
Nella pancia della balena
Serie: The place
- Episodio 1: Fogli di carta
- Episodio 2: Identità
- Episodio 3: Il resto è mancia
- Episodio 4: Com’è la guerra?
- Episodio 5: Vera
- Episodio 6: Per l’ultima volta
- Episodio 7: Fine?
- Episodio 8: Sei giorni dopo
- Episodio 9: Marmellata di arance
- Episodio 10: Ti ricordi di me?
- Episodio 1: Nella pancia della balena
- Episodio 2: C’è qualcuno
STAGIONE 1
STAGIONE 2
“Fa’ attenzione” disse Oswald ritraendosi di scatto dietro all’angolo di un vicolo. Mina aspettava silenziosa dietro di lui. “Ecco, andiamo” disse percorrendo velocemente il tratto esposto alla strada principale.
“Chi era?” domandò Mina.
“Gente che non mi piace. Sembra che non aspettassero altro. Non hanno perso tempo, vedo.”
“Ma chi?” chiese Mina con insistenza.
Oswald le rivolse un’occhiata rigida.
“Criminali, Mina” disse con aria grave. “Adescatori, spacciatori, gente pronta a uccidere per pochi dollari. Le strade ne sono sempre state piene, ma ora possono lavorare alla luce del sole.”
“Sembra saperne molto” osservò Mina.
Oswald le rivolse un’altra occhiata seria, annuendo con il capo. “Non importa” disse. “Tra qualche mese saranno tutti morti” aggiunse sospirando. Il modo disinvolto in cui parlava di tutti quei pericoli e disgrazie infondeva a Mina un senso di sicurezza. Non ho avuto il tempo di prepararmi, pensò di nuovo. Ma lui sembra averne avuto. Ricordò la sera in cui lo aveva incontrato al parco, sulle panchine in riva allo stagno, e notò che gli abiti sgualciti di quella sera erano gli stessi che Oswald indossava in quel momento, quasi una settimana dopo. Sulle spalle lo stesso sacco rattoppato.
“Come lo sa?” chiese Mina.
“Radiazioni.”
“Oh cielo” esclamò Mina. “E noi?”
“E noi faremo bene ad abbandonare la città” dichiarò Oswald.
All’improvviso, un boato squarciò l’aria, seguito dalle grida straziate di alcuni uomini e donne. Un antifurto si unì lamentandosi per un tempo indefinito, fino a spegnersi. Quel suono, così ordinario in una grande città, sembrava stonare nell’orchestra post-nucleare, come accordi distorti di chitarra elettrica in una sinfonia di Mozart. L’aria si era impregnata dell’olezzo di petrolio e dell’odore pungente della plastica bruciata.
“Proseguiamo” disse Oswald. Camminarono ascoltando il baccano affievolirsi man mano che si allontanavano. Dopo una buona mezz’ora le urla cessarono, e allora restò solo l’antifurto. Mina camminava guardandosi i piedi, stando attenta a non calpestare pezzi di ferro o brandelli di vetro. Ricordò quando, da bambina, evitava le crepe sul marciapiede.
“Dove stiamo andando?”
“Ferma!” sussurrò Oswald, bloccandola con il braccio disteso. Lei arretrò di un passo.
Oswald, che stava sbirciando oltre la soglia del muro, esclamò sottovoce: “Oh cielo.”
“Cosa c’è adesso?” chiese Mina.
“Guarda… ma fa attenzione!”
Mina si sporse. In fondo al vicolo c’era un uomo. Sulle prime non notò nulla di strano, poi si accorse dell’andatura barcollante, e c’era qualcos’altro…
“Che gli è successo alla faccia?” chiese Mina. “Sembrerebbe una scottatura” commentò.
Il vecchio si voltò annuendo gravemente. “Una scottatura” confermò. “Ma non di quelle che ci si prende sulla spiaggia d’estate.”
“Che vuol dire?”
“Radiazioni” dichiarò solennemente Oswald. “Lo stanno uccidendo” aggiunse tornando a guardare il ragazzo, che nel frattempo si era appoggiato al muro, il petto che gli si gonfiava e sgonfiava ritmicamente più in un rantolo che un vero respiro. Poi le gambe gli cedettero e il ragazzo cadde sulle ginocchia, gemendo e stringendosi il ventre con le mani. Un conato gli uscì dalla bocca, macchiando il muro di rosso.
“Dobbiamo aiutarlo?” chiese Mina.
“Non possiamo” mormorò Oswald. “È già morto.”
Proseguirono silenziosi, e nella luce calante Mina avvertì il primo crampo allo stomaco. Eppure non aveva nessuna voglia di mangiare.
“Voglio andarmene subito da qui” disse Mina.
“Non subito” rispose prontamente Oswald. “Siamo stanchi,” proseguì, “e le strade pullulano di gente come gli uomini che hai incontrato stamattina. Dobbiamo mangiare qualcosa, dormire e ragionare su come proseguire.”
“Ci serve un piano” disse Mina.
“Esatto” confermò Oswald.
“Dove dormiremo stanotte?”
“Conosco un posto” disse Oswald. “Se è ancora in piedi” aggiunse con la voce un mezzo tono più bassa.
* * *
Camminarono per qualche ora tra i vicoli, guardandosi le spalle e controllando ogni angolo prima di attraversarlo, tenendosi ben lontani dalla strada principale, dalla quale giungevano schiamazzi deliranti e urla disperate. Più di una volta si bloccarono atterriti dall’eco degli spari, distinguendo quelli secchi e brillanti dei mitra e quelli più sordi delle pistole. Qualche scarica, poi l’eco si esauriva nel tramonto lasciando dominare il silenzio, nel quale i due si muovevano attenti a non calpestare nulla che potesse schioccare, come se la rottura di un coccio di vetro avesse potuto uccidere qualcuno. Ancora una volta Mina ricordò le sciocche abitudini di quando era bambina e camminava per strada. In quel mondo devastato tutto si riduceva in un gioco, alla fine.
Arrivarono ai piedi di un palazzo quando il sole era per metà al di sotto della linea dell’orizzonte.
“Sembra abbandonato” osservò Mina.
Oswald scoppiò in una risata. “Guardati attorno” disse asciugandosi una lacrima.
Mina arrossì, rendendosi conto di averne detta una delle sue. Notò tuttavia che non provava vergogna, cosa che invece sarebbe sicuramente successa se invece di Oswald ci fossero stati i suoi colleghi, o il direttore Ullmann.
“A ogni modo, siamo arrivati” disse Oswald sforzandosi di controllare le ultime, spasmodiche risate.
“Dobbiamo salire?” domandò Mina.
“Sì” disse Oswald squadrando l’edificio. Le vetrate infrante catturavano l’ombra del crepuscolo. I profili frastagliati dei vetri ancora attaccati alle intelaiature ricordavano denti aguzzi in bocche mostruose. Il portone d’ingresso, spalancato, fece pensare a Mina la favola di Pinocchio. Stiamo per entrare nella pancia della balena, pensò rabbrividendo.
Oswald nel frattempo continuava a scrutare la facciata. “Forse…” disse. “Ci conviene stabilirci nell’ala ovest. Dovremmo accendere un fuoco, e quel lato non è visibile dalla maggior parte della città.”
“Crede che qualcuno potrebbe venirci a far visita?” chiese Mina in apprensione.
“È possibile” disse Oswald pensieroso.
Si avviarono su per gli scalini dell’ingresso, poi varcarono la soglia.
Erano entrati nella pancia della balena.
Serie: The place
- Episodio 1: Nella pancia della balena
- Episodio 2: C’è qualcuno
Mi ha colpita la sicurezza do Oswald, il modo in cui anche Mina cambia di fianco a lui. Io per prima, leggendo, mi sentivo in un certo senso “a mio agio” nonostante lo scenario inquietante. La storia si sta facendo davvero interessante!
Grazie Dea per le tue parole, non sai che soddisfazione sapere che in qualche modo i personaggi funzionano 🙂
Ho l’impressione che Mina stia acquisendo sicurezza, che il suo carattere venga finalmente fuori. Non so se riesco a spiegarmi, ma la vedo finalmente attiva, vedo che agisce, prende, anche se ancora nel piccolo, le sue prime decisioni. Probabilmente la figura dell’uomo che la affianca in questo cammino, le fa bene. Leggo del paragone con la favola di Pinocchio esattamente mentre penso che l’uomo sia per Mina una sorta di Grillo Parlante. La storia continua a piacermi e non smetto di trovarla emozionante nella sua sconcertante vicinanza alla nostra realtà.
Mina si è trovata a dover fare i conti con una realtà incredibilmente rude e senza filtri. Le opzioni sono due, adattarsi o soccombere. E sembra che lei stia reagendo, adattandosi e imparando a prendere delle decisioni. Ovviamente Oswald è una figura importante.
Come sempre grazie, Cristiana, per i tuoi commenti.
Wow, che episodio! Un mix di emozioni: prima mi hai sbloccato la fobia delle radiazioni (avevo intenzione,
una volta finito di leggere, di andare a cercare su Google maggiori informazioni ), poi una sorta di nostalgia, causata dai ricordi di Mina (camminare sul marciapiede seguendo uno schema per gioco). Davvero, complimenti! Ottimo lavoro.
Grazie mille Arianna, sei sempre gentilissima!
Le mie conoscenze sui fenomeni radioattivi vengono da film, romanzi post-apocalittici e quale “rudimentalissima” nozione appresa da saggi non troppo approfonditi sul disastro di Chernobyl… spero di non aver scritto delle cavolate!
D’altra parte, sono felice di aver trasmesso quello che è più importante in un’opera di narrativa, riguardo alle radiazioni; ovvero la paura che possono provocare, come un mostro invisibile…
Quasto episodio trasmette un po’ di ansia. Il personaggio di Oswald mi intriga. Sto cercando di inquadrare il suo ruolo nella storia: è il mentore di Anna? Da quando l’ha incontrato sta prendendo più coscienza, di se e di quanto sta succedendo👌
Ciao Tiziana! Oswald è indubbiamente una figura importante per Mina, e per lei è stata una grande fortuna incontrarlo. Effettivamente sta cambiando, rendendosi meno spettatrice e un po’ più protagonista… vediamo che succede 🙂