
Il giardino di Madame Giseaux
La carrozza ondeggiava lentamente, smossa dal lento trotto dei cavalli. Gli scricchiolii del legno sulla stradina dissestata destarono il passeggero che si era finora lasciato cullare, in un rinvigorente sonnellino lungo quasi tutto il tragitto che portava alla campagna.
La vettura infine girò a destra, imboccando un piccolo viale che si inoltrava in una fitta foresta. Proseguì in quella direzione fino ad arrestarsi, dopo alcune centinaia di metri, davanti ad un grande cancello chiuso che si stagliava alla fine del viale.
Il passeggero sorrise soddisfatto mentre mirava la grande casa vittoriana che si ergeva al di là del cancello. Aprì con decisione lo sportello e scese i due gradini che lo separavano dal terreno. Congedò il vetturino, toccandosi il bordo del cilindro, lievemente inclinato sulla fronte, con il pomo del suo bastone da passeggio, e si avviò verso il cancello. Nel frattempo sopraggiunse un altro uomo, i cui abiti eleganti lo identificavano con eloquenza come il maggiordomo della dimora.
«Signor Billingham…» gli disse con voce pacata. «Siete atteso nella sala grande. Mi segua, prego.»
Il maggiordomo fece strada lungo un viale di ciottoli biancastri, sistemati con tale precisione da sembrare scolpiti uno ad uno. Billingham si guardò intorno, osservando le infinite sfumature di verde e marrone degli alberi e delle piante circostanti.
«È davvero splendida…» osservò l’aristocratico. «Grazie, signore», replicò il maggiordomo senza voltarsi. «Sebbene la costruzione risalga a due secoli fa, le sue linee sono ancora attuali. Madame sarà lieta del vostro apprezzamento; il suo amore per le piante ha reso i giardini un vanto personale.»
«Vi confesso che la curiosità di visitare la dimora mi ha tolto quasi il sonno di recente.»
«Se posso osare, immagino siate interessato ai suoi estratti.»
«Non osate affatto, in effetti avete indovinato.»
Il maggiordomo accennò un sorriso «E sono altresì certo che abbiate osservato le regole che vi erano state raccomandate.»
«Nessuno sa che sono qui, non temete. Ho mantenuto il più assoluto riserbo.»
«Molto bene.»
Il maggiordomo si addentrò nell’androne, seguito da Billingham.
«Per di qua…» disse, svoltando a sinistra in fondo a un breve corridoio.
Si fermarono davanti a una grande porta di legno rossastro, intarsiata con fili dorati che correvano lungo tutta la superficie come radici sotterranee. «Attendete qui, prego.»
Il maggiordomo posò entrambe le mani guantate sulle maniglie delle ante e delicatamente le aprì, muovendosi con passi silenziosi nella sala.
«Il signor Billingham per voi, Madame…» disse, esibendo un inchino delicato. «Fallo accomodare, Bertrà nd.»
Belle Giseaux era in piedi davanti a un grande camino di pietra, con gli occhi rilucenti dei tremuli riflessi delle fiamme. «Signor Billingham, che gentile a farmi visita.»
«Madame, credetemi, è un assoluto piacere. La sua dimora è una meraviglia per gli occhi.»
La padrona di casa sorrise. «Si accomodi, gradisce del tè?» chiese, invitandolo a seguirla.
«Volentieri.»
Dopo pochi convenevoli uscirono all’aria aperta, attraversando una porta sul lato opposto all’ingresso principale che dava su uno spiazzo al cui centro sorgeva una fontana dagli incantevoli giochi d’acqua. Alle spalle della fontana si apriva un verde dedalo di piante che fungeva da anticamera per i suoi giardini.
«Avevo sentito delle storie riguardo a questo luogo, Madame.»
«Spero non troppe» replicò la donna, camminando con le mani giunte in grembo.
«I suoi unguenti e i suoi estratti sono molto rinomati nei parlour della città . Ma devo ammettere che non rendono giustizia alla reale bellezza di queste piante. Sembra davvero di trovarsi in una località esotica.»
«Sono più di duecento specie e ho coltivato ogni pianta con cura e amore, come potete immaginare.»
«Ma sono tutte…»
«Carnivore, sì.»
Billingham ebbe un fremito. «Come è riuscita a realizzare tutto questo?»
«Ho un mio metodo particolare.»
Più avanti, piccole piante di un verde luminoso spuntavano dal terreno. «Questi sono esemplari di Dionaea, conosciuta come l’acchiappamosche…» Belle Giseaux rise. «Vede queste bocche dentate? Permettono loro di catturare gli insetti e di cibarsene.»
Poco più avanti, si trovavano piante più grandi con sfumature violacee e bulbi sulla superficie. «La Drosera, della famiglia delle Droseraceae. I bulbi sono trappole adesive che catturano e avvolgono la preda per digerirla.»
«Come fanno ad essere così grandi?» domandò stupito l’ospite.
«Ci vuole pazienza.»
Giseaux si addentrò in una rientranza. La luce filtrava fra le fronde e guidava lo sguardo verso una enorme pianta nascosta.
«Per tutti i numi del cielo!» esclamò Billingham, davanti alla maestosità di quella visione.
Belle Giseaux sorrise compiaciuta «Questa è la mia preferita. Mi sono recata fino in Australia per trovarla. La Nepenthes.»
«È… è stupenda», osservò Billingham. Fece per sfiorarla ma esitò. «Posso?»
Un lampo di eccitazione attraversò lo sguardo di Belle Giseaux. «Certamente.»
L’uomo toccò una delle foglie, incuriosito dal suo delicato movimento. Improvvisamente, la Nepenthes tremò e le sue fauci si serrarono con un suono sordo e inquietante. Billingham cercò di allontanare la mano, ma era come impedito dalla grande stretta: la pianta, con movimenti rapidi e sorprendenti, lo iniziò a trascinare verso il bulbo centrale.
«Madame, mi aiuti la prego!»
Belle Giseaux rimase ferma, con le mani giunte, «la caratteristica fondamentale delle mie piante, signor Billingham, è il fascino che generano in chi le osserva.»
L’uomo si dimenava violentemente, ma la forza della pianta era inaspettata; le foglie adesive lo circondavano, avvolgendolo con precisione chirurgica e il profumo dolciastro della linfa saturava l’aria.
La donna si avvicinò con passo lento, osservando con occhi scintillanti e un sorriso enigmatico,
«e il fascino è legato ai nutrienti che fornisco loro, e di cui oggi vi sono immensamente grata.»
Un ultimo sussulto, un grido strozzato, e la Nepenthes inghiottì completamente il malcapitato, lasciando spazio al fruscio delicato dei giardini e al gorgoglio della fontana.
Belle Giseaux tornò sui suoi passi e trovò il maggiordomo, in attesa sulla soglia della residenza.
«Credo che avremo davvero un ottimo estratto, Madame.» Le disse.
«Come sempre, Bertrà nd» replicò lei entrando in casa.
Avete messo Mi Piace2 apprezzamentiPubblicato in Horror
Le piante carnivore hanno sempre un certo fascino: incuriosiscono, attirano, suscitano timori e fantasie. Da noi, le piú comuni si trovano nell’ orto botanico di Cagliari. In questo tuo racconto si intuisce facilmente quale sarà la fine del visitatore, dopo il fremito alla vista di quelle piante enormi, tutte carnivore, avendogli raccomandato di non far sapere a nessuno della sua visita.
La curiositâ mi ha spinto a saperne di piú su questa leggenda a cui, forse, ti sei ispirato. “La pianta mangia uomini del Madagascar”. Uno spunto trasformato, con un ottimo stile e una descrizione suggestiva, in un breve e interessante racconto horror.
“Un lampo di eccitazione attraversò lo sguardo di Belle Giseaux. «Certamente.»”
Frase a effetto, davvero ben riuscita che delimita le due parti del racconto. Descrizione e azione.
Descrizioni accurate e cinematografiche accompagnano questo tuo racconto che, personalmente, ho trovato bellissimo. L’apertura sulla grande villa dà respiro al lettore e il finale soffocante, lo toglie.
Mi è piaciuta la caratterizzazione dei personaggi e come li hai saputi illustrare attraverso, soprattutto la loro gestualità . Interessanti i particolari delle mani che identificano ciascuno di loro.
Spendo una nota sul tuo linguaggio ricco e accurato. Credo che sia un particolare di cui non dovremmo mai scordarci. A mio parere, un testo ben riuscito.
L’unica piccolissima nota negativa di questo racconto davvero molto bello è stata, almeno per me poi forse agli altri non fa quest’effetto… sarà perché io leggo tanto forse boh, una certa prevedibilità del finale: Sai com’è quando so già cosa sta per succedere in quello che è supposto essere un grandioso colpo di scena finale… si annacqua un po’ il piacere ma a parte questo complimenti vivissimi per il racconto.