
Ricordi
Serie: La prepotenza dell'Essere
- Episodio 1: Il tesoro nei consigli
- Episodio 2: I passi del Gatto Nero…
- Episodio 3: Ricordi
STAGIONE 1
<< Scordatelo! Non ci andare, è pericoloso!>>
Era stato chiaro e piuttosto incazzato il Don quando era venuto a sapere quello che si era messa in testa Stefania, ma ormai era troppo tardi.
Era entrata di nascosto dentro la casa dove viveva Enrica. Era buia e vista dal fuori sembrava abbandonata. Non ci viveva più nessuno da anni ma dentro era tutto stranamente ordinato e pulito.
Nella stanza da letto c’erano lettere, dentro il diario una vecchia foto scattata nel teatro. Nell’armadio e nei cassetti i vestiti erano in ordine e ben piegati. Timidi raggi di luce passavano tra le tende ingiallite dal tempo. C’era una grande sala, pavimento in cotto, divani in pelle, fotografie di famiglia appese alle bianche pareti. Un grande tavolo, sopra un centrotavola ricamato bianco c’era un violino. Ma non di ciliegio.
La moca gorgogliava e il caffè era quasi pronto, sul tavolo c’era un pacchetto di sigarette quasi finito, Stefania leggeva il diario di Enrica, frasi di una ragazza che amava la vita, problemi con lo studio quasi inesistenti, piccoli litigi ma cose da ragazzi. Da quello che aveva letto, Enrica sembrava una ragazza che sorrideva alla vita e che le piaceva viverla, aveva tanti amici, uno in particolare era Emilio con cui condivideva la passione per la musica. Sembrava una tipa che non cercava problemi con nessuno.
In paese nessuno ne voleva sentir parlare. Era la conferma che la sua anima era stata presa dall’Essere.
La prima vittima risaliva all’inverno del 1972 e il paese era piombato nel più completo mistero. Ma chi era? Come era nato? Perchè proprio nel borgo?
Il professore era stato chiaro. Che non avrebbe detto altro e che di lì in avanti, Stefania, doveva cavarsela da sola.
<< La prego! Mi aiuti!>>
Stefania insisteva nel chiedere aiuto al vecchio professore che era seduto di fronte a lei ad tavolino in veranda mentre si gustava un tè inglese.
<< Enrica era una mia allieva! Bella, intelligente ma TESTARDA! Io glielo avevo detto di farsi gli affari SUOI! >> Il professore tremava mentre parlava e un goccio di tè era caduto sui pantaloni color nocciola.
Era stato chiaro con Stefania che quel loro incontro non era mai esistito e aveva dato indicazioni precise su dove, forse, poteva reperire un violino di ciliegio. L’artigiano si era ritirato da un bel po’ e non era semplice trovarlo. In quanto a saperlo suonare lei, non aveva nemmeno idea di come cominciare.
Nuvole che galleggiano sopra le montagne verdi nascondono piccoli paesi che sembrano puntini bianchi accanto a campanili rossi.
La desolazione, le viuzze in pietra erano bagnate, le case erano chiuse e sembrava che non ci viveva nessuno, Stefania mentre camminava si sentiva osservata e sicuramente lo era, certamente qualcuno la guardava dietro le tapparelle chiuse delle case, come era solito fare da un po’ di anni.
Era arrivata davanti a quella vecchia casa, di fianco c’era il teatro, erano cinque anni che non ci passava davanti, ma quella sera si era fatta coraggio.
Era caduto un vaso di terracotta e si era frantumato. Il gatto nero la guardava accovacciato davanti al portone verde del vecchio teatro. Lei fece finta di nulla e sorrise a malapena, convinta ancora una volta di essere nel posto giusto e nel momento giusto. Si era fermata immobile a ricordare il suo amico Andrea.
Il giorno dopo come tutte le mattine, si era svegliata all’alba. Aveva l’abitudine di annusare il barattolo di vetro con il caffè.
Aveva frettolosamente salutato il Don che si era raccomandato e dopo averle dato le indicazioni precise era uscita di corsa. Aveva un impegno che non poteva rimandare.
Quello che rimaneva della bottega di musica era solo un’ insegna in legno mangiata dall’umidità e una saracinesca a rete metallica chiusa, dietro i vetri impolverati c’erano solo scaffali vuoti.
Continuava a camminare sul marciapiede in mezzo a palazzine anni ’80, le poste, la fermata dell’autobus sotto l’antico cedro, poco più avanti c’era un piccolo ospedale.
Dalla porta scorrevole era uscito un uomo tutto sgrendinato, capelli spennacchiati bianchi, barba incolta, una camicia a quadri marrone rimboccata a tre quarti, aveva tra le labbra un mezzo sigaro toscano che agitava tra i pochi denti e imprecava verso qualcuno all’interno. Si era seduto sulla panchina e si guardava intorno, Stefania che era seduta accanto a lui, era convinta di aver trovato la persona che cercava ma faceva finta di nulla. Si era spazientito dalla sua presenza e cercava di allontanarsi.
<< Aspetti. Devo parlarle. Amedeo.>>
Lei aveva cercato di attirare la sua attenzione.
L’uomo aveva fatto finta di non sentire. Sapeva benissimo che la ragazza stava chiamando lui. Si era convinto solo dopo essere stato fermato con forza per un braccio.
<< Solo Lei può aiutarmi Amedeo! La prego!>>
Aveva detto Stefania con gli occhi terrorizzati.
Era stata insultata, offesa e maltrattata a parole poi Amedeo aveva ceduto e si erano seduti al tavolino della pasticceria. Raccontava che anche lui faceva parte della banda musicale, conosceva bene Emilio, Enrica, era un coscritto di Dante e amico stretto. Come tanti nel paese aveva una storia triste da raccontare, la moglie era stata rapita dall’Essere e di lei non ne aveva avuto più notizie da molto tempo.
<< Qualcuno in paese aveva sbagliato e ora ne paghiamo NOI le conseguenze! Il peccato! >>
Ripeteva l’uomo a bassa voce con gli occhi spalancati fissi in quelli di Stefania.
Non parlava con nessuno da un bel po’ di tempo e sembrava infastidito. Da quando aveva chiuso la bottega si era rifugiato in una casetta in legno nel mezzo al bosco, d’estate ogni tanto tornava al paese ma d’inverno spariva completamente. Campava con i frutti del suo orto e cacciagione che lui stesso si procurava. Anche Stefania aveva raccontato la sua storia, il tragico incontro di cinque anni prima e la sua determinazione a sconfiggere l’Essere, ci era voluto un bel po’ ma alla fine era riuscita a strappargli un sorriso.
<< Te lo farò arrivare in canonica! Ma non rompermi più le palle! >>
Aveva detto rassegnato prima di alzarsi dalla sedia e sparire dentro un autobus.
Ancora nuvole in cielo sempre più nere promettevano un altro temporale, Stefania aveva messo una moneta nella cabina telefonica, prima di rientrare in canonica voleva chiamare la sua famiglia che viveva ancora in città.
Un fulmine poi un forte tuono e la linea era caduta, sapeva che non era facile comunicare con la città quando pioveva forte. Rassegnata si era incamminata in un vicolo, pensierosa, ricordava i pomeriggi dopo scuola quando con Andrea si occupavano del giornalino scolastico e delle collaborazioni con la redazione locale nei fine settimana.
Il sole scaldava timido il pomeriggio di una domenica d’inverno, facce colorate, vestiti allegri, ragazzi che si rincorrevano e carri allegorici sul corso principale. Era il carnevale! Da ragazzi si erano occupati di alcuni reportage su una delle feste più famose della toscana. Quella sera dopo la festa avevano mangiato una pizza in passeggiata, due birre, il profumo del mare seduti sul molo, c’erano dei pescatori che ridevano e delle barche che rientravano in porto. Andrea scattava foto buffe, ridevano come ragazzini. Le loro mani si erano sfiorate, poi le loro labbra. Avevano fatto troppo tardi e la corsa fino in stazione non era servita a nulla. L’ultimo treno per la città era partito. Rimasero a spasso fino a tarda sera poi un loro amico era passato a prenderli. Nella notte in due, fecero più giri di circonvallazione in motorino, lui guidava, lei dietro lo teneva forte. Nessuno dei due aveva voglia di tornare a casa.
Dal nulla era apparso un uomo, completamente vestito di nero, indossava un cappello che copriva una faccia completamente sfregiata, l’aveva agguantata con forza e sbattuta al muro. Con una mano le tappava la bocca. Aveva deciso che doveva parlare solo lui.
<< Leggilo tutto! C’è scritto tutto quello che ti serve. >>
Aveva detto quell’uomo con un filo di voce prima di fuggire tra i freddi vicoli in pietra del borgo.
Era un quaderno dalla copertina rigida, sulla prima pagina c’era scritto ” ricordi di un matto, in un mondo di matti”.
Serie: La prepotenza dell'Essere
- Episodio 1: Il tesoro nei consigli
- Episodio 2: I passi del Gatto Nero…
- Episodio 3: Ricordi
Spero vorrai continuare la serie, ormai seguo le vicende di Stefania con molto piacere. Quest’ultimo incontro ha acceso la mia immaginazione, vuoi per il color “nero” che associo al gatto che di tanto in tanto attraversa la strada della protagonista.
Grazie Micol e grazie a tutti. Sono felice che apprezzi i particolari.
“Il professore tremava mentre parlava e un goccio di tè era caduto sui pantaloni color nocciola.”
questi piccoli particolari arricchiscono l’esperienza della lettura
Tutto s’infittisce, con la chiusura e la consegna di un quaderno. Il personaggio 92nne del professore mi richiama la somma conoscenza che non può essere trasmessa a parole ma solo attraverso i passi della consapevolezza, quando si è giovani come la protagonista. Per contro, mi viene in mente Alice nel paese delle meraviglie che pone continue domande…il professore mi chiama alla mente il cappellaio matto. Apprezzato.
Grazie molte… 🙂
La somma conoscenza che sia da esempio per i giovani…