Tu come stai?

Mica lo sapevo quella mattina che nella pancia sarebbe ritornato a galla quel nostro caos emotivo.

‘Ciao come stai?’

Quelle sue parole che portano sempre guai.

Io pensavo solo che fosse finita come lo era stato cinque anni prima, definitivo e irrimediabile, quel per sempre diventato mai, poi forse chissà e allora eccoci qua, tu come stai?

Come nelle strofe più classiche di Baglioni o di Battisti.

E quindi il ciao porta al messaggio successivo, che le chat diventano libri, poi film di pochi giorni perché io e lui dobbiamo vederci subito, a bere birra o vino, il sorriso dell’altro appena vicino, poco spazio di corpo seduti al tavolo, una passeggiata e la nostra città, è così bello, ti ricordi questo o quello, eravamo insieme quando hanno aperto quel negozio, le Chiese delle città illuminate di un tenue arancione nella notte intensamente blu, i vicoli più stretti e nascosti solo per finire a baciarci, volevo farlo appena ti ho visto, vorrei toglierti quel vestito, stiamo correndo troppo, il tuo odore una fitta al cuore, quanto mi sei mancata, andiamo in macchina e facciamo l’amore, è stato bello come sempre, sono stato bene con te, grazie della serata, sono arrivato a casa ora, già mi manchi, buonanotte, a domani.

E di domani, così, io e lui ne abbiamo accumulati tanti.

Tanti domani, tanti anni, un lembo momentaneo di per sempre, un lungo mai che spesso spaventa anche quando non ci pensi più, anche quando pensi non mi starà più pensando, anche quando dici forse se mi ha dimenticato ora è meglio così, perché se questo mi porta indietro, non posso andare avanti.

Ma nel cuore l’avanti e indietro funziona come quei tasti di comando mentre ascolti una canzone, dove si finisce sempre a riascoltare i nostri versi preferiti.

E allora indietro con lui diventa bello, diventa quasi casa, ancora.

Che forse era vero, era sicuramente vero, ma che senso ha se non siamo qua, io e lui, nuovamente per sempre?

La mano un po’ sudata e poi senza pensarci troppo, ‘Ciao! Sto bene, grazie. E tu, tu come stai?’ e di nuovo Baglioni in sottofondo, il ricordo del cd che mi aveva regalato, perché so che a te piace tanto, mi aveva detto, tutte le volte che il sesso ha avuto quella melodia, le coperte sul pavimento, noi due sudati e Claudio che cantava dell’amore, quello vero, che appunto può pure finire.

“Il tempo non ci hai mai perduto”

Era così, come quella strofa, con quel e tu come stai? Che a me sembrava di stare a ritornare con lui, che il tempo non ci aveva fatto perdere del tutto.

E poi eccolo lì, quando non ci credi più, nel pomeriggio ormai alto, il sole addosso, il caldo e l’estate e la voglia delle passioni momentanee ed io invece a scavare nuovamente tra le emozioni solide degli affetti autentici.

‘Potrebbe andare meglio ma non mi lamento. Senti non so come dirtelo per cu vado dritto al punto. Sono stato uno stronzo, mi dispiace.’

Dovrebbe finire lì, si è umiliato e potrei essere crudele e per il mio bene stroncare nuove aperture, ma invece no, la comprensione per un amore è sempre un’arma a doppio taglio e così gli do il coltello, e rispondo ancora, con la scusa del magari stavolta va bene, che magari c’è pace questa volta, magari finalmente siamo amici. Magari.

Ma sia io che lui sappiamo fingere bene le nostre banali circostanze, sappiamo come finirà tutto questo, sappiamo anche che finirà ancora, che è già finita, ma siamo lì fra il desiderio di ciò che abbiamo amato, la mancanza di ciò che è stato e l’ostilità di ciò che ancora siamo.

Ma hai qualcuno?

Che faccia tosta.

Lo so ma sai non so più niente di te.

Stai davvero bene?

Come hai passato la quarantena?

Potremmo vederci di persona adesso che si può.

Non credo sia il caso.

Magari un gelato. O minigolf. Ti piace ancora minigolf? E una pizza, dai ti passo a prendere, come sempre.

In estate la salsedine si mischia all’odore della gente, c’è pelle salata come il mare e altra che sa di dolce come il fritto misto dei ristoranti, quello ancora buono e biondo e dorato, ci sono bambini, tanti, che non sanno come dirigere una bicicletta e ti pestano i piedi mentre qualcuno tenta di schiacciarti la borsa contro i propri gomiti, dovremmo starci tutti lontani almeno un metro con la pandemia attuale, metterci la mascherina e stare attenti e infatti mi sto chiedendo, perché io che non esco mai adesso sono proprio qui? 

Sto rischiando la mia salute per questo virus, sto rischiando il mio cuore per lui, dovrei essere spaventata e agitata e invece il mio corpo si appiccia alle sue braccia, mi ha già baciato in macchina e all’interno delle pause dei semafori, nel lungo tempo fermi al parcheggio quando non avevamo voglia di mischiarci in mezzo agli altri e poi dopo non so quanti baci lo abbiamo fatto, le palme alte sopra le nostre spalle, le zeppe alte in corda delle donne e le borse da spiaggia rese chic nella versione della sera, le nostre mani intrecciate e naturali, cena cinese o gelato e nell’indecisione siamo finiti a vedere una mostra di quadri sulla natura, perché so che queste cose a te piacciono, mi ripete lui mentre nell’ascensore mi sfiora il viso colmando ogni mancanza.

Dentro è fresco e luminoso e non c’è nessuno, sotto le mascherine respiriamo a fatica, ci dividiamo, a me piace la natura morta e i campi di fiori, le colline, il mare e la luce, le macchie calde di colore grezzo, a lui piacciono gli scenari freddi, la neve e i picchi delle montagne, l’azzurro lucido e limpido.

Rido sotto la mia mascherina maculata di viola e verde con lo sfondo nero e nessuno mi vede, a parte lui, che con lo sguardo sornione solo dal movimento dei miei occhi sa già che lo sto prendendo in giro perché dopo pochi minuti è ormai annoiato, poi mi si avvicina piano e sotto la telecamera e la mascherina ben salda sulle labbra, mi bacia. È un bacio dolce e tattile, che sa di tessuto e carne, di labbra che oltre uno strato sottile diverso dalla sagoma della nostra bocca, trovano posto per combaciarsi in modo totale.

‘Baciarsi con la mascherina, fatto!’

Lo dice e mi guarda divertito, perché né io e né lui, senza l’altro, avremmo mai saputo che sensazione avrebbe avuto un bacio in piena pandemia con un pezzo di stoffa sul viso.

Siamo qui per questo, penso, che per questo pezzo di tempo, le nostre prime volte sono ancora affidate a questo strano noi, che lungo il cuore di casa mia, lui per un pezzo di tragitto c’è sempre.

E farà male, ingigantiremo i ricordi ma non l’amore, saremo felici un attimo solo per soffrire più a lungo, e tutte le volte che diciamo mai più e siamo ancora qui, sappiamo che invece ci sarà la volta che sarà davvero l’ultima possibilità che ci vedremo e non saprò più come starà con i capelli bianchi, se lavora oppure no, se sarà finalmente cambiato o se almeno per quella parte che amo di lui rimarrà immutato, perché finiremo per non tornare più lungo il cuore di casa nostra, ci accorgeremo che la casa non c’è più, che il soffitto è crollato, le finestre rotte, non c’è acqua e neppure luce e che ora stiamo abitando dentro quelle rovine.

Ciò che invece è veramente strano è come invece il divano ci sia ancora, le braccia un letto ancora intatto, a sentire ancora quanta casa sia tutto questo nostro disastro.

E mi chiedo quando la terra avrà inghiottito anche le rovine, e non ci rivedremo proprio più, starò bene o forse starò male o come staremo, contro tutto questo adesso che c’è ora e che siamo ancora.

‘Andiamo a cena?’

E mentre lo dice mi stringe a sé e nell’attesa del nostro tavolo prenotato che qualcuno starà sanificando dai germi e dai batteri, il virus che lui è per me mi si è di nuovo sciolto nel sangue, mi schiaccio contro il suo petto, forse abbiamo ancora tre o quattro uscite davanti a noi prima di perderci nuovamente, forse stavolta per sempre, e ci baceremo e litigheremo, come sempre, come se invece altrimenti saremmo ancora insieme.

E quando sarò distrutta, quando l’aria mi mancherà come se qualcuno mi soffocasse un sacchetto di plastica sul viso e mi sentirò sola come fossi già morta e isolata dal mondo, capendo che non possiamo stare insieme e che con lui posso solo ambire a una felicità a metà e mia madre mi dirà, come sempre, come in tutti questi anni, non dovevi farlo e gli amici mi diranno, lascialo andare e lui chissà dove sarà, sollevato dal peso delle responsabilità che non vuole mai avere, io dentro come unica scusante avrò una sola certezza, che tutte le volte che lo rivedo, giusto o sbagliato che sia, vita normale o in mezzo a una complicata pandemia, lui risiede ancora lungo il cuore di casa mia. 

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Discussioni

    1. @micol-fusca grazie a te per questo ritorno… eh questi amori impossibili, che però mai finiscono, vengono riscoperti fin troppo facilmente tra una pausa e l’altra da questa pandemia, è quello con o sena mascherina, spesso dalla pelle non vanno più via.

  1. ” a me piace la natura morta e i campi di fiori, le colline, il mare e la luce, le macchie calde di colore grezzo, a lui piacciono gli scenari freddi, la neve e i picchi delle montagne, l’azzurro lucido e limpido.”
    Il bianco ed il nero si attraggono sempre

    1. @micol-fusca il paradosso del vero che è indelebile eppure non sempre durevole… citando sempre Baglioni, “Se c’è stato per davvero, quell’attimo di eterno che non c’è.”

  2. Ciao Marta, rieccoti! Che bello sbirciare nei tuoi racconti, ipotizzando che siano scorci di vita vissuta. Ho letto questa storia con una canzone nella testa, sei riuscita a dotarla di colonna sonora. Soprattutto nella parte iniziale c’è stato un travolgente fiume di immagini ed emozioni e mi sono lasciato portare dalle parole e dalla loro potenza evocativa. Ma una parte di me temeva che sarebbe arrivata, presto tardi, una nota amara…Baglioni è così: ha la capacità di farci sognare, di farci sperare per poi consegnarci alla malinconia. E la Borroni non è da meno.