
Polvere dal cielo
Serie: The place
- Episodio 1: Fogli di carta
- Episodio 2: Identità
- Episodio 3: Il resto è mancia
- Episodio 4: Com’è la guerra?
- Episodio 5: Vera
- Episodio 6: Per l’ultima volta
- Episodio 7: Fine?
- Episodio 8: Sei giorni dopo
- Episodio 9: Marmellata di arance
- Episodio 10: Ti ricordi di me?
- Episodio 1: Nella pancia della balena
- Episodio 2: C’è qualcuno
- Episodio 3: Non è affidabile
- Episodio 4: Peccatori
- Episodio 5: Di nuovo sola?
- Episodio 6: Speranza
- Episodio 7: Polvere dal cielo
- Episodio 8: Fidarsi?
- Episodio 9: Mio padre
STAGIONE 1
STAGIONE 2
“Mi perdoni?” mormorò Jonathan.
Mina lesse la scadenza sull’etichetta di un barattolo di fagioli precotti, poi lo ripose nello zaino assieme ad altri tre.
“È che sono stato solo fino a ieri. E non so che fare. Ho paura…”
Mina rimise sullo scaffale una confezione di carne dal coperchio rigonfio. Rovistò in cerca di frutta sciroppata.
“La mia vita è stata difficile, Mina. E ora…”
Mina aggiunse alcuni barattoli di brodo di carne.
“Però vorrei restare con voi… santo cielo, vuoi ascoltarmi?” esclamò.
Un barattolo di pesche sciroppate le scivolò dalle dita. Cadde a terra aprendosi, inzaccherandole le scarpe di un liquido denso.
“Voglio solo-”
“Se vuoi stare con noi” disse Mina, “perché invece di startene lì impalato, non riempi il tuo zaino?”
Lui la fissò con gli occhi sgranati. Parve lottare con se stesso, in cerca di un punto di vista che facesse apparire le sue azioni di poco prima comprensibili, ma non ci riuscì. Eppure gonfiò il petto, e disse: “Non è un tuo diritto trattarmi così. Non me ne starò a fare da zerbino a nessuno, non mi sta bene.”
“E allora puoi sempre andartene” ribatté Mina, recandosi in un angolo dove erano riposte alcune bottiglie di acqua. A pensarci, non avevano nulla che potesse trasportare liquidi.
Jonathan la seguì, e con un balzò le fu davanti, bloccandole la strada. “Ho detto che non mi va di farmi trattare così”. Ci mancava poco che la bloccasse afferrandole un braccio.
Mina avvertì per un istante un principio di panico. Poi ricordò il modo in cui era fuggito, senza dare nell’occhio. È un fifone, un buono a nulla, si disse. E poi, ce l’aveva davanti: in qualche modo doveva pur reagire.
“Vuoi un’altra sberla?”
Jonathan scattò indietro istintivamente. Quando realizzò del suo gesto, e si accorse che era stato inutile – Mina non si era mossa, ma lui aveva ancora impresso lo schiaffo che gli aveva assestato – arrossì. Si arrese; Mina era fatta di una pasta diversa da quella che aveva immaginato lui. Ciò che non poteva sapere, non avendola conosciuta da più che qualche ora, era che Mina, in realtà, era cambiata. Era accaduto nel giro di qualche istante, quando si erano ritrovati da soli sul marciapiede, dopo che i due predoni avevano tentato di aggredirla. Era nato da un gesto azzardato, istintivo, eppure quell’atto di autorità aveva funzionato, in qualche modo. Era la prima azione attiva importante che avesse mai compiuto, un gesto che aveva il potere di agire sugli altri. Ora poteva agire cambiando le cose.
Jonathan rinunciò a voler aver ragione. Si sfilò lo zaino dalle spalle e sparì tra le corsie. Il silenzio calò di nuovo nella bottega, sullo sfondo dello scroscio dell’acqua, e dei tonfi prodotti dalle confezioni che il ragazzo riponeva di tanto in tanto nel suo zaino. La pioggia cadeva sempre più fitta, schiantandosi sull’asfalto come secchiate d’acqua.
“Ci toccherà bagnarci” commentò Mina sospirando, quando gli zaini erano stati riempiti, e i due si erano ritrovati a guardare fuori attraverso la vetrina.
“Vorrai scherzare” disse Jonathan.
“Oswald ci aspetta.”
“Quell’acqua ci ucciderà” la riprese Jonathan. “Lo sai questo?”
Mina lo guardò dubbiosa, domandandosi se credergli oppure no.
“Era una bomba piccola, quella che è scoppiata tre giorni fa…”
“Tre?” disse Mina, “almeno una settimana, vorrai dire.”
“Ma che…” disse Jonathan bloccandosi, non sapendo come rispondere. “Cosa c’entra?”
“C’entra che non ti credo.”
Jonathan la fissò in silenzio per qualche istante.
“E allora va’. Cammina sotto la pioggia e inzuppati di acqua radioattiva.”
Mina si voltò, tornando a guardare fuori. Restò in silenzio.
“Se mi ascolti posso tentare di spiegarti” ritentò Jonathan.
L’acqua non cessava di cadere a secchiate. Ora la vetrina sembrava una di quelle fontane dal design bizzarro che si potevano ammirare nei musei più moderni.
“Sentiamo” disse laconica Mina.
“Ci saranno state sicuramente altre esplosioni; decine, forse centinaia o migliaia. E hanno rilasciato tonnellate di porcheria nell’aria.”
Ci fu un’altra pausa. “E ora quella porcheria sta tornando sulla terra” disse indicando l’acqua che scivolava sul vetro.
Mina non rispose; si sentiva una stupida. Restò zitta pensando a sé stessa inzuppata… e dopo qualche ora sarebbe morta, urlando per il dolore delle ustioni. Ma non sarebbe successo, perché Jonathan l’aveva messa in guardia.
“Come sai che ci sono state altre esplosioni?” chiese Mina.
“Beh, è così la guerra, no?”
“Che ne so io di com’è la guerra. E tu che ne sai?”
“Mio padre era un senatore.”
Il disprezzo negli occhi di Mina si attenuò, come se realizzare che Jonathan avesse una famiglia lo rendesse più comprensibile. Mina ricordò la pagina di giornale sulla scrivania del direttore Ullmann. Due uomini e due bandiere; dovevano essere erano politici. Jonathan doveva sapere qualcosa. O pensava di saperlo. Tuttavia le sue parole, a differenza di quelle di Oswald, suonavano meno autentiche, rendendo difficile l’atto di credergli.
Jonathan fissava Mina, aspettando un suo commento, che non ci fu.
“Ho capito” disse voltandosi. “Fa’ come vuoi” disse, e sparì nella corsia delle spezie.
* * *
“È successo qualcosa?” chiese Oswald correndogli incontro per le scale, vedendoli arrivare. Aveva il fiato corto, l’espressione spaventata e a Mina parve di notare qualcosa che non andava nel suo aspetto.
“La pioggia…” disse a mezza voce, senza che gli altri non la sentissero.
“Non fa nulla, non preoccupatevi di me” rispose. “Però vedo che avete riempito gli zaini, molto bene. Guardò la pioggia attraverso gli squarci delle vetrate. “Credo che dovremo rimandare la partenza.”
Mentre parlava, Mina si rese conto con crescente orrore di cosa non andava nell’aspetto del vecchio. Erano i lunghi capelli fradici, compressi sulla forma del cranio e appiccicati al collo e alle spalle. La giacca, il cui colore si era incupito per l’acqua di cui era inzuppata. E i pantaloni, che cadevano dritti sulle scarpe, rilasciando tanti rivoli e goccioline. La pelle era lucida.
(Un lavaggio di morte).
“… non so come faremo questa notte” stava dicendo nel frattempo Oswald. “Ma… che avete da guardare? Sembra che abbiate appena visto un fantasma.”
“Oswald…” disse Mina con un filo di voce. Ora anche Jonathan lo fissava da sotto la fronte corrugata.
“Sì?”
“Sei tutto bagnato.”
Serie: The place
- Episodio 1: Nella pancia della balena
- Episodio 2: C’è qualcuno
- Episodio 3: Non è affidabile
- Episodio 4: Peccatori
- Episodio 5: Di nuovo sola?
- Episodio 6: Speranza
- Episodio 7: Polvere dal cielo
- Episodio 8: Fidarsi?
- Episodio 9: Mio padre
Oh no, quel pazzo di Oswald ha camminato sotto la pioggia? 😱🤦🏻♀️ Non oso immaginare cosa gli accadrà.
Esatto, preso dal panico si è gettato sotto la pioggia. Però Mina non si fida molto di Jonathan… potrebbe mentire, chissà 🙂
Si sente la tensione, la paura, il freddo della pioggia. Avrei osato di più sul finale.
Grazie Lino per essere passato di qua! In effetti ho sempre l’impressione, in questa serie, che manchi qualche qualche colpo di scena… ci sto lavorando 🙂
Speriamo che la teoria di Jonathan non sia corretta. Questo colpo di scena aggiunge un pizzico di adrenalina in più alla storia.😉
Esatto, è un pericolo subdolo, invisibile… vediamo che succede 🙁