
Terrore una sera di fine estate
Serie: Antologia Horror
- Episodio 1: Terrore una sera di fine estate
- Episodio 2: Sotto la polvere, il nero
- Episodio 3: Luna bugiarda
STAGIONE 1
La strada si svuotó di botto sulla Statale 12. Le ultime macchine, occasionali e veloci, marciarono in direzione nord. All’improvviso in giro, non c’era più nessuno.
Il fresco venticello muoveva le foglie degli alberi come maracas. Era un venerdì sera del 1998.
Glauco si godeva l’inaspettato e silenzioso tramonto. Aveva preso in gestione un distributore di carburanti, da quando era uscito dal carcere, un anno prima, ce la metteva tutta per ricominciare da capo.
Era sua abitudine osservare il paesaggio prima di chiudere, ancora l’ultima occhiata, approfondita e intensa alle colline, verdi e bagnate dalle ultime giornate di pioggia, irraggiate da un timido sole che lento lasciava spazio alla sera. Si sentì libero.
Alle 19 in punto inserì l’automatico. Meticoloso contò l’incasso, banconota per banconota, moneta per moneta poi chiuse a chiave, salì sul motorino e tornó a casa.
Abitava in un piccolo bilocale al primo piano in una palazzina degli anni ’60, composta da due appartamenti. Attorno, campi incolti e poco più avanti un boschetto. Al piano di sotto ci abitava una famiglia, un uomo e una donna, che avevano passato la sessantina, sapeva solo che erano pensionati dell’I.N.P.S., e il figlio avuto in tarda età, un tipo solitario e nullafacente, sui venticinque anni, dall’aspetto trasandato. Lo aveva intravisto qualche volta per caso, nel parcheggio, aveva i capelli neri e scarsi di cura, la pelle bianchissima, le guance scavate e butterate.
Loro non avevano mai dato confidenza a Glauco, lo salutavano a malapena solo quando dovevano riscuotere la retta dell’affitto: prezzo di favore, novecentomila lire al mese per un appartamento, vecchio e collegato male. Dare alloggio ad un ex detenuto avrebbe fatto fare bella figura all’uomo, presidente di una famosa associazione di volontariato della zona.
Come tutte le sere Glauco lasció il motorino davanti al garage, sotto il pioppo che di giorno ombreggiava il piazzale.
Litigavano di nuovo padre e figlio. Li sentiva spesso ma quella sera avevano le finestre spalancate, sembrava che non gli importasse di farsi sentire. Ancora delle urla talmente forti da far tremare i vetri. La voce del figlio, frasi senza senso; il padre parlava di soldi, di risposta urla incomprensibili del ragazzo, sempre più forti mentre la donna, piangendo, cercava di calmarlo. Non era una novità e Glauco, come sempre, non aveva dato importanza al loro litigio. Sicuro che, se avesse trovato qualcosa di meglio, avrebbe lasciato l’appartamento immediatamente. Si sapeva accontentare “sempre meglio di una cella” pensò.
Il silenzio all’improvviso, era un disco che si ripeteva ogni volta. I litigi non avevano mai la stessa durata, a volte pochi minuti, altre invece ore o nottate e finivano spesso quando il ragazzo usciva sbattendo la porta.
Dalla finestra aperta il venticello fresco. Glauco svuotó le tasche, aveva venticinque mila lire, accese la televisione mentre aspettava l’acqua bollire. Aveva voglia di spaghetti aglio, olio e peperoncino.
Dal piano di sotto venivano dei rumori, un ticchettio e uno spostamento di mobili. “Che staranno facendo?” si chiese prima di accendersi una sigaretta, mentre girava i canali della TV in un noioso zapping. Stava facendo di tutto per rimanere lontano dal vecchio giro. Ventisette anni, otto mesi in carcere, nessun amico, nessuna ragazza. Era rimasto solo.
Non riusciva a capire quel ticchettio, simile a quello di un orologio. Lo scroscio violento della doccia.
Buttó la pasta, l’olio soffriggeva nella padella, uno spicchio d’aglio, amava quel profumo che gli ricordava la nonna. Ancora dieci minuti prima di iniziare a cenare.
La sveglia sul mobiletto segnava le 19.53. Sulla tavola apparecchiata una tovaglia a quadri e la televisione che continuava a parlare. Glauco ascoltò disinteressato, accese una sigaretta e si appoggió al davanzale. Il venticello fresco, il cielo era già buio.
Di nuovo delle urla a squarciagola ma più feroci di prima. Sentiva bene il ragazzo che offendeva i genitori. Chiedeva soldi per un nuovo videogioco e poi voleva essere lasciato in pace. Il boato di una porta chiusa d’impeto. La rottura di un vetro e il suono, acuto e freddo di due schiaffi. Di nuovo offese alla madre. Il pianto agonizzante della donna, il rumore, gracchiante, dello spostamento di un mobile. Calò di nuovo il silenzio.
Glauco arrotoló il primo boccone di spaghetti, alternava lo sguardo tra il piatto e la televisione, una trasmissione priva di senso.
Quando finì di mangiare appoggió i piatti sul lavello e si buttó di nuovo sulla sedia, annoiato aspettava il sonno. Erano le 21.13. C’era un silenzio diverso dalle altre volte. Inizió a preoccuparsi Glauco. Il ragazzo era ancora in casa. C’era qualcosa di diverso dalle altre volte il rumore della doccia era troppo assiduo e assillante. Sembrava aperta a vuoto.
Il silenzio al piano di sotto interrotto all’improvviso. La televisione a tutto volume sostituì le urla. Era la musica di un videogioco. Qualcosa era diverso dalle altre volte. Il ragazzo giocava alla consolle, lo sentiva ridere. Dei passi lenti rimbombavano nell’eco della palazzina. La chiave girava nella serratura. La luce a tempo del pianerottolo accesa, si spense dopo qualche secondo. Glauco si fece coraggio e uscì dalla sua porta. Ancora la luce accesa.
La rampa di scale era breve fino alla porta degli inquilini, marrone e vuota, la televisione rimbombava nell’eco del silenzio, la doccia era ancora aperta. Abbassò la maniglia e si aprì. Nell’atrio un pavimento grigio e bagnato. La luce si spense, buio. Si allungó fino all’interruttore. Sentiva il pavimento appiccicaticcio. All’interno il tinello con angolo cottura. Nella penombra bluastra della televisione due quadri tristi attaccati uno accanto all’altro, una foto di famiglia. Il pavimento sporco, nel bagno la doccia ancora aperta. Il ragazzo era seduto al centro della stanza impugnava un joystick. La maglietta bianca, il viso e le gambe intrise di sangue.
Da un sacco nero appoggiato al muro, uscivano le gambe di un uomo – Ma cosa hai combinato?- balbettò spaventato Glauco. Il giovane lo guardó, aveva gli occhi di ghiaccio, un sorriso era piatto, una risata nasale. Continuó la sua partita. Ai suoi piedi la madre senza vita, abbandonata a casaccio per terra in un lago di sangue, stringeva nelle mani un bastone. Glauco capì cosa era quel ticchettio.
-Credo di aver fatto una cazzata- disse guardando la televisione.
Serie: Antologia Horror
- Episodio 1: Terrore una sera di fine estate
- Episodio 2: Sotto la polvere, il nero
- Episodio 3: Luna bugiarda
La parte dove si sentono i rumori senza che Glauco abbia modo di vedere ciò che sta succedendo è agghiacciante: less is more, in questo caso. Complimenti. Ti suggerisco solo una cura maggiore sulla punteggiatura, virgole e robe così.
Graaaazieee Gabriele… mi scuso per il ritardo ma sono stato e sono molto impegnato in questo periodo. Grazie mille apprezzo molto il tuo commento e faró tesoro dei tuoi consigli.
Una storia di genere crime che sfocia nell’horror: un’accoppiata vincente.
Questa storia mi intriga molto, fortuna che l’ho (ri)trovata, seppur in ritardissimo, grazie alla notifica del terzo capitolo, che hai pubblicato nei giorni scorsi. 😊👍
Grazie Giuseppe apprezzo molto il tempo che dedichi ai miei racconti. Sono appassionato di noir e crime è il genere che leggo di più. Grazie di nuovo a presto.
Fa paura, questa atmosfera. E assai più la risatina ebete del ragazzo. Ben scritto, Glauco.
Grazie molte Giancarlo, mi fa piacere che hai provato un briciolo di paura, quello era il senso del mio umile racconto noir.
Ciao Giglio, a me queste storie di orrore e di violenza piacciono. Questa antologia promette bene e vedo con piacere che stai tenendo sotto controllo la lunghezza dei LibriCK. A presto!
Ciao, grazie mille Tiziano.
Si si mi piace sfidare le 1000 parole, difficile e allo stesso tempo gratificante, sforzandomi a cercare sinonimi per accorciare le frasi😄
Questa antologia continuerà… sto lavorando al terzo episodio ma devo (purtroppo) mettere insieme gli ultimi pezzi. Grazie
“Il fresco venticello muoveva le foglie degli alberi come maracas.”
Questo passaggio mi è piaciuto
😄😄
Ciao Giglio, direi ‘eccoti!’. Sei come un ‘grande classico’ nel senso più sognante e positivo del termine. Sei esattamente quello che un tuo lettore si aspetta da te. In questo specifico caso, concordo con @cedrina, uno stile superbo e una conduzione del racconto impeccabile. Il protagonista che cerca di condurre la sua ‘normale’ vita mentre a pochi metri da lui c’è l’inferno. Ma quante volte capita? Mi hai ricordato molte tragedie che si consumano fra le mura domestiche e diventano fatti di cronaca. Credo che la tua più grande capacità sia quella di rendere spaventosa l’apparente normalità. Bravissimo
Ciaooo Cristiana! Grazie per il tuo commento :-). Hai preso in pieno il senso; dal mio punto di vista, ogni situazione puó trasformarsi in un episodio horror. Ti ringrazio di cuore per il tempo che hai dedicato alla lettura. In questo caso, il protagonista ha già un trascorso turbolento, cresciuto con genitori che non sa nemmeno lui, che fine hanno fatto, infatti lo ha allevato la nonna. Otto mesi di carcere per piccoli reati gli erano bastati e come succede spesso a chi lo merita: arriva la seconda opportunità. Una casa e un lavoro. L’occasione di riscattarsi. Ma il destino purtroppo lo rende protagonista di tutto questo. Forse un’aura negativa attira i guai verso di lui? O forse è stato un brutto scherzo del destino che ha offerto a Glauco un’altra difficoltà? Come si dice… piove sempre sul bagnato. Chissà se Glauco incapperà in altre situazioni spaventose?
Grazie di nuovo
Siamo in odore di serie?
🙂 🙂 🙂
Chi lo sa? Ci saranno i presupposti?
Ambientazione superba, il tuo stile mi piace molto, davvero ben costruito. Bravo!
Buongiorno Daniele, grazie molte per il tuo commento. 😉 mi fa molto piacere che il mio racconto ti sia piaciuto e spero di aver trasmesso quello stato di paura che affligge il protagonista.
🙂 grazie a presto
Ciao Giglio, bentornato. Questo tuo racconto mi ha colpito e quasi incantato per la forma stilistica. Eri già bravo, sei diventato ancora più bravo. Non so se hai frequentato la scuola Holden o un’ altra piattaforma di scrittura online molto utile di cui ignoro l’esistenza. Ho notato solo una preposizione da rivedere; probabilmente un refuso. In tutti i casi complimenti, anche la narrazione é avvincente, nonostante i finali insanguinati non siano esattamente il mio genere preferito.
Buongiorno M.Luisa, che piacere 🙂
Ti ringrazio molto per il tempo che hai dedicato al mio racconto. Purtroppo non ho frequentato nessun corso, anche se mi piacerebbe. 🙁
Grazie di nuovo a presto. 🙂