
L’evenienza di ricredersi
Serie: Il solo modo che conosco
- Episodio 1: Cambiamenti
- Episodio 2: Il rivolo sottile
- Episodio 3: Sfide
- Episodio 4: Quei paesi che finiscono per ATE
- Episodio 5: Punti di osservazione
- Episodio 6: Nessuna ragione per non farlo
- Episodio 7: Qualcosa in comune
- Episodio 8: Non oggi
- Episodio 9: Svolte
- Episodio 10: Per la prima volta
- Episodio 1: Coriandoli
- Episodio 2: Privilegi
- Episodio 3: Finestre
- Episodio 4: Il cerchio intorno alla preda
- Episodio 5: Impronte
- Episodio 6: Equilibrio
- Episodio 7: Abitudini
- Episodio 8: La bottiglia vuota
- Episodio 9: Fotografie
- Episodio 10: Non dirlo a nessuno
- Episodio 1: Uno che scrive
- Episodio 2: La finestra sul cortile
- Episodio 3: Inciampi
- Episodio 4: Il corredo delle mie insicurezze
- Episodio 5: Buoni propositi
- Episodio 6: L’evenienza di ricredersi
STAGIONE 1
STAGIONE 2
STAGIONE 3
Una volta sveglio ci ho messo un minimo per ritrovare lucidità e riportare tutto sul piano dei fatti realmente accaduti. Sono passato da uno stato di agitazione per qualcosa che non riuscivo a mettere bene a fuoco, passando ad un’esplosione di immagini catastrofiche di me costretto a girare a piedi in cerca di un meccanico sotto una pioggia battente, per arrivare infine ad un rilascio massiccio di endorfine nel constatare di dovere semplicemente rivedere la mia dieta da vacanza. Magari, però, a partire dall’indomani. Il tutto in una manciata di secondi.
La convinzione che nell’albergo avessi soggiornato solo io è venuta meno quando sono uscito dalla stanza mezzo nudo con l’asciugamano sulla spalla, per infilarmi nel bagno assegnato alla camera ma fuori dalla camera. Attraversando il corridoio dell’ultimo piano, con la bocca spalancata in uno sbadiglio leonino e un fiato denso da precipitare a terra per la pesantezza, ho incrociato un tizio giovanissimo, alto e magro, capelli radi prossimi all’estinzione, vestito di tutto punto che mi ha ricordato uno di quegli imbonitori che vendono Bibbie benedette sui canali satellitari delle tv d’oltreoceano. Mi ha salutato con un sorriso rispettoso, ed altrettanto ho fatto io dopo aver richiuso la bocca, proiettando l’artificiosa indifferenza di chi finge che andarsene in giro in mutande da un’ala all’altra di un Overlook Hotel in miniatura rappresenti il naturale corso degli eventi.
Lo stesso tizio l’ho poi ritrovato seduto assieme ad un gruppetto di persone vestite come lui ad uno dei tavoli della sala ristorante, quella i cui interni avevo osservato dal di fuori il giorno prima, nel parcheggio deserto, con tutte le luci spente, e che ora sembrava ribollire di vitalità grazie a quella masnada di Testimoni di Geova e ad un lungo tavolo imbandito di cibarie adatte a soddisfare ogni tipo di gola.
Dietro ad un bancone accessibile solo agli addetti ai lavori, la prostituta vietnamita che mi aveva accolto al mio arrivo mi ha salutato come se vedere me mettere piede in quella sala fosse stato l’avvenimento più gioioso che le fosse capito da un sacco di tempo a quella parte. Per un attimo ho temuto mi dicesse “Io tanta vollja, soldato” ma non l’ha fatto, si è limitata a chiedermi cosa potesse portarmi da bere. Le ho risposto tantissimo caffè, poi mi ha fatto cenno di servirmi liberamente al buffet. Non me lo sono fatto ripetere due volte, fanculo ai buoni propositi.
Mi sono seduto ad uno dei tavoli vicino alla vetrata, con il busto rivolto fuori al piccolo spiazzo per le macchine, alla strada e a quello che stava oltre, mangiando di gusto e bevendo da una tazza di ceramica immacolata meno capiente dei miei desideri, guardando piccole nuvole basse lambire le pendici delle montagne che di lì a breve avrei dovuto scavalcare.
Quando, terminato di sistemare i bagagli, sono tornato nuovamente nella sala ristorante per pagare, i Testimoni di Geova erano ancora lì che se la raccontavano a vicenda. Ho pensato che probabilmente ci sono delle regole non scritte che impongono loro di non suonare ai campanelli delle persone prima di una certa ora.
Ho firmato la ricevuta della carta di credito e ho salutato la prostituta vietnamita con il borsone da moto in una mano, agitando con fare amichevole l’altra.
Dal viaggio che quel mercoledì mi avrebbe portato dall’Austria di nuovo alla Svizzera e infine a Cimbergo, non lontano dal Lago D’Iseo, non so dire il perché ma non mi aspettavo molto. È stato bello doversi ricredere.
Ho sperimentato un viaggiare rotondo, flessuoso, regolare ancorché a tratti impegnativo.
Lungo strade larghissime che tagliavano in due foreste delle quali non sono riuscito ad immaginare i contorni, costeggiando fiumi agitati colmi di acqua grigia che pareva contenere pietra sbriciolata, ho tenuto in equilibrio la moto sferzato da un vento insistente, frontale, costante, che ce l’ha messa tutta per ricacciarmi indietro da dove ero venuto; sotto un cielo grigio e basso che impregnava l’aria di una leggera pioviggine, abbassando di un paio di gradi la tonalità dei colori in atmosfere che mi hanno ricordato le carrellate dall’alto sulle cime fosche di Twin Peaks.
Uno dei motivi per i quali ho scelto quel particolare percorso è stato una fotografia. Una di quelle che ti ritrovi quando accendi il computer, che cambiano ogni volta. Un castello, a Tarasp, piazzato lì fra le montagne che sembrava chiedermi di guardare dove si trovasse prima di inserire la password e dimenticarmene in un paio di minuti. Non troppo fuorimano rispetto ad una ipotetica via di ritorno, così l’ho inserito nel tragitto. Per un attimo avevo anche ipotizzato di fermarmi a dormire lì, preso dall’idea romantica di svegliarmi presto e fare colazione sotto le mura circondate di nebbia del castello. Poi ho visto i prezzi degli alloggi, lì e nelle vicinanze, tutti accomunati dal fatto di rasentare la follia, e mi sono convinto sempre di più che ormai il confine tra l’impegnativo, il caro, l’esoso e l’immorale è sottile come la fetta di popolazione che può permettersi di fare cose che la logica vorrebbe fossero invece alla portata di tutti.
Ci ha pensato il clima a raffreddare la mia vena polemica. Con la moto poggiata al cavalletto laterale sulla pendenza che segna l’inizio del Passo del Bernina, a motore spento davanti ad un passaggio a livello chiuso in attesa che transitasse il treno colorato di rosso che fa la spola fra Tirano e Saint Moritz, ho percepito chiaramente la temperatura abbassarsi non appena ho alzato la mentoniera del casco.
Di quella salita ho il ricordo dei pantaloni incollati alla pelle, appesantiti da nuvole gonfie che facevano a gara nel contendersi il predominio dello spazio che occupavano, accavallandosi l’una sopra l’altra; dell’inadeguatezza dei guanti che indossavo in quel momento, perfetti per giornate di sole ma troppo leggeri per l’inclemenza che caratterizzava quell’altitudine; della luce del giorno, più bassa rispetto anche solo a pochi minuti prima nonostante fosse ancora pomeriggio, tanto da rendere visibile il fascio degli anabbaglianti proiettato sull’asfalto, che tra una gocciolina di pioggia e un’altra ha illuminato anche, ne sono certo, quale sporadico fiocco di neve.

Serie: Il solo modo che conosco
- Episodio 1: Uno che scrive
- Episodio 2: La finestra sul cortile
- Episodio 3: Inciampi
- Episodio 4: Il corredo delle mie insicurezze
- Episodio 5: Buoni propositi
- Episodio 6: L’evenienza di ricredersi
Arguto e divertente questo viaggio. Una concreta mescolanza di ironia e poesia. Sempre bello
Volevo evidenziare una frase che mi ha fatto sorridere ma, andando avanti con la lettura, mi sono proprio messa a ridere. La parte nell’albergo è davvero divertente, il resto è affidato alle tue bellissime descrizioni ed era come essere lì, a sentire il freddo e le goccioline di pioggia.
Quando mi ci metto so essere minchione forte. Sono contento ti sia piaciuto, grazie Melania di essere arrivata sin qui.
Un’altra bellissima tappa. Ci hai regalato un flusso di immagini, chiare e evocative. Alla prossima 😉
Grazie Tiziana, sono contento siano arrivate.
“Per un attimo avevo anche ipotizzato di fermarmi a dormire lì, preso dall’idea romantica di svegliarmi presto e fare colazione sotto le mura circondate di nebbia del castello. “
Mentre leggevo questo passaggio ho pensato: “quando ti capita di dormire dentro un castello”, almeno per quanto mi riguarda. Ma ho capito che dopo che certe fantasie rimangono tali 🤦♀️. Potevi mettere una foto…
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Bello: risveglio comico, hotel un po’ lynchiano, poi la strada che apre i polmoni. Immagini vive (vento, foreste, “pietra sbriciolata”). Chiusura sul Bernina fisica e concreta: freddo, guanti sbagliati, luce bassa, ci sei dentro.
Grazie Lino, se c’è un lettore attento, quello sei tu!
Ciao Roberto, mi unisco al commento di Cristiana (che mi ha preceduto) nel dire che, in questo episodio, si percepisce una spontaneità che travalica i contenuti. Mentre leggevo, mi sono immaginato tutto, ho pure percepito l’umido della strada e l’odore caratteristico dell’asfalto; ho rivissuto, insieme a te, lo sbalzo di temperatura che s’incontra cavalcando in montagna in certe giornate… ben fatto! E Grazie per queste emozioni.
Grazie ragazzi, il titolo di questo episodio allora vale anche per le aspettative che riponevo in lui. Grazie per non essere rimasti in superficie come ho fatto io.
Biografia, biografia, biografia! O sbaglio?
Ciao Kenji, che piacere risentirti. Si, assolutamente, è un racconto autobiografico (e pure un po’ autoreferenziale) su di un viaggio che ho fatto all’inizio di questa estate.
Capisco! Comunque sono tornato a frequentare il sito
Credo che questo sia l’episodio in cui maggiormente ho sentito lo scrittore dietro alle parole.
I personaggi sono due: lo stesso scrittore e il paesaggio. La tua moto compare nella foto (molto bella, davvero), ma forse, qui le hai rubato la scena.
Se lei non se la prende, mi viene da dire che, da lettrice, lo preferisco.
Bravissimo Roberto, una delle serie più ‘vere’ attualmente presenti su Open.
Che belle parole, grazie Cristiana, inattese e molto gradite.
“mi hanno ricordato le carrellate dall’alto sulle cime fosche di Twin Peaks.”
Grazie per questo bellissimo ricordo
Per spettatori, diciamo, con una certa esperienza alle spalle 😅
Anni? 🤔🙄
Non sapevo se evidenziare ‘masnada’, ‘prostituta vietnamita’ oppure ‘fanculo ai buoni propositi’.
Ma che ti succede Robbé? 😀
E chi può dirlo? Ogni tanto mi parte l’embolo😂
😅😅😅Sono quasi morta!