Pierre de Ronsard

Serie: Le rose e le rouge


NELLA PUNTATA PRECEDENTE: Valentina scopre che la cliente del bar importunata dai quattro bulli era Rosa, e intuisce che possano essere loro la causa di quel suo comportamento ostinato nel volersi rinchiudere in casa.

Valentina aveva salutato Gio’, il guardiano del cimitero, poi si era affrettata a raggiungere la casa della sua amica. Prima di scavalcare si era guardata intorno, per controllare se ci fosse in giro una Gazzella o qualche bipede appiedato della specie cervelli ad angolo.

La strada era deserta, perciò con un balzo era salita sul muretto e poi giù, nel giardino di Rosa. Mentre passava attraverso la siepe rinsecchita del viburno, un graffio sul braccio le aveva fatto ingoiare un’esclamazione colorita che avrebbe potuto attirare l’attenzione dei vicini. Ma quando era arrivata al garage aveva sbottato: «porca l’oca e faraona con gallina padovana, perché cavolo ha messo il lucchetto?»

Entrare in casa era impossibile. Aveva continuato ad aggirare il muro dell’abitazione per raggiungere la finestra della camera di Rosa. Un lontano barlume, proveniente, forse, dalla cucina, attenuava l’oscurità della stanza. Il letto in fondo alla camera non era visibile. Di Rosa nessun movimento percepibile, nessun rumore o voce o altri segni di risposta ai suoi chiassosi richiami.

Ancora non aveva inviato il messaggio al gestore del chiosco, per comunicare l’intenzione di assentarsi dal lavoro; quindi, con un moto di stizza, aveva fatto dietrofront ed era tornata al cimitero.

Il professore era stato il primo cliente. Aveva chiesto notizie di Rosa, ma Valentina era rimasta sul vago. «È stanca: studia, lavora e ha bisogno di una pausa.»

Lo sguardo dell’uomo era caduto sulla pianta di rose in vaso che Valentina aveva esposto all’esterno. I rami avvolti nell’ archetto di ferro formavano una folta ghirlanda di foglie lucenti e di fiori sbocciati che sovrastavano il verde con le diverse sfumature di rosa dei loro petali.

« La Pierre de Ronsard. Stupenda. Lo sa perché si chiama così?»

«No, perché? Mi piacerebbe saperlo.»

«In onore del grande poeta francese vissuto nel XVI secolo, amante dei giardini e delle rose, utilizzate spesso nei suoi versi come simbolo della bellezza femminile che fiorisce e sfiorisce. “Come quando di maggio sopra il ramo la rosa/ nella sua bella età, nel suo primo splendore/ ingelosisce i cieli del suo vivo colore/ se l’alba nei suoi pianti con l’oriente la sposa…”*»

Il professore aveva declamato il versi del poeta, sospirando come se fosse stato colto da un’intensa malinconia.

«Non capisco cos’abbia di speciale che le altre rose non hanno, però vedo che attira l’attenzione di molte persone. Anche la mia amica, qualche volta è rimasta immobile a osservarla, come se ne subisse un fascino ipnotico.»

«La capisco. Io ne ho un cespuglio enorme, che dal giardino si è arrampicato sul balcone della mia camera da letto. Mi ricorda Laura, mia moglie, e quando apro la finestra, ogni santo giorno, è la prima creatura che saluto, con un inchino e qualche piccolo pensiero grato, per il dono che mi concede con la sua bellezza. Anzi… facciamo una cosa. Visto che la sua amica è un po’ giù, le porti questa pianta in vaso da parte mia. Vedrà, le farà bene. I settanta petali delle sue corolle li merita tutti. E una ragazza così dolce e gentile… Ha un sorriso che scalda il cuore. Non capita spesso di incontrare un fior di ragazza che espanda intorno a sé un’aura così gioiosa. Gioia pura di vivere.»

Subito dopo il professore si era allontanato ed era arrivato Mirto, con il suo furgone bianco carico di fiori.

«La prossima volta mi servono centosettanta anthurium rossi, cuore di fiamma.»

«Centosettanta?»

«Sì, le solite due confezioni da dieci, per la vendita, più centocinquanta di prima scelta.»

«E che ci fai? Infusi, marmellata… Ah, forse ho capito: invece della classica insalata russa, un pinzimonio rosso.»

«Niente di tutto ciò, sono tossici.»

«Quindi? Ti hanno chiesto di addobbare la chiesa di Sant’Allenixedda?»

«Neppure. L’undici maggio era la festa della mamma e mi sono dimenticata di portare i fiori a mia madre e alla mamma di mia madre, cioè a mia nonna. E poi ci sarebbe anche un’altra mamma…»

«Ma quante ne hai? Ti hanno adottato?»

«No. Una è la madre della mia amica. L’ho sognata l’altra notte, stava sul tuo furgone, con mia madre e mia nonna. Mi ha suggerito un’idea e ora avrei qualcos’altro da chiederle.»

«Ma ora dove sta?»

«Tutte e tre là dentro, all’ombra dei cipressi o in qualche altro giardino… celeste.»

Quando Mirto era andato via aveva ripreso a rimuginare sullo strano comportamento di Rosa. Non capiva la sua clausura, che non faceva eccezione per nessuno, neanche per lei che dopo la partenza di Viola era diventata la sua unica amica-sorella maggiore.

In quel momento una sensazione improvvisa di dolore intenso l’aveva colpita come una frustata sul petto. Il giorno del loro appuntamento dal “Cinese”, per recarsi insieme da Clara, era arrivata un po’ in ritardo. Rosa, di sicuro era stata puntuale. Se anche lei fosse giunta in orario nessuno l’avrebbe molestata, inseguita e chissà cos’altro. All’improvviso Valentina aveva capito perché la sua amica fosse tanto arrabbiata con lei: non solo l’aveva dissuasa dall’idea di andare in città a vedere le jacarande, ma l’aveva anche esposta al rischio di essere presa di mira dai quattro ceffi.

Senso di colpa, angoscia e un’agitazione irrefrenabile l’avevano spinta a richiudere “bottega”, per andare a parlare di nuovo con Gio’.

«Conosci qualcuno della banda Maus-de-domus?»

«Perché?»

«Per aprire la serratura di una porta senza avere le chiavi.»

«Ci sarebbe Rebbio: eravamo compagni di scuola. Dicono che sia capace di aprire le serrature con i denti di una forchetta piccola a due punte. E il maresciallo non riesce mai a beccarlo.»

«Quello lì è utile come un cucchiaio bucato.»

«Comunque, il set di chiavi multiuso per scassinare gli appartamenti lo vendono anche su El Mason

«Non ho tempo per aspettare la consegna dell’ordine. Chiamalo!»

«Va bene, domani lo chiamo.»

«Cosa? Domani? Adesso! O pensi sia troppo impegnato, che l’abbiano chiamato a dirigere la Banca D’Italia.»

« Beh, no, certo. Un ladro di polli come lui neanche a dirigere la corsa delle galline per la festa del patrono. Sarebbe una corsa al sacco senza traguardo.»

*“Per la morte di Marie”, dal quarto sonetto, di Pierre De Ronsard.

Serie: Le rose e le rouge


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Discussioni

  1. L’immagine delle rose e delle poesia è meravigliosa, come una finestra aperta su un romanticismo di altri tempi che ormai si sta estinguendo, perso tra angoli ottusi bipedi vari… mi ha commossa Valentina, il modo in cui si da la colpa per ciò che è successo all’amica. Eppure non si perde d’animo, non si autocommisera, si rimbocca le maniche e va avanti. La immagino affrontare ogni cosa con il sorriso sulle labbra, un sorriso che tiene a bada ogni sorta di aura, colpa o dolore. Ci stai regalando un personaggio bellissimo.

    1. Grazie Irene, inizialmente Valentina, col suo caratteraccio, sembrava un personaggio negativo. Sto cercando di mostrare i suoi lati umani fragili (come tu ci insegni) ma non malvagi. Spero che alla fine della storia possiate capirla meglio, nonostante gli spigoli e le sue reazioni poco equilibrate, la rendono poco amabile.

      1. Forse ho capito perché mi piace così tanto: mi somiglia moltissimo. Gli spigoli, secondo me, sono poco amabili soltanto se non si coglie la lana morbida che sta sotto…almeno, io la vedo così 🙂
        Sono davvero curiosa di conoscerla meglio.

        1. Sai Irene, detto tra noi, se Valentina é la figura principale di questa storia, di sicuro qualcosa deve aver preso anche da chi, col pensiero, l’ha generata. E di spigoli, smussati dagli urti degli anni, ne sporgono ancora.

    1. Ciao Beppe, che gli faresti tu a questi lupi cattivi? Occhio per occhio, dente per dente, solo un po’ al fresco in cella o qualcos’altro?
      Se vuoi propormi un’ idea… Ormai questa serie va avanti anche grazie agli spunti e ai suggerimenti dei lettori.
      Grazie, a presto. Un abbraccio.

      1. Di sicuro perdonerei solo se avessi la certezza di un vero pentimento altrimenti, ma lo dico da padre, se tu spezzi la vita della mia bambina e ridi io spezzo la tua. Non te la tolgo, la spezzo.

    1. Il contatore delle parole ha detto stop e poi, questo ” giallino” richiede ancora un po’ di tensione. Grazie Tiziana per l’attenzione e per la pazienza nel seguite questa storia che si allunga.

  2. Sono molto curiosa di sapere cosa in effetti sia successo alla povera Rosa che l’ha ridotta in quello stato ed è bello che tu riesca a raccontare fatti drammatici con quella tua leggerezza che contraddistingue Valentina. L’impressione mia è che lei sia, in un certo senso, la tua ‘portavoce’, una sorta di narratore interno. Magari sbaglio, ma è come se l’intera vicenda sia narrata attraverso l’uso dei suoi occhi e della sua bocca. I personaggi sono molti e ciascuno ha lo spazio che si merita, tuttavia è come se lei facesse da filo conduttore.

    1. Pensandoci bene credo che tu abbia ragione. Non ci avevo mai riflettuto. Valentina é la protagonista principale della storia, tutti i personaggi della serie ruotano intorno a lei. Anche la narrazione indiretta, in qualche modo, é come un occhio che la osserva e percepisce il contesto dal suo punto di vista. Non é mai neutrale.
      Grazie Cristiana, queste tue considerazioni, sempre molto utili, mi portano a esaminare meglio la scelta della tecnica narrativa.

  3. Sono andata a cercare su Internet la Pierre de Ronsard: l’avevo già vista ma non conoscevo la storia (e nemmeno il nome) di questa pianta. Grazie a te adesso la conosco, è bellissima!

    1. Ciao Arianna, la Pierre de Ronsard é considerata tra le rose piú belle del mondo e anche a me é capitato di incantarmi ad ammirarle, nel vedere qualche pianta rampicante grande e molto fiorita, nei giardini della zona in cui abito. Questo episodio é anche un modesto omaggio alla sua bellezza e alla storia da cui ha avuto origine il nome.
      Grazie, Arianna, per aver condiviso e apprezzato questo mio intento.

    1. In questo giallino canarino che non avrei mai saputo colorare di nero (anche se inizialmente ci ho pensato) la verità emerge un po’ alla volta, con indizi e sospensioni che danno al lettore la possibilità di intuire o immaginare ciò che ancora non é stato svelato. E spero che le conclusioni delle storia principale e di quella econdaria non si rivelino del tutto scontate.

      1. Il fatto di intuire qualcosa di una storia (che poi potrebbe rivelarsi sbagliato) non la rende scontata. Il punto è come si scrive e le emozioni che si regalano. Non era mia intenzione leggere la seconda stagione tutta di un fiato, ma non sono proprio riuscita a fermarmi. Stai facendo uno splendido lavoro e sarà un piacere enorme seguirti fino alla conclusione di questa storia.

        1. Queste tue parole sono ció che di meglio avrei potuto sperare. Ti sono grata e spero, con questi incoraggiamenti, di riuscire a portate a termine la serie che sfiora alcuni tasti dolenti della nostra attualità, con un po’ ironia e qualche citazione poetica, cercando di non cadere nella superficialità.