
La ragazza dalla giacca arancio
La ragazza è bruna, coi capelli lunghi e ricci. Le sue labbra sono carnose e, in cuor mio, spero tanto che abbia origini mediorientali, che allora quello che ho in testa viene meglio.
Da tempo cercavo una donna così. Prima di lei ne sono venute altre, perché le mie fantasie non hanno confini e non possono essere arginate. Però stavolta ci siamo: sembra proprio quella giusta.
È intenta a rispondere al cellulare. Qualcuno la chiama e lei ribatte gioiosa. Chiunque sia, deve davvero averle rallegrato la giornata! Riesco a leggerle le labbra, per questo lo affermo con tanta sicurezza. Quella bocca “succosa” che, nell’eco dei miei pensieri, rimbomba sfrontata e potrebbe fare qualunque cosa.
Ha un appuntamento, la ragazza, questo si è capito. Per cui devo fare presto. Sforzarmi di mappare nel cervello ogni singolo atomo del suo corpo, per poi poterlo ricordare a lungo e agire di conseguenza.
Veste con colori sgargianti. È giovane, non arriverà ai vent’anni. Adoro i soggetti acerbi, sono come creta friabile nelle mie mani. Con loro impasto e forgio, a mio più totale piacimento. Con un individuo più adulto, lo confesso, avrei delle serie difficoltà. Forse mi manca l’esperienza e questo crea il divario, mette distanza.
Le scatto una foto, di nascosto, col telefonino che tengo sempre a portata di mano. Fingo di ritrarre il ponte con l’acqua scura che, appena sotto di noi, compie dei gorghi e s’increspa. Transita, per poi scorrere via sempre più lontano.
Non voglio rischiare di dimenticare anche il più piccolo particolare che me l’ha fatta scegliere, sola fra la folla, all’inizio di quel tratto di strada. Il modo in cui ha estratto il telefono dalla borsetta e con cui si è inumidita le labbra, prima di iniziare a parlare. Il profumo dolce e fruttato dei suoi capelli, che a me pare di odorare sin da qui. Come quello di un pescheto in estate, ma con una nota più intensa di vita che avidamente di colori e di odori si nutre.
Il tempo di seguirla per qualche metro, ed è già lontana. Ma lei non sa che, in realtà, è già mia.
Mi ricompongo e smetto di fantasticare. Non è questo il momento. M’incammino verso casa, per rinchiudermi nella mia nicchia. Sono uscito a prendere aria, un soffio di ossigeno o di linfa vitale. Sono fiero di me, perché anche stavolta ho incontrato il soggetto perfetto. E credo lo sarà presto anche il mio editore.
La mano scivola veloce sui tasti, nella solitudine confortante del mio studiolo. Lei non leggerà mai questa storia, almeno, così penso. Né mai saprà che qualcuno l’ha immortalata su quel ponte, trasformandola per sempre ne “La ragazza dalla giacca arancio”.
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Molto brava, Cristina!
Grazie Kenji! Credo sia stato il primo Lab e tu me lo hai ricordato. Un abbraccio.
Ciao Cristina, sei stata abile nel seminare il dubbio nel lettore. Chi diamine è l’osservatore esterno? Uno stolker? Un maniaco? Poi la scoperta: uno scrittore/trice. Ben congegnato, veloce e van scritto.
Ben scritto…
Ciao Micol. Grazie per avere letto il mio racconto e per le tue parole d’incoraggiamento.
Ciao Cristina, e ben ritrovata. Appena leggo il tuo nome su EDIZIONIOPEN mi fiondo a leggerti! Anche stavolta ci delizi con un racconto semplice, ma ben strutturato. Un inizio che lascia presagire qualcosa, invece…
Ciao Dario. E io, puntualmente, mi fiondo a leggere i tuoi commenti. Hai ragione. La semplicità di questa ragazza mi ha ispirato una storia piuttosto lineare. Ma si può sempre fare di meglio. Ne sono consapevole. Alla prossima.
Stile a parte (scorrevole e piacevole, come sempre) l’interpretazione del Lab è stata suggestiva, con una letteratura che entra dentro se stessa, in cui il protagonista di uno scritto è egli stesso uno scrittore. Bella e maniacale l’idea della caccia al personaggio “ispiratore”.
Ciao Tiziano. Sì, infatti ho “giocato” sul fraintendimento iniziale. Non un maniaco, il mio narratore, bensì uno scrittore in cerca d’ispirazione. Che ti devo dire? Mi è venuto così 😀