Il solo modo che conosco
Serie: Il solo modo che conosco
- Episodio 1: Cambiamenti
 - Episodio 2: Il rivolo sottile
 - Episodio 3: Sfide
 - Episodio 4: Quei paesi che finiscono per ATE
 - Episodio 5: Punti di osservazione
 - Episodio 6: Nessuna ragione per non farlo
 - Episodio 7: Qualcosa in comune
 - Episodio 8: Non oggi
 - Episodio 9: Svolte
 - Episodio 10: Per la prima volta
 - Episodio 1: Coriandoli
 - Episodio 2: Privilegi
 - Episodio 3: Finestre
 - Episodio 4: Il cerchio intorno alla preda
 - Episodio 5: Impronte
 - Episodio 6: Equilibrio
 - Episodio 7: Abitudini
 - Episodio 8: La bottiglia vuota
 - Episodio 9: Fotografie
 - Episodio 10: Non dirlo a nessuno
 - Episodio 1: Uno che scrive
 - Episodio 2: La finestra sul cortile
 - Episodio 3: Inciampi
 - Episodio 4: Il corredo delle mie insicurezze
 - Episodio 5: Buoni propositi
 - Episodio 6: L’evenienza di ricredersi
 - Episodio 7: Meriti
 - Episodio 8: Rane
 - Episodio 9: Una perfetta occasione mancata
 - Episodio 10: Il solo modo che conosco
 
STAGIONE 1
STAGIONE 2
STAGIONE 3
Cos’altro è rimasto da dire?
Il giorno dopo, quello è stato l’ultimo giorno di viaggio.
Ho fatto colazione con gli stessi vestiti della sera prima, tanto ormai si è capito che il mio concetto di pulito è una rete dalle maglie larghe e strappate. Nella stessa sala della sera prima, con lo stesso pane della sera prima.
Dopo aver mangiato sono tornato in camera, indossando i pantaloni da moto nelle cui trame percepivo ancora buona parte dell’umidità accumulata, che avrei asciugato strada facendo. Quell’umidità per la quale il phon aveva perso la vita nello sforzo supremo, lui che ora giaceva sepolto nel cassetto del comodino, tra un Bibbia della Mondadori con la prefazione di Paolo Rossi e un fornelletto antizanzare che da lì a poco avrebbe preso servizio a tempo pieno.
Da basso la donna anonima mi aspettava con il borsellino aperto, pronto a ricevere i miei soldi, forse anche ad elargirmi del resto.
«Mi spiace, oggi il terminale non funziona, solo contanti. Sa, capace che sia stato il temporale…»
«Ma qua mica ha piovuto.»
«Eh ma da ste parti è così, tutto collegato…»
«Certo, è il famoso Butterfly Effect, no? Una farfalla sbatte le ali in Brasile e si scatena un uragano in Val Camonica.»
«Eh, sì, l’ho sentito anch’io, dev’essere quella storia lì. Le serve la ricevuta? Perché se serve, io gliela faccio sa?»
«Signora, lei così mi offende. Una stretta di mano andrà più che bene. Non sono certo qua ad impuntarmi sulle formalità. Piuttosto, è sempre chiusa la strada per scendere al lago? Devo tornare da dove sono passato ieri?»
«Non lo so. Lei da dove è passato?»
«Da dove mi avete detto di passare quando mi avete scritto due giorni fa: da qua dietro. Si ricorda? Per via dei lavori.»
«Eh ma ieri ha visto che pioveva?»
«Sì, vagamente.»
«E alùra I öperài ‘n i laüra mía quànd che ‘l piöf.»
«Me ne guarderei bene anch’io. Quindi posso scendere per la strada principale?»
«No, non vede che bella giornata? Incö gh’é ‘l só e i öperài laüra. A gh’è mía da stà coi man in man.»
«Certo che no» le ho risposto io, fischiettano O mia bela Madunina mentre cercavo il contante per pagare. «Bene signora» le ho detto consegnandole il denaro, «davvero grazie di tutto.»
«È il nostro lavoro, si figuri. Speriamo di rivederla presto.»
«Non mancheranno le occasioni.»
Fuori splendeva un sole come se il giorno prima non fosse successo nulla, esattamente come aveva detto quella donna i cui tratti del viso già si disfacevano dalla mia memoria come quando da bambino tiravo i fili dei maglioni di lana fatti a mano da mia madre, quelli dei quali non era soddisfatta.
Ho percorso a ritroso la strada del pomeriggio precedente, che sotto la luce del primo mattino rifletteva le tonalità di vasellami antichi ricoperti da uno strato di vernice dorata, per poi immettermi sulla Statale 42 che è presto diventata la Provinciale 510, diramazione della strada principale.
Ho guardato il lago d’Iseo dall’alto, un punto di vista così diverso e distante rispetto a quando, l’anno prima, l’avevo percorso per intero con le ruote che quasi sfioravano il pelo dell’acqua, in una mattina luminosa prima di andare a pranzo con amici, morso dall’ansia di non arrivare in tempo ma al contempo restio ad abbandonare quello spettacolo.
Quando è finito il lago, con lui se ne sono andate anche le ultime pendici delle montagne, e mi sono ritrovato di nuovo davanti a quella sconfinata pianura, diversa ma in fondo sempre lei, quella che avevo attraversato solo qualche giorno prima in direzione opposta, facendo lo slalom tra sindaci alieni, città denuclearizzate, ristoranti di mare da cui tenersi distanti, centrali elettriche e fiumi vicino ai quali trovare un po’ di ristoro e frescura, ad osservare la gente del posto.
In una mattina che senza nemmeno accorgermene si è trasformata in un caldo pomeriggio, i pantaloni che ormai nemmeno se la ricordavano più l’acqua presa il giorno prima, con le cerniere di areazione della giacca completamente aperte sono passato attraverso scorci che sebbene non mi siano del tutto sconosciuti non smettono mai di affascinarmi. Quelle strade troppo strette e diritte che hanno contribuito a far diventare Ligabue quello che è diventato, che ascoltarle solamente nelle sue canzoni non era stato sufficiente a farmele comprendere fino in fondo.
E alla fine, quando sembrava impossibile potesse accadere, assuefatto da tutto quell’orizzonte, anche la pianura si è esaurita. In maniera naturale, come si esaurisce una vita che da bambini sembra dover essere eterna e al contempo, da qualche parte, un’altra comincia.
È tornato l’Appennino Ligure, col suo cipiglio austero e il suo profilo tormentato, fatto di curve strette, di salite irregolari e discese ripide. Ma anche di boschi e colori che se sei dell’umore giusto ti possono regalare un sorriso incantato e farti cadere una lacrima emozionata nello stesso momento.
Sono sceso giù dal Passo del Bocco, il mio preferito da queste parti, con l’ultimo sole della giornata che filtrava tra le fronde di faggi e abeti e riversava sull’asfalto chiazze di luce che mi sono divertito ad inseguire, provando a raccoglierne un po’ col battistrada, da fare asciugare andando, pian piano, come dopo essere passati sopra una pozza d’acqua.
Quando alla fine, dopo tanto piegare, ho pensato che forse in tutto quel viaggio un po’ di tecnica l’avevo acquisita, mi sono fermato ad un bivio. Quello ad una manciata di chilometri da Chiavari, che il giorno in cui ero partito avevo inforcato andando a sinistra, e che adesso mi rivedeva ma arrivando da destra. Come se tutto quel guidare, quel pensare, quel raccogliere legno e stoffa non fosse stato che un giro in tondo, la cui meta era stata nient’altro che il punto di partenza.
Ho reinserito la marcia con il serbatoio quasi vuoto e la testa zeppa di idee, pensando che se avessi dovuto metterle giù tutte mi ci sarebbe voluta un’estate intera, e magari pure qualcosa di più.
Quello è stato il momento in cui sono partito per il mio nuovo, prossimo viaggio.
L’ho fatto nel solo modo che conosco.
Serie: Il solo modo che conosco
- Episodio 1: Uno che scrive
 - Episodio 2: La finestra sul cortile
 - Episodio 3: Inciampi
 - Episodio 4: Il corredo delle mie insicurezze
 - Episodio 5: Buoni propositi
 - Episodio 6: L’evenienza di ricredersi
 - Episodio 7: Meriti
 - Episodio 8: Rane
 - Episodio 9: Una perfetta occasione mancata
 - Episodio 10: Il solo modo che conosco
 
		
Finalmente ti vediamo insieme a Greta, che si gode il meritato riposo (fino alla prossima…)
Volevo sottolineare una frase, ma non me lo lascia fare. Allora faccio copia incolla.
“E alla fine, quando sembrava impossibile potesse accadere, assuefatto da tutto quell’orizzonte, anche la pianura si è esaurita. In maniera naturale, come si esaurisce una vita che da bambini sembra dover essere eterna e al contempo, da qualche parte, un’altra comincia.”
Stavo ancora ridendo per lo spassosissimo dialogo con la tizia della Valcamonica, poi sono arrivata qui è mi è salito il magone. Ma un magone buono. Ho pensato a tutte le svolte, i passaggi, le fini e gli inizi, perchè c’è sempre un prima e un poi, in ogni viaggio, come in ogni esperienza. E niente finisce mai davvero, perchè è vero che inizierà un nuovo viaggio, ma è anche vero che il ricordo di ciò che è stato starà con noi e farà parte dello sguardo con il quale affronteremo i viaggi futuri. Un pò come dire che è vero, non torneremo mai bambini. Ma in un certo senso, ogni volta che lo ricorderemo, torneremo ad esserlo sempre.
Eh niente. sai scrivere davvero bene.
Accidenti Irene, che emozione il tuo commento. Grazie di avermelo dedicato.
Non c’è niente da fare… probabilmente, e per le prossime serie dovrò tenerlo in conto, ogni volta che uno dei tuoi viaggi termina mi rimane un senso di nostalgia. La stessa sensazione l’avevo avuta alla fine di quella in cui hai raccontato dell’esperienza come obiettore.
Mi pare di averlo già scritto in uno dei primi capitoli, ma lo ripeto: per me, le tue serie andrebbero stampate su dei libricini tascabili e letti durante i viaggi in attesa di arrivare alla meta. O di tornare da dove si è partiti.
Grazie Mary! Che bel pensiero. Me lo tengo stretto.
Complimenti Roberto: un ottimo finale per questa serie ben riuscita di un viaggio avventuroso, ironico nei racconti, pittoresco nelle descrizioni dei luoghi, notevole nell’ evoluzione dello stile che hai saputo affinare, con l’impegno costante e con la passione che – se non ce l’ hai – tanto avanti a scrivere non vai.
Grazie Maria Luisa, un complimento che mi fa molto piacere, così come sapere che tu abbia apprezzato la storia.
C’è sempre un po’ di tristezza quando un viaggio termina, anche se hai raggiunto vette, anche se hai scoperto cose di te che fingevi di non conoscere… perché è un’avventura prima immaginata e poi vissuta e non sarà ripetibile, ce ne saranno altre, certo, ma saranno diverse e tu più consapevole, smaliziato, esperto. Ti ringrazio, Roberto, per questo viaggio tra i “barbari” che amo e quando posso frequento anch’io e che spesso, tornando, rimpiango. Ora attendo un tuo nuovo partire, anche solo con la penna, perché so che, come sempre, troverò piacere nel leggerti.
Grazie Giuseppe, sai sempre centrare e il punto e sì, ti prometto che ci saranno nuovi viaggi come li vuoi tu, o che almeno ci proverò.
Molto carino!
Grazie Kenji, sono contento che ti sia piaciuto.
Un bel viaggio Roberto, per una che non sa andare nemmeno in bicicletta e un bel risultato🤭🤭🤭 Ho girato in moto una parte dell’ Italia che non conosco. Mi sono divertita, e mi hai fatto compagnia quando ero a casa con la febbre o in viaggio verso la destinazione di turno. Complimenti per “diario di viaggio” scritto con tocco personalissimo, mai scontato. Mi piace il tuo stile: semplice e ironico. Ho seguito ogni tappa senza problemi e sempre partecipe della tua narrazione. Alla prossima 👏👏👏
Grazie Tiziana, sono felice di averti fatto compagnia, sei gentile come sempre.
“«Certo, è il famoso Butterfly Effect, no? Una farfalla sbatte le ali in Brasile e si scatena un uragano in Val Camonica.»”
Teoria affasc
È partito prima che terminassi 🤣🤣🤣
La fine come preludio di un nuovo inizio è il modo più piacevole di terminare
Grazie per il pensiero Gabriele!
Si conclude qui il mio racconto. Un abbraccio a tutte le persone che hanno avuto la pazienza di leggerlo o commentarlo, anche nei momenti più stanchi. È stato bello avere ognuno di voi dietro in sella, non so come abbiamo fatto a non imbelinarci per terra con tutto quel peso. Grazie!