
PROLOGO
Serie: Terra Rossa
- Episodio 1: PROLOGO
STAGIONE 1
Ero arrivato troppo tardi.
Il Santuario della Santa Pietra, avvolto dalla putrescente sostanza rossa, ricordava il vivo stomaco estirpato ancora pulsante di una bestia.
In verità gli architetti dovevano aver cercato inspirazione nel concetto di elevazione della stirpe umana verso Dio, disegnando una cupola dalla base circolare protesa al raggiungimento dei cieli. Inglobato però in quel modo orribile dalla Terra Rossa, il Santuario era ormai divenuto, senza ombra di dubbio alcuna, la contorta immagine del sogno primigenio dei suoi fautori.
Una qualche visione perversa che mai avrebbero previsto, nemmeno nelle notti più oscure.
Altre interpretazioni meno logiche si insinuarono nella mia mente. Ad esempio, osservandolo non dal basso verso l’alto ma nel senso opposto, pensai sarebbe potuto assomigliare ad una lacrima nel momento dell’impatto con il suolo.
O ad una goccia di sangue.
Varcai correndo l’ingresso, lasciandomi spalancata alle spalle la grande porta sacra in legno pregiato ed i suoi ghirigori intagliati con antica maestria.
Decine di cadaveri mi apparvero di fronte. La sorte dei fedeli del Vecchio Ordine era stata fin troppo crudele. Le loro carcasse erano contorte e spezzate nelle forme più bizzarre, come manichini lanciati contro un muro e poi calpestati.
Alcuni avevano le gambe a forma di scale o rivolte verso la testa. Altri avevano il collo talmente ruotato da potersi guardare i talloni. Ce n’era uno con le dita delle mani che fuoriuscivano dalle orbite. Le braccia erano state in qualche modo girate dietro la schiena e conficcate nel torace, per poi essere spinte dalla gola fino al teschio.
L’opera di un’artista dell’incubo.
Il tanfo era altrettanto orribile. L’odore si insinuò subito nelle mie narici quasi bruciando i capillari facendoli sanguinare. Le viscere mi si attorcigliarono. Non per la distesa di corpi, ma per l’angoscia di cosa potesse essere accaduto. Per poco non corsi a vomitare sulle ossa dei santi all’interno di uno degli altari in marmo.
Quel luogo, che già di per sé trasudava religiosità e mistero, era diventato un mausoleo. Fu un’imponente nota diramata nell’aria a disturbare il silenzio dei morti.. Sollevai lo sguardo notando l’affresco dell’antico Dio e ne compresi immediatamente la provenienza. Situato sulla campata superiore, scrutando dall’alto il macabro spettacolo con fare intimidatorio, era situato un organo a canne, vestigia di suoni antichi. In tutta la sua imponenza parve essere il guardiano del tempio.
Qualcosa doveva aver per fatto scattare le staffe dei comandi generando il rumore.
O qualcuno.
Dal punto in cui mi trovavo mi era impossibile vedere al di là delle colonne scolpite.
‘C’è qualcuno?’ Domandai ad alta voce.
Le mie parole echeggiarono saltando da una parte all’altra della chiesa, ma senza ricevere alcuna risposta.
Decisi allora di controllare i corpi.
Se ne avessi trovato anche uno solo ancora vivo magari avrei potuto ottenere delle risposte.
Li esaminai meticoloso percorrendo la navata, cercando i battiti nelle vittime più promettenti.
Nessuna fortuna, né per me né per loro.
Poi, uno spettacolo tanto raro quanto malefico ebbe inizio. Ne avevo sentito parlare ma mai mi sarei aspettato di viverlo in prima persona.
Erbacce di color vermiglio spuntarono dalle viscere della terra forando la pelle degli uomini insinuandosi poco a poco all’interno dei loro orifizi.
Il rosso demoniaco, amalgamandosi e fondendosi alle carni li ghermiva.
Udii il lamento di un uomo in lontananza, vicino al presbiterio. Accorsi quindi per prestare soccorso e liberarlo dal giogo dell’Entità.
Saltai un elaborato cancello nero in ferro dalle finiture dorate, tuffandomi poi vicino a lui in scivolata per guadagnare tempo. Sotto agli occhi inquisitori di due statue lignee dai volti cupi e scarniti, provai a strappare quanta più erba scarlatta possibile prima che fosse troppo tardi. Nelle mie mani essa si trasformava, divenendo una viscosa sostanza liquida. E non importava quanta ne rimuovessi o con quanta rapidità. Sempre rinasceva inesorabile moltiplicandosi come un Idra.
Cercai dunque di parlare con il moribondo.
Un raggio di luce filtrando dalle vetrate ne illuminava il viso rivelandone le fattezze e rendendo quella scena già di per sé surreale, quasi ultraterrena. Era un ragazzo di circa vent’anni, nonostante ne dimostrasse almeno dieci in più. Pensai a quanto fosse facile per i monaci convertire i più giovani offrendogli un rifugio ed uno scopo.
Le sue gambe erano rotte come quelle degli altri, e il braccio desto era stato sradicato fino alla spalla. Il suo sangue si mimetizzava con il suolo, ma l’arteria brachiale che doveva aver schizzato fino a pochi momenti prima fiumi di vita si era annodata richiudendosi su se stessa fermando temporaneamente l’emorragia.
Anche l’orecchio destro e parte della guancia erano stati strappati. Quest’ultima lasciava intravedere parte della dentatura fracassata e delle gengive sporche ricoperte di polvere. Nessuna speranza per lui.
‘Effenn, cos’è successo?’ Chiesi tentando di afferrare il suo sguardo disperso, come quello di un tossicodipendente.
Il giovane uomo piangeva fiumi di lacrime ed oscillava la testa boccheggiando in preda al panico.
‘Ti prego…’ singhiozzò ‘Non voglio morire… non voglio morire… non voglio diventare uno di loro…’
‘Non posso salvarti effenn…’ mormorai con tono calmo ‘Ma non diventerai uno di loro te lo prometto.’
‘Come ti chiami?’ Domandai poggiando la mia mano sulla sua, dura di calli per il lavoro in cava.
‘Mo… Mosan…’ balbettò.
‘Mosan, starò qua con te fino alla fine. Ma ti prego ho bisogno di sapere cosa è accaduto.’
Con le forze rimaste, tra un gemito e l’altro riuscì ad esprimersi.
‘Maraj… Maraj ci ha tradito.’
Il Principe del Destro. Maraj dell’ Oltrevia. Fino a quel momento avevo pensato si trattasse di un personaggio di fantasia. Di lui, tutte le genti dall’estremo Sud di Tulayn alle Montagne a Nord di Virako ne cantavano e magnificavano le gesta come se si trattasse di un eroe o un santo. Si diceva volesse allestire un esercito e combattere la Piramide. Si diceva anche potesse controllare le menti e vedere il futuro.
‘Una donna e due bambini si trovavano qui. Cosa ne è stato di loro?’ Chiesi.
Lui voltò lo sguardo come per evitarmi. Percepii codardia e ansia in quel gesto, ma non rammarico. Gli afferrai la mascella premendo con violenza le dita sul foro nella guancia. Lui tentò di dimenarsi, sofferente ed impotente dinnanzi alla mia presa.
‘Li avevate rapiti perché Anzû. Voi fanatici volevate sacrificarli al vostro Dio.’ Mi accorsi del suono oscuro della mia voce e non mollai la morsa ma anzi, la rafforzai.
‘Parla se vuoi la mia pietà.’
Ancora una volta non rispose. Frignava, mentre le mie dita premevano con forza sui premolari spostandoli verso il palato come fossero interruttori.
Lo incalzai.
‘La Terra Rossa tra non molto violerà ciò che resta di te. Se vuoi salvarti l’anima e presentarti dinnanzi a quello schifo di Divinità che veneri dovrò cremarti. E non so se ho intenzione di farlo.’
Le labbra gli tremavano come quelle di un neonato. Dopo qualche grido di dolore smorzato dal palmo della mia mano sulla bocca, rispose.
‘La donna è morta. Gli Alkinjan l’hanno uccisa…’
Raggelai. La vista mi si offuscò e il cuore parve esplodermi nel petto. La gravità del pianeta sembrò moltiplicarsi, tant’è che dovetti sorreggermi con le braccia per evitare di sprofondare sul suolo.
‘I bambini.’ Biascicai ‘Cosa ne è stato di loro?’
‘Tutta rossa… la vita… la Piramide mi chiama…’ farneticava.
La Terra Rossa si era impadronita della psiche dell’uomo ormai in preda alle convulsioni.
Dagli occhi verdi spuntarono facendosi spazio al di sotto della cornea piccoli fili rossi simili a tentacoli che finirono per bucargli le retine.
‘Rispondi figlio di puttana!’
‘Posso vederla… la Piramide…’
I filamenti ne ricoprirono e deturparono il viso affiorando da ogni dove, facendo fluire a fiotti sangue e altri fluidi corporei.
Era stato preso.
Come promesso bruciai il suo corpo in fretta e furia, utilizzando alcune candele.
Poi mi dileguai prima che gli altri si risvegliassero.
Saty era morta. E la stessa sorte forse era toccata anche ai bambini.
Ero arrivato troppo tardi.
Serie: Terra Rossa
- Episodio 1: PROLOGO
Un incipit davvero coinvolgente, una partenza col botto, che trascina subito il lettore nel vivo dell’azione. Le descrizioni di un mondo alieno, quasi infernale, sono vivide ed efficaci.
Getti anche i presupposti per un’ambientazione complessa, fatta di culti misteriosi, entità spaventose e – come sempre – attriti e guerre tra le razze.
Aspetto il secondo episodio
Grazie mille! Sono veramente contento che le sia piaciuto!
Queste atmosfere alla Dune prendono bene, le descrizioni meritano, ma per quanto riguarda la trama mi sono disorientato parecchie volte, tu mi dirai è solo il prologò, ok, tuttavia ho trovato il racconto slacciato, non approfondito in più punti / lo stesso Dune spiega tutto il libro nei primi paragrafi, ed è un opera quantitativamente grandissima, meditiamo… Comunque complimenti per un genere e una scelta insolita/ sono convinto che migliorerà
Grazie mille per il paragone con Dune, il quale mi ha ispirato tantissimo. Un grazie ancora piu’ grande per le critiche. Nonostante l’aver voluto inserire di propsito situazioni non chiare per “disorientare” in questa prima parte, io stesso percepisco il racconto come slacciato. Ho bisogno di lavorare e migliorare questo aspetto che percepisco come una debolezza nella mia narrazione e voglio rendere il tutto piu’ fluido in futuro. Consigli a riguardo sono molto piu’ che apprezzati!
Interessante questo prologo!
Grazie mille!