Nel sacco di Roma

Si risvegliò con un clamore nelle orecchie che quasi lo fece diventare sordo.

Cadde dalla seggiola, con sé la caraffa di vino e il denaro.

Si tirò in piedi e diede una ripulita al mantello. «Che succede?». Aveva la bava alla bocca.

«I lanzi, sono arrivati i lanzi!». Il locandiere stava nascondendo moglie e figlie.

Alfredo grugnì. Aveva sentito dire che dal nord stava calando un’armata mercenaria di tedeschi e spagnoli, ma non ci avrebbe mai giurato fosse stata così rapida.

Da lontano gli parve di vedere le uniformi variopinte dei lanzichenecchi.

Raccolse tutto il denaro, lo infilò nel borsello e fuggì verso il Tevere, le urla dei mercenari che lo raggiungevano assieme ai gemiti dei supplizianti.

Alfredo vide passare un corteo di mercenari svizzeri che recavano una portantina sulla quale c’era Clemente VII. Alcuni popolani gli chiedevano aiuto, ma il Santo Padre li ignorava.

Come furie della mitologia greca irruppero i lanzichenecchi. Con le spade-gatto mozzarono le teste e le issarono sulle picche, con gli archibugi crivellarono di colpi gli svizzeri ma il corteo era già lontano: puntava su Castel Sant’Angelo, le mura butterate dai proiettili.

Neanche fossero le tre fiere della Divina Commedia, i lanzichenecchi furono addosso ad Alfredo. Avevano sentito odore di soldi.

«Non ho nulla» si difese Alfredo, gli occhi che guizzavano in cerca di una via di fuga.

I mercenari blaterarono in tedesco, una lingua gutturale che ad Alfredo parve di mostri.

Notò un varco fra le spalle dei lanzichenecchi.

Alfredo ci si infilò e il mantello si impigliò in un’alabarda, ma lui tirò e fuggì verso i vicoli dell’Urbe.

I mercenari lo inseguirono.

Passò di fronte a un ospedale di orfani e i lanzichenecchi si gettarono sulle povere vittime: si abbassarono le braghe e Alfredo era certo che non ci voleva uno sforzo di fantasia per capire che cosa volevano fare. Maiali!

Incappò in un gruppo di spagnoli abbruttiti dalla peste. Alfredo ne fu inorridito e scivolò, dal borsello rotolarono via le monete.

Le voleva recuperare tutte, continuare a fuggire, ma gli si parò di fronte un volto ricoperto di bubboni e cacciò un urlo di orrore.

«Al diavolo il denaro!».

Fuggì verso casa. Forse, sarebbe riuscito a nascondersi. E che il denaro lo riguadagnasse con nuovi affari.

Voleva salvarsi la vita.

Avete messo Mi Piace2 apprezzamentiPubblicato in Narrativa

Discussioni

    1. Ciao! Be’, devo mantenere il punto di vista del protagonista, non può pensare che la lingua tedesca sia bella a sentirsi, soprattutto con i lanzichenecchi che hanno appena invaso Roma

  1. Ciao Kenji, ti ha ispirato la marcia verso Mosca dei mercenari in rivolta? Sicuramente e` tutta un’ altra storia; nin solo come epoca. E chi meglio di te non sa quali siano le differenze? La conoscenza della materia che dimostri nei tuoi racconti e` impareggiabile.

    1. Ciao Luisa! Grazie del tuo commento 🙂 No, a dire il racconto l’ho scritto in novembre quando la “Marcia della giustizia” di Prigozhyn non era lontanamente immaginabile