
3. Green Lion
Serie: L'imperfetto
- Episodio 1: 1. Principio
- Episodio 2: 2. Soglia
- Episodio 3: 3. Green Lion
STAGIONE 1
Il Green Lion lo accolse con un calore improvviso, un abbraccio denso di odori e suoni che gli fece rabbrividire le mani ancora fredde. Il legno del pavimento scricchiolava sotto i passi, mescolando il rumore a un brusio costante di voci, risate e bicchieri che tintinnavano.
Lucian conosceva bene quel locale, ma quel pomeriggio gli parve diverso: più compatto, quasi vivo.
Un cameriere passò vicino a lui con un vassoio di pinte schiumose, l’odore pungente della birra mescolato al fumo di sigaretta vecchia e al profumo dolce del legno impregnato di secoli di conversazioni. L’aria quasi palpabile, densa.
Gli occhi gli corsero sul soffitto basso, attraversando travi scure e lampade che diffondevano una luce calda e leggermente tremolante. Ombre lunghe sui muri tappezzati di vecchie foto e manifesti scoloriti. Il bancone, pieno di bottiglie allineate con precisione ossessiva, brulicava di voci, di mani che afferravano bicchieri e di risate improvvise che si levavano sopra il rumore generale.
«Lucian?»
La voce venne dal bancone. Una cameriera dai capelli ramati raccolti dietro la nuca lo aveva individuato. Il sorriso che le si dipinse sulle labbra tradiva un misto di sorpresa e complicità .
«Strano vederti in compagnia…» aggiunse, prima di voltarsi a prendere un ordine.
Il commento lo colpì più del previsto. Si irrigidì appena. Per un istante, il sorriso gli si spense.
Era vero: di solito lì entrava da solo, un libro o un taccuino per farsi compagnia. Nulla più.
Il gruppo prese posto a un tavolo lungo, chiassoso, accanto alla finestra appannata. Cappotti buttati sulle sedie, sciarpe intrecciate, bicchieri che tintinnavano. Si ritrovò seduto tra due uomini che parlavano fitto di calcio. Gli altri si appoggiavano l’uno all’altro, ridevano a bocca piena, si davano pacche sulle spalle.
Restava rigido, le mani intrecciate sul bicchiere, lo sguardo fisso alla schiuma che si ritirava piano. Ogni parola sembrava scivolargli addosso, come se arrivasse da un’altra stanza.
Eppure, man mano che i minuti passavano, il suo corpo iniziò a sciogliersi. Si accorse di sorridere a una battuta senza pensarci, di inclinare la testa seguendo il ritmo della conversazione.
Quando il Relatore gli parlò, la voce dell’uomo tagliò il brusio con un tono più basso, misurato.
«Non sembra uno che ama la compagnia, vero?»
Lucian esitò. «Non molto.»
«Eppure è venuto.»
«Forse per dimenticare che non mi piace.» Abbozzò un mezzo sorriso.
L’altro rise piano, tamburellando con le dita sul bicchiere. «Succede. Sedersi con gli altri è più difficile che restarsene da soli, ma… ogni tanto serve.»
Lui abbassò lo sguardo, seguendo una goccia di condensa che scivolava lungo il vetro.
Il Relatore si sporse un poco, quasi a cercare il suo campo visivo.
«Le persone che incontriamo, certe volte ci fanno reagire. Ci mostrano cose che non sapevamo di avere dentro.»
Si interruppe un attimo per passarsi una mano sul colletto. Poi sorrise.
«E non sempre è piacevole.»
Lucian sollevò gli occhi, colto di sorpresa. L’uomo non lo stava fissando davvero, guardava oltre di lui, verso il riflesso nel vetro appannato, e proprio questo lo fece rabbrividire.
Il brusio del locale tornò a inghiottire le loro voci.
Il Relatore estrasse lentamente dalla tasca una piccola scatolina di velluto. La aprì. Dentro, una chiave d’avorio, liscia e lucente. La luce del pub le scivolò addosso come acqua.
Lucian esitò, poi la sfiorò con le dita. Il freddo gli attraversò la pelle e il respiro gli si bloccò a metà .
«Cos’è?» chiese.
«Un regalo» disse l’altro. «Un amuleto. O una prova, se preferisce.»
«Un amuleto?» si appoggiò allo schienale «Non sono uno che crede a certe stupidaggini.»
«Allora si tenga la chiave… a volte basta solo questo.»
Una voce femminile li interruppe.
«Scusi, ma… davvero gli sta facendo un regalo?»
La voce arrivò da dietro, leggera ma tagliente. La ragazza che aveva invitato Lucian ad entrare era rimasta lì, un gomito appoggiato al bancone, le braccia conserte e lo sguardo che si accendeva di curiosità .
«Non ci ha detto nemmeno come si chiama.»
Lucian si voltò di scatto, quasi urtando il bicchiere.
«Lucian» disse d’istinto, come se si stesse ricordando il proprio nome.
Lei lo studiò un istante, inclinando appena il mento. «E comunque, a me nessun amuleto?»
Il Relatore sorrise appena. «Ognuno riceve ciò che è pronto a portare, Cecilia.»
«Comodo così» ribatté lei, piegando le labbra in un mezzo sorriso che sapeva di sfida.
Lucian abbassò lo sguardo sulla chiave, la fece scivolare in tasca. Gli sembrò più fredda del previsto.
Quando rialzò gli occhi, Cecilia era ancora lì. Gli stava fissando le mani, non il volto.
«Sa, lui ha questo effetto su molti. Ti fa credere che stia parlando con te, ma in realtà …» fece una pausa, cercando le parole «…sta solo guardando dentro per vedere cosa trova.»
Il Relatore sollevò lo sguardo dal bicchiere, e per la prima volta il suo sorriso parve incrinarsi.
Cecilia scrollò le spalle e cambiò tono. «Allora, Lucian, che fai nella vita? A parte collezionare chiavi magiche.»
Lucian esitò, gli occhi persi nella schiuma del bicchiere. «Niente di interessante. Lavoro. Casa.»
«Famiglia?» chiese il Relatore, la parola lenta, sospesa.
Passò una mano sul bicchiere, cercando un appiglio. Alzò lo sguardo solo quando Cecilia aggiunse, più diretta:
«Già , sei sposato?»
Il bicchiere gli sfuggì di poco dalle dita, ma riuscì a fermarlo. Inspirò. «Lo ero.»
Il silenzio che seguì fu breve ma denso. Una pausa tra due battiti.
Lei sorrise, ma stavolta con un’ombra negli occhi. «Meglio per me, allora.»
Il Relatore non disse nulla.
Poi, un suono improvviso. Il cellulare di Lucian vibrò nella tasca.
Numero sconosciuto. Ancora.
Rispose.
«Lucian…»
Dall’altra parte, una voce roca, distante.
Cassian.
Serie: L'imperfetto
- Episodio 1: 1. Principio
- Episodio 2: 2. Soglia
- Episodio 3: 3. Green Lion
Descrivi in modo coinvolgente l’atmosfera contemporaneamente familiare ma misteriosa