
Il macigno di Piero
Serie: L'eredità di Giacomo
- Episodio 1: La casa in valle
- Episodio 2: Solo una leggera inquietudine
- Episodio 3: Trasformazioni
- Episodio 4: Non si viaggia mai col fumo in tasca
- Episodio 5: Tasselli al loro posto
- Episodio 6: Il desiderio di sognare
- Episodio 7: Lettera dall’aldilà
- Episodio 8: Bel pippone ti sei tirato
- Episodio 9: Gita nell’aldilà
- Episodio 10: Sbucciare le patate per guadagnarsi il pasto
- Episodio 1: Quattro chiacchiere col morto
- Episodio 2: La vita, il bello e il bene
- Episodio 3: Modulo Umano Standard
- Episodio 4: L’intrusione
- Episodio 5: Capire il passato per vivere il futuro
- Episodio 6: Rimpianti, domande e speranze
- Episodio 7: Tutti abbiamo qualcosa da farci perdonare
- Episodio 8: Ceres? Come la birra?
- Episodio 9: Condanna all’oblio
- Episodio 10: Il macigno di Piero
STAGIONE 1
STAGIONE 2
Un brivido di freddo mi svegliò: ero sul lettino del laboratorio in maglietta e calzoncini corti. Pensai, solo per un attimo, alla strana assenza di Jurgen ma immaginai che anche lui, vinto dalla stanchezza e felice del positivo epilogo, stesse dormendo il sonno dei giusti. Salii in camera e mi avvolsi nel piumino, mi sentivo leggero ed euforico e con quella sensazione di benessere mi riaddormentai senza che nessun fantasma del passato venisse a turbare il mio sonno.
Mi svegliò Smoke on the Water, la suoneria che avevo assegnato a Piero.
«Sei vivo?» esordì.
«Fottiti Piero, erano anni che non dormivo come un bambino. ‘azzo vuoi?»
«Urca! Pensavo di essere l’unico che si comporta da buzzurro appena aperti gli occhi, ma mi dà gioia sapere che anche tu non hai nessun riguardo per chi si preoccupa per te.»
«Si dai, finiscila, ci vediamo dopo a pranzo―»
«Eh, bamboccione, ho già bevuto il caffè, sono quasi le due del pomeriggio!»
«Uh, avevo arretrati di sonno. Grazie per averli interrotti. Ma di preciso cosa vuoi da me?»
Cominciavo a connettere e apprezzavo che il mio amico avesse voluto sincerarsi delle mie condizioni, ma non potevo certo dargliela vinta subito: quelle schermaglie erano parte essenziale della nostra giovane amicizia.
«Volevo fare due passi con te, due chiacchiere tra amici, ma non preoccuparti, possiamo fare un’altra volta.»
Percepii una sottile, ma nitidissima, richiesta di aiuto che non potevo, e non volevo, in nessun modo ignorare.
«Mi lavo gli occhi e arrivo. Hai ancora caffè e brioches?»
«Caffè si, le brioches le han mangiate i ragazzi della centrale, ma c’è la crostata coi mirtilli fatta da Marisa.»
«Bene, prenoto tutta quella che hai lì. Ora scendo.»
Ringraziai mentalmente gli operai che avevano preferito le brioches al dolce coi mirtilli e mi gustai la colazione. Piero aspettò pazientemente che finissi.
«Ho chiesto giornata libera a Marisa, voglio portarti in un posto che amo e che piacerà anche a te. Ho preparato tutto, basta che sali in macchina e partiamo.»
Mentre Piero caricava gli zaini sul retro del pickup andai a salutare Marisa.
«Stagli vicino,» mi sussurrò all’orecchio «ogni tanto è fragile.»
La baciai sulle guance e la rassicurai.
Piero scese verso il paese e giunto al ponte sul Chiese imboccò una strada sterrata che saliva sul versante opposto della valle. Era silenzioso e attento alla guida. Dopo circa mezz’ora fermò il mezzo su una piazzola a lato della via.
«Potremmo arrivare in macchina fino in cima, ma voglio che tu prenda contatto col posto. Non ti farò camminare molto e la salita non è impegnativa. Prendi lo zaino blu che è più leggero.»
Il bosco terminò dopo poche centinaia di metri e lasciò spazio a verdi pascoli intervallati da cespugli di rododendro che iniziavano la fioritura. La poca esperienza acquisita nelle escursioni delle ultime settimane mi permise, comunque, di valutare a che altitudine fossimo: il diradare degli abeti, l’erba bassa dei pascoli, la presenza di qualche larice, dei rododendri e del mugo me la fece stimare in 1800 metri. Quando arrivammo fui compiaciuto nel leggere: “Malga Cengia Alta – 1837 m.”
Piero aveva la chiave e aprì la porta: “Benvenuto in paradiso” disse sorridendo.
L’interno era dominato dall’immancabile caminetto che serviva sia a riscaldare l’ambiente che a cucinare la polenta. Il resto della stanza era occupato da una grande tavola e da una credenza piena di piatti, bicchieri e stoviglie. Il materiale dominante, a parte i muri in granito, era il legno, larice, specificò Piero decantandone le qualità.
«Apri questa,» mi disse passandomi una bottiglia di Gewűrz Traminer «io intanto accendo il fuoco e comincio a preparare la cena.»
«Posso aiutarti?»
«No, tu sei qua per ascoltarmi. Appena prendo coraggio comincio. Ti dirò cose di me che nessuno conosce, non ho fratelli e nemmeno amici tanto cari da meritare le mie confidenze. Tu mi sei piaciuto subito, Thomas, anche se la prima volta che ti ho visto mi sembravi una pecora con quei capelli rasta.» Strinse leggermente gli occhi: «Non sono bravo con le parole, lo scrittore sei tu, e se inciampo non interrompermi, che perdo il filo.» Fece un gran respiro e iniziò a raccontare: «Avevo vent’anni e Marisa uno meno di me, eravamo morosi fin dalle scuole medie. A lei riusciva facile lo studio, a me no, ero una capra in tutto: matematica, lettere e storia non facevano per me, ma ai fornelli mi trasformavo e i piatti che cucinavo mi fecero ottenere un lusinghiero diploma all’istituto alberghiero. Un mio insegnante, che per anni era stato cuoco sulle navi da crociera, parlò molto bene di me a un suo collega e mi venne proposto di imbarcarmi come aiuto cuoco. Era una grande occasione che non potevo ignorare. Marisa non ne era felicissima, ma la promessa che il distacco sarebbe durato pochi mesi le fece accettare la mia scelta. Venti giorni prima della partenza capì di aspettare un bambino e io, maledetto, la convinsi che quella gravidanza inaspettata ci avrebbe rovinato la vita. Per farla breve, fu tutto un disastro: sulla nave mi sentivo in prigione, mi mancava Marisa, la mia gente, la valle e le montagne. Fuggii già alla fine del primo viaggio, una crociera di tre settimane nel Mediterraneo. Tra noi tutto sembrava come prima, anzi meglio, l’amore non era diminuito e così ci sposammo. Per anni tentammo di avere dei bambini, ma senza risultati; un dottore ci disse che con l’aborto qualcosa era stato compromesso e che c’era ben poco da fare. Il rimpianto ci rendeva pesante il vivere e, anche se il tempo stempera il dolore, qualche volta quel macigno ci schiaccia ancora. Marisa non me lo ha mai rinfacciato, ma io so che è colpa mia e quando la vedo triste mi sento di averla tradita, per niente. Il suo desiderio era fare la maestra, sposarmi e avere dei figli da crescere e invece.»
Piero si interruppe, aveva gli occhi lucidi e la voce incrinata.
Mi era impossibile non fare un parallelo tra la loro vicenda e la mia con Marta, ma, comunque la guardassi, io mi sentivo molto più colpevole di Piero.
Serie: L'eredità di Giacomo
- Episodio 1: Quattro chiacchiere col morto
- Episodio 2: La vita, il bello e il bene
- Episodio 3: Modulo Umano Standard
- Episodio 4: L’intrusione
- Episodio 5: Capire il passato per vivere il futuro
- Episodio 6: Rimpianti, domande e speranze
- Episodio 7: Tutti abbiamo qualcosa da farci perdonare
- Episodio 8: Ceres? Come la birra?
- Episodio 9: Condanna all’oblio
- Episodio 10: Il macigno di Piero
Che bella questa confessione, Giuseppe e quanto è difficile lasciarsi andare quando dentro si ha un macigno. È difficile sia scegliere la persona giusta con sui confidarsi, ma anche e soprattutto, riconoscere un proprio errore.
Forse, l’amicizia ‘giovane’ aiuta, in quanto ci si sente meno giudicati non avendo mai condiviso nulla. L’atteggiamento dei due è di totale fiducia e penso che il protagonista sarà il prossimo a decidere di aprirsi con l’amico.
Scritto davvero bene, come sempre, con belle descrizioni dei luoghi e ottimi dialoghi.
Ah, un’ultima cosa prima di andarmene: io non sono astemia 😀
Un altro episodio coinvolgente. Il segreto svelato da Piero, mi dà la sensazione che riveli un grado di confidenza, fiducia e stima che stanno alla base di ogni amicizia vera. Un altro racconto che arricchisce l’aspetto umano della storia. Mi sorge un dubbio: Thomas sarà condizionato dalla confessione del suo amico?
Davvero un bel racconto Giuseppe, si lascia leggere tutto d’un fiato. Complimenti come sempre!
“Percepii una sottile, ma nitidissima, richiesta di aiuto che non potevo, e non volevo, in nessun modo ignorare.”
Vero, alcune volte le persone richiedono il nostro aiuto in modi sottilissimi, quasi impercettibili da noi.
Smoke on the water è stata la suoneria del mio primo cellulare del ’99 che ho inserito manualmente nota dopo nota. Giuseppe, come gusti musicali siamo in sintonia, di quel vino speziato profumato che chiamano Gewürztraminer non me ne intendo, sono astemio. Purtroppo non mi intendo neanche di scrittura, però ti leggo sempre con piacere.
Quindi non ho la possibilità di alzare un calice con te? Che peccato Fabius! Se mi leggi con piacere significa che di scrittura te ne intendi! 😉