
Nella foresta
“Non ho mai visto nessuno metterci così tanto per pisciare!”
Il carceriere fece una smorfia di disappunto sputando a terra mentre guardava il prigioniero di spalle che orinava in un buco nel pavimento.
“Non è che mi aiuti standotene lì a fissare…” Replicò Sam Doyle, il prigioniero, mentre ruotava la testa cercando di rilassarsi e liberare così la vescica.
“Datti una mossa!”
“Io posso restare qui anche tutta la notte, non muoio certo dalla volta di tornare in quella cella di merda.”
Burton Duff, il carceriere, alzò gli occhi al cielo e poi con un gesto plateale si voltò dicendo: “Eccola servita sua signoria, non vorrà attardarsi a raggiungere la sua…”
Non riuscì a finire la frase che un colpo alla nuca lo fece crollare a terra.
Sam Doyle rimase immobile col fiato corto per l’agitazione mentre vedeva il carceriere rovinare sul pavimento di pietra. Ringraziò silenziosamente l’anima pia che aveva lasciato una sbarra di ferro arrugginita in un angolo della latrina.
Attese ancora qualche momento in attesa di udire dei movimenti, ma nella prigione regnava il silenzio.
Strappò il mazzo di chiavi dalla cintola del carceriere a terra e si preparò ad uscire (ma non prima di essere andato in bagno davvero).
Usò una delle chiavi per aprire la porta e poi scappò fuori all’aperto, nel buio della notte.
Libero.
Non che fosse stato carcerato poi così a lungo, in realtà lo avevano arrestato una settimana prima per l’omicidio di suo cognato.
Doyle non lo aveva mai sopportato, pentendosi quasi immediatamente di aver sposato la sorella e sentendosi presto in trappola e condannato ad una vita mediocre…
I pensieri gli invasero la mente mentre correva a perdifiato e non si accorse che la fuga lo aveva condotto nella foresta.
Sam Doyle non conosceva quella zona e di conseguenza non ci volle nulla affinché si perdesse nella fitta vegetazione lugubre e silenziosa, immersa in una nebbia spettrale. Il fuggiasco rallentò il passo e prese a vagare fra gli alberi, facendosi strada tra la fitta vegetazione che gli graffiava il viso e gli arti. Iniziò ad avere paura perché era certo che una squadra di uomini armati e una muta di cani si sarebbero presto messi sulle sue tracce e il suo errare senza una direzione precisa riduceva drasticamente le sue possibilità di rimanere libero a lungo.
Dopo aver scostato l’ennesimo ramo dal viso sbucò su una stradina che sembrava attraversare l’intera foresta, dato che non riusciva a scorgerne la fine in entrambe le direzioni.
Indeciso sulla direzione da prendere, Doyle notò qualcosa in lontananza…
La figura di un uomo immobile nell’oscurità.
Sebbene la fioca luce della luna che filtrava dagli arbusti rendesse arduo distinguere i dettagli, Sam Doyle notò che l’uomo era armato di un archibugio, quasi certamente carico, pensò, a meno che quel tizio non amasse vagabondare solitario per la foresta di notte con un arma scarica.
Era troppo tardi per scappare, sapeva che al primo movimento sarebbe stato riempito di piombo.
Così entrambi gli uomini rimasero immobili come gli alberi che li circondavano.
Non seppe dire con esattezza quanto tempo fosse passato quando improvvisamente lo sconosciuto, senza proferire parola, alzò un braccio e gli indicò di tornare indietro.
Doyle si era sempre ritenuto coraggioso, ma in quel momento non fu capace di trovare una soluzione diversa a quella di acconsentire all’intimazione. Per cui si voltò e prese a camminare nella direzione dalla quale era venuto senza osare voltarsi.
Mentre riattraversavano la foresta Doyle fu in grado di distinguere il tintinnio metallico dell’archibugio puntato, ne era certo, all’altezza della sua schiena. Infatti, soggiogato da quel pensiero, iniziò a provare un forte dolore al centro delle spalle, come se avesse davvero ricevuto una scarica di pallottole.
Dopo ancora qualche passo, si decise a voltare la testa per capire chi fosse l’uomo che lo aveva catturato.
Fu un’occhiata fugace e tanto bastò: l’uomo alle sue spalle era bianco come la morte e una ferita insanguinata gli attraversava la fronte.
Non fu difficile riconoscerlo.
Era Burton Duff, il carceriere che lui aveva colpito per evadere.
Sam Doyle avrebbe voluto dire qualcosa ma ebbe come l’impressione che nulla sarebbe valso ad ottenere una qualsiasi risposta. Così i due proseguirono senza indugio, come ombre nere fluttuanti in quel lugubre fogliame bluastro dove nulla se non l’intermittente bubolare dei gufi in lontananza, interrompeva il silenzio.
Era certo che stavolta niente lo avrebbe separato da quello che chiamavano “poca corda e caduta sorda” riferendosi al cappio intorno al collo del condannato e se anche fosse stato estremamente fortunato sarebbe finito di nuovo in quel sotterraneo angusto e umido, pieno di topi e altri schifosi reietti come anche lui era ormai diventato.
Quello però che lo faceva sentire decisamente a disagio era il comportamento del suo carceriere.
Doyle lo aveva ingannato, colpito con una sbarra di ferro facendolo crollare a terra e scappando poi via.
Burton Duff avrebbe potuto avere decisamente una reazione diversa: lo avrebbe potuto insultare e ammazzare di botte o più semplicemente, uccidere con l’archibugio, una volta colta l’occasione di catturarlo nuovamente, sebbene su questo punto Doyle si chiedeva come fosse possibile che quell’uomo ripresosi totalmente da un trauma alla testa si era rapidamente messo sulle sue tracce e per di più con successo.
Non seppe dare una spiegazione prima di scorgere i bordi della città davanti a lui.
Avanzando tra le viuzze acciottolate che aveva percorso correndo durante la sua breve fuga notò che non c’era nessuno per le strade e non si udiva alcun rumore sebbene le case fossero tutte illuminate.
Una volta raggiunta la prigione Sam Doyle tese la mano e senza alcun ordine aprì la porta.
Si trovò di fronte a due guardie e un manipolo di cittadini armati che lo guardarono sbigottiti, trovandoselo davanti.
Il fuggitivo allora si voltò.
Non c’era nessuno dietro di lui.
Sul pavimento invece, ai piedi degli uomini armati,
c’era il cadavere di Burton Duff. Il carceriere.
Avete messo Mi Piace1 apprezzamentoPubblicato in Horror
Amo la tua scrittura cinematografica, mi sono immersa completamente nel racconto ben sapendo che le storie di fantasmi sono il tuo cavallo di battaglia
Micol GRAZIE! E’ sempre un piacere e un onore poter dare queste sensazioni a chi legge. 🙂
Incredibile ma vero, direi, lo scherzo che puo´ giocare la mente o, forse, lo spirito vendicativo di un defunto? Tutto puo´ essere. Tutto e´ possibile, soprattutto per l’ estro creativo di un autore che, essendo bravo, rende tutto piu´ credibile.👍
Grazieeeeee!! Contento che ti sia piaciuto!!
Ottima lettura!
Grazie!!