10. Neriah

Serie: L'imperfetto


NELLA PUNTATA PRECEDENTE: Dove ti condurrà il destino, se la tua unica guida sta solo assecondando un errore?

Un sussurro muto gli attraversò la mente, come dita gelide che cercavano un varco. Una pressione sottile strisciava sotto la pelle, graffiando il confine tra il corpo e lo spirito. Ogni istinto gli urlava di andarsene, ma i suoi piedi restarono fermi. Inchiodati al suolo.

Un rumore di passi leggeri risuonò alle sue spalle.

Si voltò di scatto. Fu allora che la vide.

Una donna avanzava lenta tra la folla, immune alla fretta che permeava la vita attorno a lei. Indossava un himation nero che ondeggiava appena al vento, lasciando intravedere una tunica dorata. La pelle chiara, quasi lunare. I capelli, un manto scuro percorso da riflessi blu. Ma furono i suoi occhi a fermarlo: un verde profondo, venato d’ambra.

Quella donna non sorrideva, ma sul suo volto c’era un enigma, un sapere antico come il mondo.

Si fermò a pochi passi da lui. E per un attimo, nei suoi occhi verdi, Lucian credette di vedere qualcosa muoversi. Un bagliore primordiale, un’eco di fame e di memoria. Poi, svanì. Forse era solo la luce. O forse no.

«Cosa ci fai qui?»

La voce gli risuonò direttamente nella mente.

«Avevamo un patto, nessuna intromissione.»

Lucian avvertì un brivido lungo la schiena. Non capiva a chi stesse parlando, né perché quelle parole sembrassero rivolte a un altro.

«Ci conosciamo?»

Un sorriso appena percettibile le increspò le labbra — un gesto breve, più simile a un riflesso che a un’emozione.

«Non ho tempo per i tuoi giochetti, Har—»

Si bloccò. La parola le morì in bocca. Per un attimo, il viso della donna divenne immobile, concentrato, come se stesse ascoltando qualcosa che non apparteneva al mondo visibile.

Poi, a bassa voce:

«No… non sei lui.»

Lucian fece un passo avanti, incerto.

«Tu chi sei? E come fai a conoscermi?»

Lei lo osservò in silenzio, nei suoi occhi si agitava una riflessione rapida, lucida. Qualcosa, in quell’anima che aveva davanti, le stava parlando con una risonanza profonda. Una traccia. Un’eco.

«Ti avevo scambiato per qualcun altro» disse infine, e la sua voce, questa volta, parve umana. «Ma adesso capisco.»

Un lampo dorato le attraversò l’iride. Per un istante il suo volto parve illuminarsi dall’interno.

Lucian arretrò di un passo, istintivamente.

Lei non si mosse.

«Chi sei?» insistette, quasi un sussurro.

«Una guida, forse. O una messaggera.»

Il tono era ora più morbido, ma in quella voce scorreva ancora un’ombra di calcolo, una trama che si stava tessendo.

«Per ora chiamami Neriah.»

Rimase a osservarla in silenzio, cercando di decifrare la natura di quella donna.

Non sapeva se fidarsi, ma a chi altro avrebbe potuto rivolgersi?

«Seguimi» disse lei. Non un ordine, ma una constatazione. Poi si voltò, avviandosi tra le vie della città.

Lucian esitò un istante, poi la seguì.

Uscirono dalla via ombrosa e il sole di Atene li investì come una lama d’oro. Camminavano affiancati, ma sembravano provenire da due dimensioni diverse: lei si muoveva con grazia fluida, i suoi passi non lasciavano traccia nella polvere; lui avanzava rigido, quasi temendo che il mondo potesse dissolversi a ogni respiro.

Superarono il mercato e si addentrarono verso la parte più antica della città, dove i templi si innalzavano come montagne scolpite. Il Partenone dominava dall’alto, la sua luce bianca sfiorata dall’ombra delle nubi. Tra le colonne, sacerdoti officiavano riti, e i fedeli deponevano offerte d’incenso e miele.

«Non ti senti fuori posto?» chiese Neriah, voltandosi appena.

Il suo sguardo era tagliente, ma non ostile.

Lui abbassò lo sguardo.

«Mi sento… diviso. E’ come se una parte di me ricordasse ogni strada, ma l’altra non sa nemmeno dove sia.»

«Capisco.» mormorò lei.

Si fermarono su una terrazza da cui si vedeva l’agorà.

«Perché mi stai aiutando?»

Neriah sorrise piano.

«Forse non lo sto facendo. Forse, sto solo accompagnando il tuo errore.»

Lei fece un passo avanti, la veste si muoveva lenta attorno alle gambe, sensuale.

«Ma non temere. Ogni errore conduce dove deve, anche se la strada è fatta di ombre.»

Un silenzio surreale calò tra i due.

Poi, un grido squarciò l’aria.

Un suono crudo – alieno – fece vibrare perfino le pietre sotto i loro piedi.

Serie: L'imperfetto


Avete messo Mi Piace1 apprezzamentiPubblicato in Narrativa

Discussioni

    1. @Tiziana.M Grazie mille! Il tuo apprezzamento per lo stile e le descrizioni è un grande incoraggiamento. Ho cercato di introdurre un piccolo cambio di tono negli ultimi episodi; spero che questo passaggio ti sia piaciuto altrettanto!