Sei giorni dopo

Serie: The place


NELLA PUNTATA PRECEDENTE: Una terribile esplosione (nucleare?) ha distrutto il centro della città dove Mina ha sempre vissuto e lavorato. La civiltà è scomparsa, e Mina deve fare qualcosa.

Per tre giorni la temperatura si mantenne sopra la media, poi diminuì introducendo l’autunno. Il sole non si era più visto e dal giorno dell’esplosione il cielo plumbeo pareva velato da uno strato di nuvole, sebbene a Mina sembrasse che tutte le nuvole fossero state spazzate via dall’onda d’urto. Era come se il cielo fosse terso da un velo perfettamente uniforme.

Un’unica nuvola stirata con il mattarello.

Si era affacciata alla finestra subito dopo l’esplosione, ma l’aria era intrisa di polvere tanto da non riuscire a respirare, e decise di tenere chiuse le finestre. Il mondo sembrava in lutto e non parlava più attraverso la voce del vento; nemmeno un sussurro. Nessun lamento.

Un minuto di silenzio per la razza umana.

Il mattino del terzo giorno dopo l’esplosione, in assenza di vento la polvere aveva iniziato a depositarsi, e allora Mina vide. Laddove prima c’era la città, con i tetti dei palazzi, le strade e i giardini, ora c’era un ammasso fumante di brandelli di muri e carcasse di case squarciate.

Nel punto esatto in cui fino a poco prima svettava contro il cielo il palazzo del suo ufficio, ora c’era un cratere. Le vennero in mente i soldati intenti a scaricare le pesanti casse dai camion. Chissà se quel giovane che ne aveva lasciata cadere una era ancora vivo.

“Congedo ragazzi. Si torna a casa” disse il Sergente.

Il quarto giorno, Mina versò il suo ultimo bicchiere di acqua minerale, affettò l’ultima carota e gettò nell’immondizia qualche confezione di carne andata a male. Si sentì stupida quando si accorse che nessun netturbino sarebbe venuto a ritirare l’immondizia, così gettò il tutto dalla finestra, e nel compiere quel gesto avventato si chiese perché il condominio si era improvvisamente disabitato. Poi ricordò – non senza una punta di vergogna – che quando tutto era saltato per aria era l’orario di lavoro.

Nessuno si lamentò per la puzza di carne marcia.

Di notte non riusciva ad addormentarsi. Dalla città giungeva di tanto in tanto un urlo, un boato, o semplicemente il silenzio assordante di una civiltà che si era polverizzata.

E poi c’era il mal di testa, che non l’aveva mai abbandonata dalla sera del giorno dell’esplosione. Una sensazione sgradevole ma lieve, che faceva da sottofondo ai suoi pensieri e forse era la responsabile dell’assurdità dei sogni che invadevano la testa le rare volte che riusciva ad addormentarsi. Una notte, Mina distinse nell’ombra della strada sotto alla finestra della cucina una gatta appollaiata su un muretto.

“Ciao, micetta” aveva sussurrato come se le sue parole avessero potuto turbare il sonno di qualcuno.

Mina è matta, parla con la gatta.

Il mattino del sesto giorno, Mina ciabattò fino alla finestra della cucina e l’aprì. Venne accarezzata da una lieve brezza. È arrivato l’autunno, pensò come se fosse un giorno qualsiasi di fine settembre.

Gli giunse all’olfatto un sentore metallico. Lo stesso odore di quando aveva per sbaglio fatto bollire dell’acqua in un pentolino di alluminio utilizzando il microonde. E poi c’era odore di marcio.

Chiuse la finestra e guardò la piccola cucina. Sul ripiano in fianco ai fornelli incrostati giacevano gli scarti raggrinziti delle carote. Forse la puzza viene da questo schifo, pensò. Riaprì la finestra per gettare le scorie dei suoi ultimi pasti e arieggiare la casa. Il fetore tornò più forte di prima. Richiuse la finestra.

In salotto la muffa aveva ripreso a crescere da un angolo del soffitto. La natura che si prende la rivincita pensò Mina. Il frigorifero ormai vuoto giaceva all’angolo della cucina come una cassa da morto bianca, anche se un po’ troppo grande per un bambino.

“Non posso più stare qui” mormorò.

Si vestì con un cappotto pesante e rovistò tra le cianfrusaglie sepolte nel ripostiglio, portando alla luce uno zainetto, troppo piccolo per inserirvi più di una coperta di lana, ma sempre meglio di niente. Dall’appendiabiti prese una berretta e una sciarpa. Si infilò la berretta in testa e si sentì una soldatessa. Avvolse la sciarpa attorno al collo, passandosi un paio di giri anche sulla parte inferiore del volto, coprendosi bocca e naso.

In soggiorno, si guardò attorno ragionando su cosa avrebbe potuto esserle utile là fuori, quando l’occhio le cadde sul telefono. Sollevò la cornetta e la portò all’orecchio. Dalla linea giungeva un ronzio inquietante. Compose il numero di vera e rimase in attesa. Dall’altra parte non giunse alcuna risposta. Solo il silenzio ronzante della linea morta.

Ferma sulla soglia di casa, salutò il suo appartamento come un capitano in procinto di abbandonare la sua nave. Non dovrò più pagare il mutuo pensò.

Rise alla sua stessa battuta. Prima di lasciare per sempre la sua casa, staccò la presa del telefono.

Serie: The place


Avete messo Mi Piace4 apprezzamentiPubblicato in Horror

Discussioni

  1. Molto interessante. Ho letto decine di apocalissi e metto la tua visione fra le migliori: realista, cruda, senza fronzoli inutili, essenziale come dovrebbe essere. Tienimi ancora incollato al racconto.

  2. Ho notato una sottigliezza che sembra essere un indizio: il palazzo degli uffici dove lavorava Mina è il ground zero?

  3. Mi colpisce l’incoscienza di Mina, la sua ingenuità che si è rivelata fin dalle prime battute per poi acuirsi nell’abitudine a sognare ad occhi aperti e infine culminare nel suo totale distacco dalla realtà. Hai descritto molto bene il principio di malessere che si sta impadronendo del suo corpo e che proviene dall’organismo oramai intaccato. Hai descritto molto bene anche il momento dell’esplosione e le fasi immediatamente successive. Leggendo mi sono chiesta se per Mina sia meglio (o peggio) dentro o fuori dall’appartamento. Sono curiosa di leggere quello che le accadrà.

    1. Ciao Cristiana, fa sempre piacere leggere i tuoi commenti!
      Sicuramente la catastrofe sarà un punto di svolta per Mina. Potrebbe essere l’occasione per lei di trovare quella sicurezza che le è sempre mancata… certo che da sola e in un mondo che presto scivolerà nel caos non sarà semplice.
      Vediamo che succede.