
Il risveglio
Serie: Appena sotto la caviglia
- Episodio 1: Il risveglio
- Episodio 2: L’amore
- Episodio 3: La ferita
- Episodio 4: Il cambiamento
STAGIONE 1
Sentivo il suo piede sul mio, lì appena sotto la caviglia.
Era un sensazione soffice, un tocco leggero fra la sua pelle e la mia, e le lenzuola che sembravano stese come un pasticcerie adagia la mousse sul proprio dolce.
Noi, appena sotto la caviglia, eravamo dolcissimi.
Mignoli e grovigli di noi appiccicati, uniti e annodati come solo un corpo dopo aver fatto l’amore sa esserlo.
Le lenzuola di crema colore e crema di sostanza erano le mie, le presi poco prima di quei diciotto anni raggiunti con stupore e mai proprio mai avrei pensato di condividerle con un compagno, con un uomo, mai avrei pensato di condividerle con chi mi avrebbe vista nuda, inerme, delicata, rossa e pallida.
Avevo immaginato per quei momenti lenzuola più vecchie, diverse, diluite in un tempo più lontano e dilatato di quei mie vent’anni da poco arrivati e da poco passati.
L’amore è sempre qualcosa che si immagina lontano da noi.
Due pareti di vetro unico irradiavano di sole i nostri corpi metà scoperti e metà celati, uccellini di tarda mattina intonavano una melodia che solo noi potevamo sapere a memoria, solo noi che abitavamo lì, insieme, e che appena sotto la caviglia ogni mattina ci trovavano assieme, arruffati d’amore, esausti di sonno o arrabbiati di noi.
Ogni tanto mi svegliavo prima di lui e come un ladro che non vuole farsi scoprire sveglio nella notte, io non volevo farmi scoprire sveglia di luce prima di lui, anche se succedeva spesso, perché volevo con ogni fibra di me poter vedere come pian piano il sole faceva capolino sul suo lungo corpo per poi investirlo tutto e di colpo, a pieno. Totalmente.
Con il sole del mattino i suoi capelli erano come un fiotto pieno, denso e poco penetrabile di miele scuro, amaro e solo ogni tanto riflesso di ambra.
Aveva ciuffi di capelli ovunque, sopra le sopracciglia naturali e poco curate e poi scendevano dritti sotto l’occhio e oltre, toccavano il mento e mi piaceva come essi lo stuzzicavano, si rivoltavano sul cuscino come il ricciolo poco riuscito di un pacchetto regalo, mossi ed eleganti arrivavano poco più sotto sino alle spalle, sembravano come piccole foglie d’autunno sparse un po’ ovunque, convulse e casuali che adornavano il cuscino ricamato con decori di oro tenue.
La schiena, alto com’era, era il suo pezzo più lungo di corpo e poi ancora più giù pallore accennato e inizio di pensieri proibiti, pronunciati e rotondi, e le gambe lunghe anch’esse erano sparse per il letto con una totale dissimmetria, prendeva ogni angolo vuoto per riempirlo di sé e del suo prorompente corpo, per finire come sempre, appena sotto la caviglia, con i piedi scoperti e completamente fuori dal materasso.
Ogni volta era una sfida trattenere il fiato per non svegliarlo. Per non baciarlo.
Lo guardavo tra la pelle scoperta e il sole e appena percepivo il suo respiro più sveglio, mi rigettavo in quella crema di coperta, in quella morbidezza di noi, appoggiavo il suo piede al mio, appena sotto la caviglia, e facevo finta di dormire ancora. Poco credibile e alquanto ridicola, era però bello cominciare la mattinata con la frenesia di scoprirsi, ogni volta, burloni di noi.
“Amore, tanto lo so che sei sveglia.”
Poi si girava con la consistenza di un sommergibile e mi si appiccicava contro la schiena, mi serrava i seni con le braccia, il suo naso contro il collo. Come un polipo che ha mille tentacoli, ogni volta da lui mi sentivo incredibilmente avvolta, intrappolata, incredibilmente innamorata.
Mi girò il volto, entrambi le sue mani sulla mia guancia.
Aveva voglia di me.
“Amore dai, sono ancora mezza rimbambita.”
Sapevo che tanto non mi avrebbe ascoltato. Era già perso di me. Aveva gli occhi fra il collo e il seno, la lingua sulla pelle, le mani sui fianchi, il mio abbraccio nel suo abbraccio, fino a che in un attimo non fummo davvero uniti uno nell’altro. E lì appena sotto la caviglia non c’era più distinzione fra il suo piede ed il mio.
I suoi ciuffi e le mie ciocche, ambra e miele, oro e rame erano l’unico cuscino che ricordavo potessimo avere avuto in quella mattina, dopo tra il suo bacino ed il mio furono solo occhi chiusi e sentore di sole nella pelle sudata, parole gridate e poi di nuovo sussurrate piano, respiri corti e poi accennati, mani ovunque, la sensazione di non aver più il controllo del proprio corpo ma essere librati verso un volo senza ali, una completa perdita di cognizione del tempo.
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- Episodio 3: La ferita
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