Peccatori

Serie: The place


NELLA PUNTATA PRECEDENTE: Mentre pensano di aver trovato un riparo per la notte, Mina e Oswald si imbattono in Jonathan, un personaggio ambiguo...

Il mattino seguente Mina si destò prima di tutti. Il piano era inondato da una luce quasi estiva che penetrava dai vetri sfondati. Sussurri di una brezza tiepida trasportavano un aroma bucolico, e per un istante Mina pensò che fosse stato tutto un sogno. Fu costretta a ricredersi, alla vista delle braci fumanti e dai due ammassi di coperte luride che si gonfiavano e sgonfiavano al respiro dei suoi due compagni. Si mise a sedere e scrutò il cielo azzurro oltre le vetrate. L’estate cercava di tirarla per le lunghe, forse per aiutare le persone a non morire congelate; un braccio di ferro con l’autunno.

Tra mormorii e versi assonnati Jonathan aprì le palpebre; guardò Mina e tornò a coricarsi guardando il soffitto. Lei pensò che doveva salutarlo, ma si trattenne. Il silenzio durò fino a quando anche Oswald non fu sveglio. L’ultimo ad aprire gli occhi; il primo a parlare.

“Buongiorno” mormorò scacciando la polvere dai calzoni. “È il momento di darsi da fare.”

Mina annuì; Jonathan continuava a guardare il soffitto.

“Stai bene?” gli domandò Oswald.  Lui chiuse gli occhi e si lasciò andare in un lungo sospiro. Infine, si puntellò sui gomiti, indugiò un istante e si alzò.

“Sì” disse, “va tutto bene.”

Oswald annuì titubante. “Dobbiamo muoverci” disse, poi si bloccò pensando. “Ma non sappiamo dove andare.” Fissò gli altri, in attesa di una qualche proposta.

Jonathan, la testa bassa e i gomiti sulle ginocchia, scosse il capo. Mina pensava. Lei, un’idea ce l’aveva. L’aveva avuta fin dal giorno dell’esplosione.

“Ci sarebbe…” attaccò Mina, indugiando quando lo sguardò curioso di Oswald incrociò il suo, “… una persona. Un’ amica. Ero al telefono con lei quando è accaduto.”

“È terribile…” commentò Oswald. “Dove si trova?”

“Sì” rispose Mina mentre il suo sguardo si perdeva negli ultimi sbuffi della brace. “In Cross-Town.”

Oswald annuì. “Lontano dal punto d’impatto, quindi. Possiamo provare. In fondo, più siamo e meglio è.”
Mina avverti qualcosa muoversi dentro di lei, come una scintilla che stava accendendo un’energia nuova, mai provata prima.

“Prima, però,” disse Oswald rovistando nello zaino, “faremo colazione.” L’angolo delle sue labbra si piegò all’ingiù. “Ci è rimasta una confezione di crackers.”

“C’è un negozietto di alimentari ancora fornito” mormorò Jonathan, e Mina e Oswald si voltarono a guardarlo quasi con stupore. “A un isolato da qui.”

“Potreste andarci tu e Mina” propose Oswald, “mentre io sistemo tutto per la partenza.”

Mina aprì la bocca per protestare, ma si bloccò. Che scusa avrebbe usato? Serrò le labbra, dicendosi che no, questa volta non si sarebbe tirata indietro, quindi annuì.

“Potrei andare da solo” propose invece Jonathan. “Voi fareste meglio a controllare le poche cose che abbiamo” aggiunse, poi fissò il vecchio in attesa di una risposta.

“Credo, ragazzo…” disse Oswald, “che là fuori sia più pericoloso che qui. Sarei più tranquillo se foste in due.”

“Va bene” rispose Jonathan, continuando a fissare Oswald negli occhi.

Quel “Va bene”, pensò Mina, non mi piace per niente.

* * *

Mina e Jonathan scesero le scale, ora illuminate eppure minacciose, con i tondi di acciaio che spuntavano dalle murature incompiute come artigli affilati. Passandoci sotto Mina rabbrividì, credendo che si sarebbero allungati per afferrarla.

Senza proferire parola scesero i gradini e attraversarono l’atrio, varcando la soglia e trovandosi in strada.

“Dov’ è il negozio?” chiese Mina.

Jonathan si incamminò verso a destra e lei, dopo un attimo di esitazione lo seguì. Cercava di evitare i fogli di giornale, i cocci di vetro e la polvere, ma ormai era diventato impossibile non pestare qualcosa, per strada. Teneva lo sguardo basso e, quando lo rialzò, Jonathan sembrava averla distanziata di qualche metro. Il ragazzo ruotò la testa a sinistra, guardando oltre la sua spalla, come a voler controllare a che punto fosse Mina.

Lei era sul punto di chiedergli di rallentare, quando udì uno schiocco alle sue spalle, al quale seguì una voce sbiascicata e cantilenante. Si fermò e si voltò. Era un vecchio scheletrico e dalla schiena orribilmente ricurva. In mano teneva una bottiglia.

“Il momento è arrivato!” urlò spalancando le braccia. Una goccia cadde sull’asfalto.

“I peccatori verranno giudicati,” continuò, “e dovranno temere la seconda morte!”

Mina si voltò verso Jonathan, che ora si trovava parecchi metri più avanti. E proseguiva. Sentì che le mancava il respiro, come se l’aria venisse respinta dagli stessi polmoni, trattenuta fuori. Le gambe sembravano essersi bloccate. Tornò a guardare il vecchio, ora intento a fissare il sole.

“E moriranno per sempre! Perché le fiamme dell’inferno bruceranno per l’eternità, e… Sì! Sì! Non vedo niente! È un segno! Il Signore Iddio si sta avvicinando a me, lo vedo-”

“Vedi di farla finita, vecchio del cazzo!” ruggì una voce, forse appartenente a un giovane, da un vicolo.

“Sì, ci hai proprio rotto i coglioni” aggiunse un’altra voce, mentre l’eco di passi pesanti riempiva il silenzio della strada principale.

“Ci penso io” disse la prima voce, e un istante dopo sbucarono da un vicolo due ragazzi dai volti bendati, di cui si scorgevano solo le bocche digrignate e gli occhi scavati. Le gambe erano ossute e sbilenche, graffiate sotto ai pantaloni strappati.

Il vecchio si voltò nella loro direzione, senza però identificarli. Il sole lo aveva reso completamente cieco. Borbottò qualcosa che Mina non capì, brandendo la bottiglia come un’arma. Nel barcollare inciampò su un pezzo di lamiera, e la bottiglia gli scivolò dalle dita, fracassandosi sull’asfalto in un il tintinnio dei cristalli che si mescolava con i grugniti e il calpestio pesante.

“Peccatori! Non temo la-” La frase venne troncata da un destro che colpì il vecchio sulla bocca. Il corpo dell’ubriaco restò in posizione eretta per qualche secondo, poi si inclinò fino a stramazzare sulla strada. La testa sbatté contro l’angolo di cemento del marciapiede e, mentre Mina associava quel tonfo secco al rumore di quando si apre il guscio di una noce di cocco, le scappò un gemito. Si portò le mani alla bocca, premendosele contro le labbra, ma era troppo tardi.

I due sbandati si erano voltati e la stavano guardando. Mina guardò un’ultima volta là dove avrebbe dovuto esserci Jonathan, vedendo solo la strada deserta.

Serie: The place


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Discussioni

  1. La scena dell’ubriaco è pazzesca. L’hai costruita talmente bene che sono riuscita non solo a vederla, ma anche a sentirla sottopelle. Alla fine mi sono portata la mano alla bocca come Mina!
    La sparizione di Jonathan non mi piace per nulla…dimostra l’ambiguità di qiesto personaggio che ancora non sono riuscita a capire fino in fondo.

  2. Un altro episodio che ti tiene incollato. Le descrizioni sono incredibili. Posso visualizzare l’ambiente e i personaggi che si muovono nella scena. Oswald ha spinto Mina ad andare. Mi chiedo se non l’abbia fatto per aiutarla ad essere più indipendente. Mina, non si smentisce mai🤦‍♀️

  3. Davvero bello questo episodio e descritto molto bene, come fosse la scena di un film. Non ne sono sicura, ma vorrei essere fiduciosa e pensare che quel pericolo si possa scampare. Vorrei pensare anche che se Oswald ha deciso di mandare Mina con il ragazzo, è perché si è fatto una propria idea. In ogni caso, sei molto bravo a ‘scandagliare’ l’animo umano e i diversi caratteri.

    1. Grazie Cristiana 🙂
      In effetti ora il gruppetto è formato da tre persone, tutte completamente diverse dalle altre. Oswald razionale e paziente, Mina insicura e un po’ gelosa, Jonathan strafottente e… chissà cos’altro!