L’Ape regina

Non credo sia davvero come appare. O meglio, lo è, ma solo in parte.

Dietro quel modo di fare disinvolto, sicuro, apertamente seduttivo, scorgo qualcosa di nascosto. Una stanza socchiusa, da cui filtra una luce tenue e inquietante, al tempo stesso seducente. Non è solo un vuoto. È la traccia di una personalità costruita attorno al bisogno costante di approvazione, di sentirsi riconosciuta, desiderata. Un meccanismo che le permette di sopravvivere, ma che allo stesso tempo la imprigiona nel suo ruolo.

Non sono nessuno per giudicarla. Anzi, è proprio questo a esercitare su di me una strana attrazione. Ogni gesto appare studiato, calibrato con la precisione di chi conosce la materia. Ogni parola è un messaggio a doppia mandata. Ogni parola è un messaggio a doppia mandata: parla per ricevere sguardi, conferme, attenzione. Ogni sorriso è una lama sottile che scivola oltre la superficie e punta dritto all’anima.

Dietro quella sicurezza ostentata senza esitazione, riconosco la fatica. La fatica di chi ha imparato a sopravvivere trasformando un collaudato carisma in un guscio protettivo. Una strategia di adattamento: esibire forza per nascondere la vulnerabilità, esercitare controllo per non lasciarsi sopraffare. Un meccanismo che, in pubblico, la pone al centro dell’attenzione, ma che in privato la condanna a un isolamento silenzioso.

Vedo la solitudine nei suoi occhi, anche quando sorridono. Vedo la bambina che, forse, avrebbe voluto un gesto d’affetto sincero da chi avrebbe dovuto proteggerla, custodirla, farla crescere, amarla. Una richiesta di attenzione strategica, cercando solo una carezza, un abbraccio, un semplice segno d’affetto da chi, avvolto nel rumore della propria esistenza, non era in grado di ascoltare.

Vorrei esserci quando le luci si spengono, quando sua figlia è dal padre e lei resta sola con il suo cane e il silenzio dei pensieri. Quando non ci sono occhi da catturare, e il suo seguito si è ritirato nelle proprie celle. È in quel vuoto che emerge la sua essenza, quella che vibra nel buio dove le mura non contengono che l’eco dei suoi passi.

Un velo di tristezza le sfiora il labbro, le increspa lo sguardo, rivelando la fragilità con cui alimenta la sua apparente insensibilità verso i sentimenti. Solo così comprendo quanto la sua sicurezza sia costruita, calibrata: una strategia di sopravvivenza, l’ansia di una bambina ancora alla ricerca di un gesto d’affetto.

Ha scelto il ruolo dell’Ape Regina. Sicura, dominante, circondata dai suoi sudditi. Le altre figure diventano comparse, rivali da osservare con sospetto, da ferire con parole leggere ma precise. Non per cattiveria, ma per necessità. Ogni regina, per regnare, deve difendere il suo trono anche quando nessuno osa attaccarlo. E lei lo fa con grazia spietata.

Ogni attenzione ricevuta si trasforma in una nuova cella del suo alveare. Ogni sguardo che la desidera è una goccia di nettare che alimenta il suo fascino. Ogni debolezza altrui diventa una crepa in cui addentrarsi, una misura di sicurezza per non sentirsi minacciata.

Ogni battuta, ogni risata, ogni silenzio fa parte di una strategia di sopravvivenza. Non lascia nulla al caso. In quel caos apparente, resta al centro di tutto. Finché i riflettori rimangono accesi, tutto le appartiene.

E io, che la guardo da lontano, non posso fare a meno di ammirarla. Non solo per la sua bellezza, ma per ciò che nasconde, per la forza necessaria a celare un’anima vulnerabile, e per il coraggio di scegliere la solitudine pur essendo circondata da tutti.

So che lei sa di essere osservata. Lo percepisco e, in qualche modo, mi lascio attrarre dal suo potere. Non è desiderio di possesso, ma fascinazione per chi ha trasformato la sopravvivenza in strategia, per la grazia e la determinazione con cui esercita il proprio potere.

Rimarrò accanto a lei e, forse senza volerlo, mi avvicinerò. Non per entrare nel suo alveare, ma per restare a osservare la regina nel momento in cui abbassa la corona e mostra, anche solo per un attimo, la donna che custodisce dentro di sé.

E allora sarò lì ad aiutarla, come lei ha fatto con me, sollevandomi dal mucchio di letame in cui ero finito. So che probabilmente sarò stato un’ennesima preda, eppure mi ha dato tanto, risollevandomi da una situazione che sembrava senza via d’uscita. Non potrò fare altro che ricambiare, inginocchiandomi e servendo umilmente la mia regina.

Avete messo Mi Piace2 apprezzamentiPubblicato in Narrativa

Discussioni

  1. Una figura femminile descritta in modo meraviglioso. Sei riuscito a cogliere le sfumature, i meccanismi nascosti che ci rendono quello che siamo (o meglio, quello che non siamo, ma che per forza o per scelta mostriamo). Il finale mi ha commossa. Trapela forse una delle più alte forme d’amore. Il darsi senza volere nulla in cambio.

  2. “Solo così comprendo quanto la sua sicurezza sia costruita, calibrata: una strategia di sopravvivenza, l’ansia di una bambina ancora alla ricerca di un gesto d’affetto.”
    bellissima

  3. “Vedo la solitudine nei suoi occhi, anche quando sorridono. Vedo la bambina che, forse, avrebbe voluto un gesto d’affetto sincero da chi avrebbe dovuto proteggerla, custodirla, farla crescere, amarla”
    Commovente e allo stesso tempo tragica…
    Complimenti davvero. 👏🏼🔝