
La Martinica – Parte Seconda
Serie: La vendetta del capitano
- Episodio 1: Il prigioniero e la sua storia
- Episodio 2: La proposta
- Episodio 3: Una visita inattesa
- Episodio 4: Il pescatore
- Episodio 5: Verso Sud
- Episodio 6: La Martinica – Parte Prima
- Episodio 7: La Martinica – Parte Seconda
STAGIONE 1
Charles e Jiles percorsero un corridoio stretto, avvolti dall’ombra di travi annerite e torce fioche. Le pareti erano umide e l’aria puzzava di metallo vecchio e muffa.
Superarono un dormitorio, poi salirono una scalinata in pietra. Giunti al piano superiore, percorsero uno stretto corridoio fino ad una porta, la quale recava un’inconfondibile targa, inchiodata su di essa
ARCHIVIO CARTOGRAFICO
Oswald serrò il pomo e lo girò, aprendola.
«Resta qui» intimò a Jiles mentre entrava, il quale obbedì senza fiatare.
Il tanfo di pergamene, cera e pelle conciata gli aggredì le narici. Gli scaffali, colmi di mappe arrotolate e tomi rilegati, sembravano scricchiolare al solo passaggio.
Jiles rimase di guardia fuori, mentre Charles si immerse in quel labirinto cartaceo.
Le dita correvano rapide sui titoli incisi a fuoco: Rotte caraibiche – Anno 1718, Isolotti e approdi nascosti, Tracce dell’antico impero spagnolo…
Scorreva le mani nervosamente fra scaffali marci, ma nulla catturava la sua attenzione. Ci sarebbero voluti mesi per raccapezzarsi fra tutte quelle mappe e quei registri nautici.
Mentre osservava l’ennesima mensola, tentando di leggere i titoli sulle copertine degli antichi tomi ammassati, avvertì di nuovo quella sensazione: una ruvida carezza dietro il collo.
Si voltò verso l’invisibile presenza, ma vide qualcosa emettere un tenue luccichio da una piccola alcova celata dalle pergamene ingiallite.
Con le mani scostò le carte e dal fondo emerse un cofanetto di legno intarsiato. Fece scorrere le dita sull’emblema d’argento che aveva attirato la sua attenzione e, involontariamente, fece scattare il meccanismo che liberò il coperchio.
All’interno, un’altra pergamena.
Tanto vale… si disse Oswald, aprendola.
Un fremito lo colse all’improvviso quando i suoi occhi riconobbero la costa del Brasile.
All’esterno, le campane cominciarono a battere l’ora.
Alla dodicesima rintoccata, un’esplosione tremò sotto i suoi piedi. Un boato secco e sordo fece vibrare le pareti come un colpo di cannone in pieno petto. Fumo nero si levò dalle scale inferiori.
Urla. Confusione. Ordini gridati a squarciagola.
Jiles spalancò la porta. «Usciamo da qui, signore!»
Oswald arrotolò la mappa e la infilò sotto la giacca. Corsero tra fiamme e soldati disorientati, fra colonne crepate e ombre guizzanti. Passarono accanto alla sala mensa, dove i tavoli erano già divorati dalle fiamme, poi imboccarono un’uscita secondaria.
Fuori, la notte era diventata un teatro infernale. Incrociarono alcuni soldati che correvano con secchi d’acqua, in una lotta forsennata contro l’incendio.
Il forte bruciava.
Le fiamme si levavano dalle fondamenta fino alle torrette di guardia, trasformandolo in un gigante di pietra e fuoco che urlava.
I due pirati corsero fra le vie della cittadina, mentre i rintocchi violenti delle campane riempivano l’aria insieme alle grida di paura e disperazione. Le fiamme lambivano il mercato e la piazza centrale, avanzando come uno spirito demoniaco che pretendeva vite umane in cambio del suo risveglio.
Dopo una corsa disperata si ritrovarono nel fango della palude. Passò ancora del tempo prima che si rendessero conto di poter rallentare. Quando lo fecero, Oswald temette che il cuore gli esplodesse nel petto, ma dopo qualche respiro profondo smise di battergli nelle tempie.
Si voltò a guardare le fiamme che si levavano alte oltre la barriera di alberi. «Per gli dèi…» sussurrò.
Subito venne strattonato dal suo sodale. «Signore, dobbiamo muoverci!»
Ripresero la marcia fino a raggiungere la spiaggia, dove, al sicuro sotto uno strato di vegetazione, li attendeva la scialuppa lasciata lì all’arrivo.
Spinsero la piccola imbarcazione in acqua e, appena possibile, presero entrambi a remare, i volti illuminati dagli aloni roventi dell’incendio in lontananza.
La luna alta lanciava sopra di loro tenui scintille d’argento.
Fu allora che le acque intorno alla scialuppa si incupirono, come se stessero navigando sopra un nero e profondo abisso.
Jiles si sporse istintivamente ma, quando incontrò quelle onde scure, fu preso da un sussulto. Rivolse lo sguardo a Oswald, notando che aveva smesso di remare e fissava anche lui l’abisso.
«Signore…» mormorò quasi sottovoce.
«Era questo che avevi visto?» chiese Charles Oswald.
Jiles annuì.
Un debole suono echeggiò in lontananza. Oswald non fu in gradi di capirne la natura, ma ebbe la sensazione che si trattasse di un sussurro, o più precisamente, di un’insieme di sussurri.
Si guardò attorno nervosamente.
«Signore, cosa succede?» chiese Jiles.
Oswald non poté rispondere: il suono svanì in un’ultima eco.
All’improvviso, i riflessi argentei tornarono a brillare sotto gli occhi sbigottiti dei due pirati.
«Quale diavoleria è mai questa!» esclamò Jiles.
«Non ne ho idea, amico mio» rispose Charles Oswald, osservando l’acqua e ascoltando il quieto sciabordio delle onde sulla chiglia.
Proseguirono in silenzio, finché non scorsero la possente sagoma di un brigantino.
Inconfondibile.
La Agua Negra.
Mentre i due pirati salivano per la scaletta a pioli che era stata calata, Oswald non poté fare a meno di pensare a quel nome.
Il nome della nave su cui serviva da molti anni.
E all’oscurità che li aveva circondati poco prima.
…Acqua nera…
Un brivido graffiante gli serpeggiò lungo la schiena.
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