Il delitto nel ritratto

«Tu credi ai fantasmi, George?»

«Mi hai fatto venire solo per chiedermi questo?»

Il volto del pittore mostrò un breve sorriso imbarazzato, e la sua espressione, pur senza proferire parola, parve scusare quella strana domanda rivolta d’improvviso all’amico. Ma poi riprese, mantenendo lo stesso sorriso.

«Credo che io ne abbia ritratto uno.»

L’imbarazzo nella stanza crebbe nel giro di pochi istanti, fino quasi a divenire una terza, invisibile presenza. Forse si avrebbe faticato a stabilire chi dei due la percepisse di più, ma una cosa era certa: non era l’imbarazzo la preoccupazione maggiore del povero pittore Basil.

«Vecchio mio, tu hai bisogno di un po’ di sana aria cittadina. Perché non vieni con me a Regent’s Park per una passeggiata?»

«Verrò, perché ne ho proprio bisogno, specialmente dopo la nottata di ieri. Ma prima lascia che ti mostri una cosa, dopodiché sarai tu stesso a voler ascoltare quanto ho da dirti.»

Detto questo, Basil accompagnò l’amico nel salotto, dove una tela coperta da un drappo bianco occupava il centro dello spazio. Il pittore, dopo essercisi avvicinato, esitò un attimo.

«Tu sai che cosa significa per me la pittura, George.»

E poi, senza aspettare una risposta, sollevò con cura e agilità insieme la pezza che occultava l’immagine della tela – tela che si rivelò essere un ritratto. Mentre Basil riponeva il drappo, George si avvicinò a quello che doveva essere l’ultimo lavoro del pittore. Era evidente che l’opera non era ancora compiuta: il viso raffigurato della donna non era definito in tutte le sue forme e linee. Tuttavia, la figura sullo sfondo sembrava compiuta eccome; e anzi, non appena gli fu chiaro chi fosse quella figura, una strana mescolanza di raccapriccio e disgusto si dipinse sulla faccia dell’osservatore.

«Per Dio, Basil! Per quale assurdo motivo ora ti sei messo a dipingere i morti? Quello è—»

«Non l’ho dipinto io!»

Se possibile, il volto di George si fece ancor più corrugato, e come il pittore aveva predetto, fu lui a esigere subito delle spiegazioni.

«Almeno, è quello a cui voglio credere… Ma adesso che so che lo vedi anche tu sono meno agitato.»

«Perché si trova lì, Basil?»

Alla domanda dell’amico, rivoltagli con quegli occhi fissi e spalancati nella sua direzione, Basil cominciò a balbettare qualcosa.

«Ieri sera ho invitato a casa Lady Whitcombe per farla posare per il suo ritratto. Era stata lei a insistere affinché questi incontri si facessero più frequenti; immagino che abbia fretta di vedere l’opera conclusa. Per due ore ho dipinto con un’ispirazione che raramente mi capita di avere, e fattosi buio mi sono accorto dell’estrema soddisfazione che nutrivo per questo mio lavoro. Ho scoperto che il viso di Lady Whitcombe comunica un mistero che è difficile da afferrare a occhio nudo, ma sulla tela traspare con una facilità che mi sbalordisce ogni volta. A tratti mi affascina; a tratti mi ripugna. Ma forse è proprio per questo che ne sono così attratto. Il contrasto, capisci? È nel contrasto che si nasconde la chiave. Mentre dipingevo, era come se mi stessi avvicinando a un segreto, poco a poco, ritocco dopo ritocco; un segreto che l’occhio da solo non poteva cogliere: per farlo aveva bisogno di un’opera di finzione, di una rappresentazione. E anche questo segreto era intriso di contrasto: avidità mischiata ad amore, appagamento diluito in senso di colpa. Credimi, George, se ti dico che le sensazioni che ho saggiato ieri sera non appartenevano davvero a me, ma ad una coscienza altra, che per quelle due ore ha preso possesso della mano che stringeva il pennello.»

Vedendo che il volto del suo interlocutore era andato sempre più impensierendosi in un’espressione grinzosa, il pittore proseguì sforzandosi di assumere un atteggiamento rilassato.

«Verrò subito al sodo, George. Dopo che Lady Whitcombe se n’è andata, la prima cosa che ho fatto è stata dare un altro sguardo al ritratto. È stato solo allora che ho notato alcune linee biancastre sullo sfondo che mi erano del tutto estranee: non ricordavo affatto di averle dipinte. Eppure non potevo averle realizzate per errore, perché erano troppo ordinate e rispettavano un senso nelle distanze che era impossibile attribuire al caso. Ma ho associato la cosa alla stanchezza, e dopo aver dato una sistemata a quelle linee ho finito per addormentarmi sul sofà. Il mio sonno si è interrotto poi verso mezzanotte, disturbato da alcuni schiamazzi esterni, e non serve che ti dica qual è stato il mio primo pensiero una volta sveglio. Accesi un paio di lumi, mi sono posizionato davanti al ritratto che avevo lasciato scoperto, e quello che ho visto è esattamente ciò che hai guardato tu adesso: non è cambiato di una virgola da ieri notte.»

«Vuoi dire che le linee bianche che avevi osservato prima di addormentarti sono diventate il ritratto di Lord Whitcombe?» fece George con una sottile ironia nella voce.

Basil non rispose, inducendo l’amico a continuare.

«E che questa “coscienza altra” che hai sentito fosse la sua?»

«George, lascia perdere le mie elucubrazioni di poco fa: concentriamoci sui fatti. Lord Whitcombe fu ucciso più di un anno fa senza che mai colpevole fosse trovato, e sebbene il suo fu un caso che sconcertò tutta Londra, io me ne dimenticai abbastanza in fretta. Allora come posso ora averlo dipinto nello stesso ritratto della moglie, senza che peraltro ne ricordi niente?»

A quella domanda, nessuno dei due amici trovò mai una risposta certa. Quel che è certo è che, quel giorno, fecero davvero una passeggiata nei pressi di Regent’s Park. Ma le loro immaginazioni faticavano a togliersi di dosso l’immagine del vecchio uomo nel ritratto, dipinto nell’atto di additare, in una silenziosa accusa, la donna che gli dava le spalle.

«George?»

«Sì, Basil?»

«Lord Whitcombe e Lady Whitcombe non avevano figli, vero?»

«Non ne avevano, e in seguito alla tragedia il testamento di lui assegnò alla vedova diversi beni.»

«Sai… non credo che lei vedrà mai il suo ritratto.»

Fu così che la tela venne bruciata e dimenticata, e la rappresentazione di un delitto impunito non divenne altro che una storia di fantasmi.

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Discussioni

  1. Ciao Gabriele, che storia… mi è piaciuta molto. Ci sono tutti gli ingredienti per una bella storia: suspense, un evento inspiegabile, un probabile omicidio e un presunto colpevole. Potresti svilupparla. Merita più attenzione questo brano 👏👏👏

    1. Ciao Tiziana, ti ringrazio! Ogni volta che invento una vicenda per un racconto breve, penso sempre a come questa avrebbe potuto svilupparsi in un’opera più lunga, e questa non ha fatto eccezione. Chissà, magari un giorno potrà trovare un più ampio sviluppo.

  2. Ciao Gabriele.
    Il gotico in una forma eccellente, a mio parere. Si nota da molti elementi, ma soprattutto dai dialoghi. “Il contrasto, capisci? E’ nel contrasto che si nasconde la chiave.” In questo passaggio ho vissuto il modo in cui Basil racconta l’accaduto, inizialmente balbettando, poi con una forza che lo lascia senza fiato.
    Davvero ottimo.

    1. Ciao Antonio, grazie della lettura e del commento 🙂 Fa piacere che la componente gotica sia passata bene. Devo ancora passare a leggere la tua ultima pubblicazione, prometto che faccio non appena possibile!

  3. Ma certo che ci credo hai fantasmi. È un bellissimo racconto scritto molto bene. In particolare i dialoghi. Sono fluidi e naturali, come devono essere. Sei stato molto bravo.

  4. Ciao Gabriele e bentornato su Open. Mancavano i tuoi racconti che, a mio parere, aggiungono sempre un tocco di classe alle già buone letture che si trovano sulla piattaforma.
    Il tuo testo propone un raffinato omaggio alla tradizione gotica anglosassone. La costruzione scenica è solida e il dialogo iniziale apre subito un clima di inquietudine e curiosità. La tensione cresce in modo misurato, sostenuta da un linguaggio colto e ritmato che ben si adatta all’ambientazione vittoriana.
    La caratterizzazione dei personaggi è efficace nella loro funzione narrativa.
    Particolarmente riuscita, a mio avviso, la gestione dell’oggetto-focus la cui rivelazione costituisce un climax ben orchestrato, seguito da un epilogo sobrio e suggestivo.
    Il tuo stile si distingue sempre per precisione lessicale con una prosa che privilegia l’immagine.
    Trovo nella scelta di lasciare irrisolta la componente sovrannaturale, un punto di forza che alimenta ambiguità, senso del mistero e valore simbolico dell’opera.
    Spero di leggere presto altro di tuo 🙂

    1. Ciao Cristiana, è un piacere trovarti qui! Ti ricordi il testo La voce della pioggia? Anche quello aveva un’ambientazione londinese/vittoriana: lo ricordavo con così tanto piacere che ho cercato di creare qualcosa di simile, ma con una modalità un po’ più sottile. Come dici, l’epilogo è sobrio (un termine migliore non potevi trovarlo) ed era mio preciso intento renderlo tale, in accordo con la tradizione letteraria di riferimento, quindi mi fa piacere che sia passato 🙂 In effetti, potrei farci una specie di raccolta di questi testi ambientati nella vecchia Inghilterra.. non sarebbe una brutta idea. Anche se purtroppo non sono molto prolifico ahaha

  5. Ciao Gabriele, era da tanto che non leggevo un tuo testo.Bello il tuo stile di scrittura. Intrigante la storia, alimentata da una tensione che lascia in sospeso il mistero. Un genere che non seguo spesso, ma credo che i tuoi racconti valgono un’ attenzione maggiore.

    1. Ti ringrazio della fiducia concessami, allora 🙂 Io adoro queste storie ricche di mistero e soprannaturale, tipiche di un certo vecchio gusto inglese, e qui ho cercato di crearne una che si rifacesse a vari autori del genere, oltre ovviamente a Il Ritratto di Dorian Gray con il nome del pittore 😉

  6. Anche a me l’atmosfera generale e il nome del protagonista ha fatto pensare per forza di cose a Dorian Gray. Poi questo stile così elegante e misurato ti si addice proprio e la battuta iniziale secondo me riesce a catapultare subito il lettore all’interno del racconto, veramente tutto ben riuscito alla grande 👏🏻

    1. Quella battuta iniziale è proprio da dove è partito tutto: sulla base di quella ho voluto costruire una storiella di fantasmi dal gusto inglese vittoriano. Nel trovare un nome a un personaggio pittore londinese, la scelta di Basil era quasi d’obbligo, visto che ho letto il romanzo di Oscar Wilde solo pochi mesi fa. Felice che tu abbia apprezzato lo stile che definisci elegante e misurato: due splendidi aggettivi che secondo me riassumono molto bene un certo filone di letteratura inglese otto/novecentesco, e di cui ho tentato qui di replicare la forma e, in parte, anche il contenuto. E sono ancor più felice per via del fatto che non sei solita leggere testi di questo tipo ma lo hai apprezzato comunque 🙂 Poi ho cercato di inserire anche un pizzico di Shakespeare nelle parole di Basil, ma questo riferimento era molto più velato.

  7. Ciao Gabriele! Il nome del protagonista mi ha fatto inevitabilmente pensare all’opera di Wilde. L’influsso del buon Maestro Poe non poteva mancare in questa storia di delitti, presenze e giustizia post mortem. Come al solito la scrittura è un gioiello di equilibrio e ho molto apprezzato l’inizio in medias res 👏🏻 Anche stavolta il soprannaturale si annida in una dimensione pittorica. Bellissimo 🤗

    1. Ciao Nicholas, un piacere come sempre trovarti qui :)Eh sì, avendo un personaggio inglese pittore non potevo non chiamarlo Basil ahaha
      L’influsso di Poe ormai mi è divenuto invisibile: non me ne accorgo neanche più quando c’è. Però qui in particolare mi sono fatto ispirare da M.R. James: in due suoi racconti, degli oggetti inanimati prendono vita per raccontare una tragedia passata. Anche Blackwood è presente, quando si parla di “coscienza altra”. E, a proposito di quel che dicevamo un po’ di giorni fa, ho tentato di inserirci anche Shakespeare a un certo punto: quando Basil parla di opera di finzione e rappresentazione per raccontare la realtà. Che poi, adesso che ci penso, è molto simile alla vicenda di Amleto, solo che qua lo spettro è dentro un quadro, e l’assassino è la moglie e non il fratello.
      Grazie per esserci sempre 🙂