaio, il suo racconto autobiografico dell’esperienza che visse come soldato e ufficiale tedesco sul Fronte Occidentale durante la Grande Guerra.
      Anche se Gavriel Hottarden filosofeggia meno di lui xD

      Con la morte di Lennard, presente sin dal primo episodio, si chiude l’inizio della fine della stagione; siamo alla prima schermaglia che i jenthaliani combattono dentro la “Battaglia delle Frontiere”, la battuta d’inizio della Grande Guerra delle Venti Volontà!

      Grazie ancora! **