Il veterano in camicia rossa

1865

«Credetemi, quelli sì che furono bei tempi: la partenza da Quarto, l’arrivo a Marsala, l’avanzata vittoriosa da un angolo all’altro della Sicilia fino ad arrivare nel continente». Giannino si accasciò sul collo del cavallo, amava farsi accarezzare la pelle dalla criniera del cavallo che gli veniva assegnato di volta in volta. Il precedente l’aveva preferito di gran lunga, era stato più morbido.

Giannino avrebbe voluto proseguire a raccontare, ma le reclute non lo ascoltavano: erano partiti all’assalto di una banda di briganti.

Ci rimase male, ma non ci poté fare nulla: i giovani di oggi non erano per nulla attenti a quel che un veterano come lui avrebbe potuto dirgli. Giovani piemontesi arrivati da Cuneo, Saluzzo, Ivrea… si trovavano al Sud per obbedire agli ordini del Re.

V.E.R.D.I. era la parola d’ordine, morte ai Borboni la frase che tutti amavano urlare mentre caricavano con la sciabola. Semplice e a effetto, anche brutale.

Giannino si mosse in avanti, in sella al suo baio, non intendeva più impigrirsi, ma dare un contributo alla causa dell’Italia unita. Che poi l’unificazione era avvenuta da quattro anni! Ciononostante al Sud non se ne voleva sapere.

Stava continuando a cavalcare, seguendo i ritmi blandi di quelle terre, quando il baio inciampò in qualcosa.

Per poco Giannino non stava per cadere di sella, guardò meglio e vide una donna che piangeva in silenzio, la schiena appoggiata a un masso. La poveretta tratteneva a stento le lacrime perché era evidente che gli zoccoli del baio l’avevano calpestata, ferendola, ma non era tutto lì.

Impietosito, smontò di sella, la soccorse, e lei lo guardò con timore:

«Io… io…».

«Sssh, sono qui per aiutarti».

«Voi piemontesi siete delle belve».

«Sbagli di grosso. Portiamo la civiltà e il Tricolore che vuol dire un paese unito e più potente». Iniziò ad aiutarla. Guardò meglio la ferita, da solo non avrebbe potuto fare molto, doveva chiamare il medico.

«No. Ci trattate come un popolo da conquistare… da schiavizzare. Non vi interessa nulla delle nostre sorti» si lamentò.

«Sssh, vuoi farti scoprire? Io ti aiuto volentieri, ma…».

«Amico dei piemontesi» si udì una voce.

Un brigante, sembrava Satanasso, e impugnava un coltello.

«No». Giannino, disarmato, scattò in piedi, si fece lontano.

«Non lo fare, Giuse’!» si lagnò ancora la donna. «Mi stava soccorrendo…».

«Guardate, un brigante» giunse la voce dei soldati.

Una scarica di carabine da cavalleria si abbatté su Giuse’ – Giuseppe? – e questi si avvitò su se stesso e morì crivellato allo stomaco, alla schiena.

Rimase la donna, che seppur con le gambe spezzate riuscì a strisciare per abbracciare il corpo e piangerlo, alla fine pianse.

I soldati invece risero di lei.

Giannino si sentì in profondo imbarazzo.

Avete messo Mi Piace1 apprezzamentoPubblicato in Narrativa

Discussioni