Sto bene

Serie: MEZZANOTTE COSMICA


Una coppia in crisi affronta un conflitto domestico mentre l'apocalisse si avvicina.

Sto male.

Lui crede sia possibile. Parla di futuro, che andrà bene. Lo facciamo insieme, dice, lo affronteremo.

«É la cosa giusta da fare!» mi rassicura.

«Sicuro?»

«Certo.»

«Come?»

«Insieme» ripete.

«Sì ma, come?» provo a capire.

Mi afferra le mani. «Con il nostro amore.»

Forse ha ragione.

«Tu pensi davvero che basti questo?» domando.

Si guarda attorno. «Cos’altro ci rimane?»

Sono io che non vedo oltre.

«Al resto, ci pensi?» lo metto alla prova.

Scrolla le spalle «dovrei?» come se niente fosse.

Un sapore di bile mi sale in gola. Slego le mie mani dalle sue. Mi alzo e faccio un sorso.

«Tu vuoi ucciderlo!» mi fa, sicuro di quel che dice.

Sento l’acqua fluire attraverso ogni fibra del mio corpo.

«Morirebbe comunque» sussurro.

La mia certezza lo ferisce.

«Non spetta a te deciderlo!» La sua apprensione diventa dominio.

Rompo il bicchiere di vetro sul ripiano in acciaio laminato, frantumandolo in mille pezzi.

«Sono io a pagarne il prezzo!» voltandomi verso di lui.

«Vorresti dire che non è così?» insiste.

Una scheggia mi si è conficcata nel dito.

«Non lo è!» scocciata «Certo che non lo è!»

«Era quello che volevamo» prova a convincermi.

«Non importa più quello che vogliamo noi, lo capisci?»

«Ho aspettato una vita per questo!» Non ne vuole sapere.

Sono giorni che va avanti questa storia.

«Ma che cazzo dici?» sono incredula.

«Sarebbe una delusione» mi fa. «Cosa penserebbero gli altri?».

Mi rifiuto di rispondere. Corro in bagno nauseata. Nello specchio avanti a me, carne informe, sputata lì, senza ragione.

Di là invece, una scimmia ammaestrata, una vita passata a dare risposte.

«Brava chiuditi!» sbraita dal corridoio.

Trattengo l’isteria.

«Voltami le spalle!» aggiunge.

Una storia che conosco già.

«Apri la porta!» irritato «Sbrigati!».

Cerco di fermare il sangue con la saliva.

«Non puoi capire» dico.

Il mio petto è una centrale atona di battiti irregolari.

«Non c’è un cazzo da capire!» ribatte.

«Non mi auguro che tu lo faccia!»

Comincia a dare colpi.

«Non dipende da te!» continua. «Apri!»

Picchia alla porta, ripetendo la solita litania. Mi volto e vedo quell’aggeggio ancora lì, sul davanzale. Lo afferro e lo metto in tasca, mi da una certa sicurezza. Dopo essermi ripresa, esco dal bagno, evitandolo, decisa a fare quello che devo.

«Allora?» domanda.

Le chiavi della macchina.

«Che cosa pensi di fare?» mi segue.

Credevo di averle lasciate in giro da qualche parte.

«Quello che devo!» rispondo.

Eccole!

Avanza, sfilando le chiavi dell’auto e piazzandosi davanti alla porta di casa, bloccandomi l’uscita.

«Non lo farai!» insiste.

Tiro un lungo sospiro.

«Spostati…».

«Una vita…» mi fa.

«La mia…» rispondo.

«La nostra!» ribatte lui.

Lottiamo per il controllo.

«Dammi le chiavi!» ripeto per l’ennesima volta.

«Tu non vai da nessuna parte» dice.

Bloccata tra la mia libertà e la sua ossessione.

«Non c’è più spazio per noi» dico, ormai priva di emozioni.

Fisso il vuoto. «Questa casa, questo matrimonio, un gioco che abbiamo coltivato per troppo tempo.»

«Anche con l’apocalisse, continui a credere di poter controllare tutto, compresa la mia vita.» dico.

Sferra un pugno contro la parete rivestita in marmo pregiato, facendo cadere una cornice con una foto delle nozze.

«Ti sbagli di grosso!». È agitato.

Lo guardo negli occhi.

«Non c’è più alcun noi, né te, né me», gli dico, senza un briciolo di pietà. «È finita!».

Vedo il fuoco nei suoi occhi bruciare ogni vestigia di ragione.

«Adesso, dammi quelle cazzo di chiavi!» concludo.

Il suo sguardo è un atto predatorio. «Il tuo culo resta qui!» dice, stringendo quel mazzo così forte da bucarsi il palmo sinistro.

Siamo due lupi che si contendono una carcassa per la sopravvivenza.

Infilo la mano in tasca e sento quell’oggetto, dimenticato, così importante, tra le mie dita.

Con tutte le mie forze cerco di strappargli via le chiavi, ma le tiene salde. Con un’ultima spinta, riesco a liberarmi e ad afferrarle, lasciando un solco di graffi sul suo viso.

«Non me lo porterai via!» esclama, mentre sento le sue mani afferrarmi le gambe, tirandole con una violenza brutale.

Cado a terra, Il test di gravidanza che ho tra le mani scivola via, rivelando la mia disperata ricerca di libertà in un mondo in declino.

Sferro calci «Dovrai strapparmelo dalle viscere!» sono agguerrita.

In preda alla nostra colluttazione casalinga, afferro un frammento di vetro e lo pianto sul suo dito, tranciandolo in due.

È la mia risposta alla sua oppressione.

Il mio bambino.

Tra vasi rovesciati e vetri rotti, raccolgo quel che resta e fuggo, lasciandolo lì, sul pavimento in legno di noce nella sala da pranzo.

Nel caos, noto di aver raccolto anche il suo dito mozzato, avvolto dalla fede nuziale: testimone del nostro fallimento.

Mi precipito verso l’auto e, prima di mettere in moto, nel secchio della spazzatura, giace il test di gravidanza con l’anulare insanguinato del mio ex marito.

Tutto ciò che mi resta da fare è sacrificare ciò che ho di più caro.

Mentre cerco il centro aborti più vicino, penso a quanto patetica sia la vita.

Dallo specchietto retrovisore si allontana la casa dei miei sogni.

Non è altro che un ammasso di cemento ben organizzato.

Sto bene.

Serie: MEZZANOTTE COSMICA


Avete messo Mi Piace5 apprezzamentiPubblicato in Umoristico / Grottesco

Discussioni

  1. ho apprezzato soprattutto le battute di dialogo, che sono ben strutturate e hanno il giusto ritmo. Forse le didascalie e le parti descrittive sono un po’ troppo telegrafiche. Ma nell’insieme rendi efficacemente la situazione.

    1. Grazie per l’osservazione, Francesca. Hai ragione, avrei potuto ridurre le descrizioni per rendere la narrazione più fluida. Ne terrò sicuramente conto.