
Strani rapimenti
Il maresciallo Vincenzo Guidi era nel pieno del lavoro in caserma. Verificava i dati, incrociava le testimonianze, setacciava indizi.
I fatti.
Un agricoltore di cinquantanove anni, Nicolò Zampa, era scomparso dai campi. Il trattore era rimasto immobile, il motore acceso. Erano stati i famigliari a preoccuparsi della sua sorte e avevano chiamato i carabinieri.
Daniela Campi, quarantenne single e padrona di una fabbrica tessile, stava tornando a casa ma non aveva mai raggiunto la sua abitazione. L’automobile era stata trovata in un parcheggio, di strada, e solo il giorno dopo i dipendenti avevano chiesto aiuto. Era strano che lei non fosse a lavoro.
Alberto Michea, liceale, diciottenne, non era mai arrivato a scuola.
E poi Sofia Albertini, Graziana Dellea, Marcello Adriano… Tutte persone scomparse in poco tempo. Per un piccolo comune di provincia, la scomparsa di sei persone in una settimana era una stranezza.
Vincenzo sapeva che doveva faticare, ma forse non era in grado di trovare la soluzione del caso.
Il caso. Perché sì, c’era dietro una sola regia. Era difficile che sei persone avessero avuto l’idea di svanire nel nulla nello stesso arco di tempo. Certo, il comune era un buco dove non succedeva mai nulla, ma perché andarsene tutti insieme seppur in apparenza non si conoscessero?
Vincenzo lasciò la scrivania, andò alla finestra, fuori non c’era nessuno. Andò all’interfono: «Brigadiere, ho bisogno che mi porti alcune carte» comunicò.
Non ricevette risposta.
Vincenzo grugnì un’imprecazione. In teoria, il brigadiere doveva essere sempre pronto ad ascoltarlo, non a ignorare le sue richieste.
Infastidito, lasciò l’ufficio e andò a dirgliene quattro.
Non lo trovò, non vide nessuno, tranne che c’era un messaggio scritto:
Abbiamo rapito tutti
Quindi era quella la faccenda, erano strani rapimenti, c’era una regia occulta.
Vincenzo si terse il sudore, andò di corsa nel suo ufficio, cercò di chiamare rinforzi ma non ci riuscì, non rispondeva nessuno. Era improbabile che il colpevole dei rapimenti fosse arrivato a tanto, addirittura a isolarlo.
«Sono l’unico sopravvissuto?» si domandò.
Vide arrivare qualcuno e prese la pistola. Si sarebbe difeso.
***
«Mi spiace per suo zio, ma è malato» disse il medico.
«Che cos’ha?» rispose Mario Guidi. Era venuto un po’ infastidito perché doveva pensare a un affare con i cinesi, ma vedendo le cattive condizioni di suo zio Vincenzo, si era subito preoccupato.
«Soffre di demenza senile. Sa, capita a molti uomini della sua età…».
«Non è neppure andato in pensione». Abbassò lo sguardo.
«Forse il suo lavoro nell’Arma l’ha logorato».
Mario si rattristò. Suo zio aveva lavorato a lungo nell’Arma dei carabinieri, non era giusto che un investigatore come lui fosse costretto a degradarsi in quel modo, con le persone che sparivano, come rapite.
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Ciao Kenji, molto interessante l’argomento, lo avrei argomentato più intensamente. Poi ti conosco, ti ho letto molto e so che è il tuo stile: asciutto, chirurgico, essenziale. Se vuoi qualcosa di più devi metterci la tua fantasia. All’inizio facevo fatica ma ora ti leggo volentieri e ti trovo stimolante.
+
Grazie per il commento (e soprattutto per il segno +), ma mi sa che questo è uno degli ultimi racconti, poi basta, non mi piace scrivere. Ad esempio ora sono qua, al PC, con dei racconti che vanno scritti, ma mi è passata la voglia; meglio disegnare
La prima parte mi piace molto: nell’avvio mi sembra davvero di essere davanti a un verbale dei carabinieri. Tono pragmatico, molto descrittivo. La seconda parte mi destabilizza un po’, forse per l’imprvviso cambio di tema
Grazie per il commento! Non so se continuerò a scrivere, boh, non ho più voglia
Se cambi idea ha una incipit quasi pronto per una bella storia
Non penso proprio, odio la scrittura, e poi ho tantissime storie da scrivere! Detto questo, ti scrivo un messaggio privato
Tema molto attuale è la demenza senile o Alzheimer. Si viene rapiti a sé stessi e la realtà per loro è completamente distorta. Ho apprezzato molto anche lo stile. Bravo Kenji.
Ti ringrazio molto!
Personalmente mi è piaciuto davvero molto il cambio netto di tono tra la prima e la seconda parte e nel complesso penso che sia un racconto che riesce ad andar giù come l’acqua fino ad arrivare ad un amaro (ma comprensibilissimo) epilogo che calza alla perfezione.
Per il finale mi sono ispirato a una storia di Dylan Dog. Grazie per il commento!
Questa storia l’ho scritta in novembre e, non so perché, mi ha lasciato insoddisfatto. Sono un po’ masochista, l’ho pubblicata lo stesso 🙂 🙂 🙂