Cavalleggeri contro corazzieri

Montagna Bianca, 1620

I corazzieri apparivano come fiamme di metallo. Sui cavalli, poi, sembravano creature sbucate dagli inferi.

Corazzieri imperiali.

Era dovere di Jan affrontarli, vincerli, sconfiggerli… farli a pezzi.

Sotto la borgognotta, Jan si morse il labbro. «Sarà dura».

Gli altri cavalleggeri lo ignorarono.

Lo squadrone di cavalleggeri era teso come un arco, pronto a qualsiasi azione, davanti a loro i corazzieri gli stavano venendo addosso.

Si sarebbe combattuto. Anche molto duramente. Jan aveva visto spesso uomini crollare di sella ancora vivi, poi morire stritolati dal peso dei cavalli, uomini ridotti in morchia laddove fino a pochi minuti prima erano creature nate e vissute per l’amore di Dio.

Era la guerra.

I corazzieri misero mano alle pistole, fecero fuoco: ognuno, due pistole.

Le pallottole grandinarono sui cavalleggeri che soffrirono e morirono con delle urla lancinanti.

La prima linea di corazzieri si aprì in due, fece per ritirarsi dietro l’ultima fila: la tattica del caracollo.

«Carica, signori! Carica!» gridarono gli ufficiali dei cavalleggeri.

Jan si puntellò sulle staffe, stringendo le briglie agitò la sciabola, cavalcò incontro ai corazzieri che, ricoperti di ferro dalla testa alle ginocchia, rimasero sorpresi.

Jan vide i baffi spuntare dalla maschera dell’elmo di uno di loro, un attimo dopo gli infilò la punta della sciabola in un occhio. Udì un suono raccapricciante.

I cavalleggeri si spinsero in avanti, più un martello dalle tante teste, peccato che per affrontare ad armi pari un corazziere ci volevano cinque cavalleggeri. E i cavalleggeri, morivano.

«Per la Boemia!» gridarono i cavalleggeri. Pure Jan, che duellò con un corazziere. Gli venne addosso e il suo destriero picchiò contro quello imperiale. Il corazziere per poco non scivolò di sella, dunque Jan gli abbatté la spada contro il petto, ci fu un tuono di metallo contro metallo, il corazziere barcollò, poi recuperò l’equilibrio e picchiò il calcio di una pistola sul cranio di Jan.

Jan grugnì, gli lacrimarono gli occhi, non ci poteva credere di essere stato fregato in quel modo.

Si resse in sella stringendo le redini, agitò la sciabola e intercettò un fendente di pistola portato come se fosse un’arma bianca.

Strinse i denti, ci fu un momento di immobilismo come se tutti e due fossero i meccanismi di un orologio bloccato, poi Jan se ne liberò e ferì al braccio l’avversario. Approfittando che l’altro stava oscillando, Jan gli diede un pugno. Si fece male ma il corazziere cadde di sella e sparì in una selva di corpi che gli ammaccarono l’armatura e al suo interno…

I corazzieri si ritirarono.

Jan lanciò un urlo di gioia, poi si accorse di sanguinare: “Chiederò aiuto al cerusico”.

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