
Il viaggio per mare
Serie: La frontiera
- Episodio 1: La preda
- Episodio 2: La tana e il Mulino
- Episodio 3: L’odio
- Episodio 4: La fuga
- Episodio 5: Oltre la frontiera
- Episodio 6: Aurora
- Episodio 7: Gratitudine
- Episodio 8: Scusa per il pugno che mi hai dato
- Episodio 9: È così facile la felicità
- Episodio 10: Meglio il sasso che la mina
- Episodio 1: Sensibilità, attenzione ed affetto
- Episodio 2: E, in lontananza, il mare
- Episodio 3: Omar il turco
- Episodio 4: La storia raccontata da Omar
- Episodio 5: La cura migliore
- Episodio 6: Il primo libro non si scorda mai
- Episodio 7: Confinati nella villa
- Episodio 8: Lezioni di umanità
- Episodio 9: Il grande potere delle immagini
- Episodio 10: Se è destino tornerà
- Episodio 1: Il viaggio per mare
STAGIONE 1
STAGIONE 2
STAGIONE 3
Impiegammo l’intero pomeriggio a trasportare tutto il bagaglio di Omar e Fatima nella stiva del battello con cui avremmo affrontato il mare. La maggior fatica ce la procurò la gran quantità di libri ai quali, sia il console che la moglie, non avrebbero mai rinunciato. Il trasporto del resto, poche valigie di abiti e qualche scatolone di suppellettili che non meritavano eguale attenzione fu quasi una passeggiata.
La sera l’intero paese era in piazza per salutare l’uomo che, nel corso degli anni, aveva dato stabilità e relativo benessere al territorio.
Omar volle ringraziarli e, aiutato da Anton, si issò su un tavolo. Aveva gli occhi lucidi ma non abbandonò il suo finissimo senso dell’umorismo:
«Mi fa piacere vedervi tutti qui a festeggiare la mia partenza, siete così felici che me ne vada?» tutti risero, «Ti mancheremo!» gridò qualcuno e lui, alzando il bicchiere, rispose:
«Certo che mi mancherete,» la sua voce ebbe un lieve cedimento, «ma la cosa più importante è che io non manchi a voi ed è per questo che vi lascio in ottime mani,» alzò il braccio di Kunta, «Conoscete quest’uomo?» urlò e in molti scandirono a gran voce il suo nome: «Kunta, Kunta, Kunta».
Poi proseguì:
«Non amando la caccia e il vino quanto li ho amati io sarà ben più presente di me nel lavoro dei campi e tutti ne gioverete. Ma ora basta con le chiacchiere, beviamo e balliamo amici miei.»
Un lungo applauso concluse il brevissimo discorso. Il vecchio e il nuovo Console furono assediati dalla folla che voleva stringere loro la mano e brindare alla continuità tra passato e futuro. Inutile dire che quell’onda di affetto e gratitudine, sincera e diffusa, mi diede i brividi. Sorrisi rassicurato scorgendo sui visi dei miei amici la stessa mia emozione.
Salpammo la mattina alle sei e, nonostante la festa d’addio della sera precedente, molte persone erano sul molo a salutare. Vidi qualche lacrima sia sui visi di chi restava che sulle guance di chi partiva: Kunta ed Irina continuarono a raccomandare prudenza al figlio, anche quando non li poteva più sentire e Maduka, al mio fianco, continuava a mormorare ‘Mami, Mami’, mi girai a guardarlo e vidi i suoi occhi bagnati di pianto e pieni di amore. In me qualcosa ruppe l’argine, una tristezza enorme si diffuse in ogni mia cellula, mi sentii fisicamente prostrato e, prossimo al pianto, fuggii dal ponte cercando, come un gatto malato, un posto dove nessuno potesse vedermi. Mi feci spazio tra il bagaglio di Omar, nella stiva, e piansi tutte le lacrime che avevo. Lentamente una malinconica quiete prese il posto del dolore e la mia anima, quasi come parlasse ad uno sconosciuto, mi accarezzò consolatoria: È la tristezza del bambino che è ancora dentro te, quel bambino che non ha mai potuto chiamare mamma, che non ha ricevuto le carezze e l’amore di una famiglia.
Sentii chiamare il mio nome, mi alzai asciugandomi il viso, rimisi in ordine le casse e abbandonai il rifugio. Nello stretto corridoio vidi il viso preoccupato di Aurora venirmi incontro, non disse nulla ma il suo abbraccio fu più eloquente di qualsiasi parola. Mi accompagnò nella cabina che ci era stata assegnata e le raccontai ciò che avevo provato.
«Non hai nessun ricordo di quando eri bambino?» mi chiese.
«No, nessuno, solo una voce che ripete il mio nome con dolcezza ma non so se sia reale o solo frutto della mia immaginazione. I primi ricordi certi sono ragazze vestite di azzurro che accudivano me ed altre decine di bambini,» mi fermai forzando la mia mente, «ce n’era una che con noi era più buona delle altre e ogni tanto, di nascosto, ci regalava una carezza ed un sorriso ma che ci vietava di chiamarla mamma, arrabbiandosi quando succedeva. Ora, da adulto e conoscendo i rigidi regolamenti dell’Unione, ho capito che ce lo proibiva per la sua stessa sicurezza: sarebbe stato un attimo passare da puericultrice a schiava nelle fattorie.»
Aurora mi baciò, con tenerezza.
«Darai ai tuoi figli, tutto l’amore che non hai avuto. Lo faremo assieme in un mondo migliore di questo. Saremo felici Lukas, noi e loro.»
Risposi al bacio.
Il viaggio per mare proseguì tranquillo. Marco soffrì una mezza giornata di capogiri e vomito ma poi anche il suo corpo si adeguò all’eterno movimento delle onde. Su quella enorme distesa di acqua i miei pensieri fluttuavano smarriti saltellando con disinvoltura dalla meraviglia al terrore: vedere i delfini saltare al fianco dell’imbarcazione mi riempiva gli occhi di gioia bambinesca mentre col buio l’enormità del mare mi inquietava.
Nella tarda mattinata del secondo giorno ci fermammo a Zacinto per rifornirci di carburante. Hilde chiese al comandante se avessimo il tempo per fare due passi nella cittadina e, ottenute tre ore di libera uscita, ci guidò nella visita del centro storico regalandoci una piacevole lezione di storia e di architettura. Il piacere di avere terra sotto i piedi, la temperatura mite, la gentilezza delle persone e il buon cibo resero prezioso quel poco tempo trascorso sull’isola.
Il terzo giorno, verso sera, approdammo finalmente a Kusadasi, in Turchia. Se pensavamo di poterci concedere una doccia e una sana dormita in un vero letto su un pavimento stabile, fummo però immediatamente disillusi: due pullmini militari erano pronti a partire per condurci nel più breve tempo possibile ad Ankara dove eravamo attesi. Omar e Fatima si rassegnarono a separarsi dal bagaglio che li avrebbe seguiti il giorno dopo. Gli autisti, quattro per permettere un cambio di guida nel lungo tragitto, ci consolarono assicurandoci che i sedili erano reclinabili ed abbastanza comodi e ci fornirono del cibo e delle bevande per ristorarci un po’ e una coperta a testa per rendere la notte più confortevole. La prova che il lungo viaggio in nave era stato faticoso fu il sonno, che dopo una mezz’ora di chiacchiere, vinse su tutti.
Mi svegliai che la notte stava svanendo ed eravamo già alla periferia della capitale.
Serie: La frontiera
- Episodio 1: Il viaggio per mare
Questa è stata una stagione più statica dal punto di vista dell’azione ma, allo stesso tempo, molto dinamica sotto l’aspetto emotivo. Si sono toccati tantissimi aspetti a tratti facili da esprimere a parole molto meno nei fatti, soprattutto nella quotidianità dove spesso è più logico e normale sopraffare il prossimo invece che includerlo, non fidarsi dei propri simili, considerare la cultura appannaggio di gente di poco conto e preferire la barbaria della violenza. Mi ha fatto piacere leggere questi episodi nonostante mi aspettassi altro, che, spero, si verificherà nella terza stagione.
Mi è piaciuto molto leggere questi due episodi uno di fila all’altro. Il primo che chiude la serie e il secondo che ne apre una nuova. Ho respirato in essi un’aria più distesa e serena e credo che ciò dipenda principalmente dall’animo del protagonista che si è rasserenato anch’esso. Ha cominciato a capire che i rapporti fra le persone sono ben altro che regolati da rigide gerarchie militari e finalmente ha pianto come era necessario fare. Anche la tua scrittura è molto ‘distesa’, uno stile tutt’altro che frettoloso e che lascia il tempo al lettore di godersi la narrazione. Bello il cambio di luogo e interessante il panorama che si srotola davanti. Nuove terre, nuove persone e una nuova sfida.
Se l’intento era quello di far commuovere, complimenti, ci seri riuscito! 😹
Questo episodio, probabilmente perché i personaggi intraprendono un nuovo viaggio e per merito dei ricordi di Lukas, mi ha riportato ai primi capitoli facendomi riflettere su quanta strada abbia fatto il protagonista e su quanta strada ha ancora davanti. 🌺🌺🌺
Ho apprezzato molto anche io l’omaggio a Foscolo. E questo viaggio in mare che ha il sapore dei sogni e della speranza.
“È la tristezza del bambino che è ancora dentro te, quel bambino che non ha mai potuto chiamare mamma, che non ha ricevuto le carezze e l’amore di una famiglia.”
❤️
“Su quella enorme distesa di acqua i miei pensieri fluttuavano smarriti saltellando con disinvoltura dalla meraviglia al terrore: vedere i delfini saltare al fianco dell’imbarcazione mi riempiva gli occhi di gioia bambinesca mentre col buio l’enormità del mare mi inquietava.”
Bellissime queste parole, tra poesia e prosa, con l’ immagine suggestiva dei delfini.
Meravigliosa la descrizione del viaggio in nave: i delfini, il mare di notte… Mi sono tornati in mente tanti ricordi (non ero sulla nave, ma sul traghetto 😅 le sensazioni comunque erano quelle).
Bello e commovente questo episodio.Bravo Giuseppe.
L’attenzione di Lupo per le esternazioni sentimentali torna nuovamente al centro della storia con questo episodio: sottolinea gli stati d’animo di chi parte e di chi resta e, soprattutto, il distacco di un figlio dalla propria madre. Il fatto di non aver provato emozioni del genere per molto temo è uno sconvolgimento interiore per lui.
Ho notato due cose in particolare:
1) Hai chiamato l’isola di Zante con il suo antico nome, un chiaro omaggio a Ugo Foscolo.
2) Hai tenuto conto che per i viaggi più lunghi di quattro ore e mezza ci vuole il secondo autista.
Complimenti, Giuseppe.
Attentissimo Francesco! L’omaggio a Foscolo pensavo non lo recepisse nessuno e invece! Grazie!!!❤️
Un viaggio lungo, che chi vive al sud conosce e sa riconoscere. Certo di solito non tutto per mare, ma talvolta arrivare alle Alpi per un isolano può ricordare il viaggio di Pirro. Qui però la meta è da tutt’altra parte. Ankara, passando per Zacinto. Un viaggio poetico.
Bello e confortante l’addio alla terra che ha dato salvezza ai nostri amici. Mi ha messo di buon umore prima di affrontare la notte. Grazie, Giuseppe.
Grazie Giancarlo di avere sempre la pazienza di seguirmi. Devo darmi una mossa e costringere la malinconia che mi fa scrivere al rallentatore ad abbandonare la mia mente. Devo costringermi a concretizzare quel progetto vagamente horror che mi frulla in testa.
Scacciala, o sfruttala. Schiacciala sulla carta e imprigionala nelle tue pagine. Che diventi opera d’arte e ti liberi dalla sua opprimente presenza.