Sotto assiduo controllo

Serie: Lettere dal passato


Adylia si trova a casa della sua migliore amica Nandù e cercano di non pensare al clima teso che in città si respira da giorni, ma certe sensazioni non fanno che aumentare in entrambe...

Come posso spiegare la sensazione che ci si porta addosso in casi simili per un periodo di tempo così lungo?

Beh, è come… Come quando al mattino ci si sveglia, si ha un piccolo brivido lungo la schiena e una sensazione addosso che l’istinto elabora subito come nulla di buono. E per tutta la durata di quella giornata, la sensazione ce la portiamo dietro e sbuca fuori all’improvviso ogni tanto, come se stesse giocando a nascondino con la mente: salta fuori per un minuto mentre si lavora, mentre si rassetta casa, mentre si passeggia al parco, mentre ci si ricopre di amici, conoscenti e parenti per cercare di coprire il rumore di fondo che fa la mente in quel giorno… È strano, ma so che la sensazione alla “sta per accadermi qualcosa” è piuttosto comune.

Ricordo che sull’internet storico, leggevo che i poteri forti come Illuminati, Massoneria, club Bilderberg e via dicendo, tempo fa, venivano visti dalla gente come l’ennesimo complotto, l’ennesima teoria da due spicci indotta dalla paranoia di alcuni individui…

Invece era reale.

Non sono mai esistiti dei piccoli gruppi fisici che dominano il mondo dall’alto attorno ad un grande tavolo, ma sono da sempre insediati nel mondo in cui viviamo e prendono scelte per noi e contro di noi.

Questa è la verità.

Dopo aver cercato in tutti i modi di scherzare con in mano birre, cyberets e musica d’ambiente, ecco che la sensazione, all’improvviso, tornò: io e Nandù avevamo iniziato ad udire strani rumori fuori da casa sua che ci sembravano tali, ma in realtà conoscevamo anche fin troppo bene, ossia i suoni dei droni automatizzati che controllavano il distretto, le voci di passanti che litigavano dal vivo o al telefono, il trambusto che facevano i mezzi militari, le sirene della polizia in lontananza…

Ma la sensazione di inquietudine per noi, era in crescendo perché tutti quei suoni, tutti quei rumori di fondo si erano fatti via via sempre più presenti ed acuti e non riuscivamo a capirne la ragione.

Così mi diressi alla finestra, scostai la tenda per guardare e proprio in quel momento, il campanello fece sobbalzare entrambe.

– Aspettavi qualcuno?

Ricordo che le chiesi, sperando con tutta me stessa che la risposta fosse: “Si”.

Invece, ricordo che Nandù mi lanciò uno sguardo tra paura e incomprensione, così mi avvicinai a lei, lanciai la cyberet sul letto e le presi la mano: ero terrorizzata anche io, ma non le avrei mai permesso di andare alla porta da sola, in quel frangente.

– Ho paura.

Confessò lei e sul suo volto vidi cadere tutte le speranze di cercare a tutti i costi di passare una serata tranquilla tra amiche. Lei avvertiva la mia stessa sensazione di cui ho poc’anzi scritto, ne sono certa.

– Siamo insieme.

Le risposi io, decisa a dimostrarmi forte per infondere coraggio anche a quel corpicino minuto ed a quegli occhi blu da cerbiatto impaurito.

Inspira ancora.

Espira ancora.

Il peggio deve ancora venire.

Scendemmo di sotto ed aprimmo la porta: un uomo alto, impostato e con un’uniforme militare addosso, ci consegnò due lettere: una a testa.

Disse i nostri nomi, poi volle le nostre firme per conferma di avvenuta ricezione sopra ad un palmare.

Aveva qualcosa di strano nella voce, pareva robotica. Poi ricordo che lo guardai negli occhi e vidi che aveva una piccola cicatrice luminescente sul lato della fronte: era uno di loro.

Il tutto durò meno di trenta secondi e spaventate, corremmo di sopra ad aprire le nostre lettere e allora il terrore si impossessò di entrambe.

Leggemmo insieme quella facciata in religioso silenzio, stringendoci le mani.

Poi, tutto inevitabilmente, crollò.

– Adylia…

Sussurrò Nandù.

– Non dirlo, non è reale. È impossibile.

Risposi io, con la voce piena di terrore e gli occhi già ricolmi di lacrime che cadevano su quel foglio plastificato con tanto di timbro del governo.

Nandù lesse e rilesse la lettera, come per cercare di capire se ciò che stava leggendo fosse reale o meno, mentre io gettai la busta da lettere e il foglio sul letto, terrorizzata e mi strinsi le ginocchia al petto, talmente sconvolta da non essermi nemmeno accorta del fatto che stavo piangendo a dirotto.

– Io non ci vado. Non esiste. Cosa cazzo mi faranno, mi uccideranno? Sarebbe contro la legge, è impossibile, io non…

Nandù continuava a blaterare, ancora con la convocazione plastificata tra le mani che girava e rigirava da una parte all’altra, come alla ricerca di qualche parola, clausola o frase ufficiale che smentisse tutto ciò che aveva appena letto.

– Alla fine il momento è arrivato.

Sussurrai io, continuando a piangere, cercando conforto nel paesaggio fuori che si intravedeva dalla finestra della stanza da letto della mia amica.

Solo per un momento, mentre continuavo a piangere, mi dissociai dalla realtà e semplicemente, iniziai ad osservare in modo passivo la guerriglia urbana che nel frattempo, si stava scatenando per le strade: in quel momento, non me ne importava nulla della gente che urlava, delle mamme che scappavano con i figli per le strade, delle sirene della polizia, dei lacrimogeni, di coloro che accettavano in silenzio il loro destino e si lasciavano trascinare nei mezzi militari, degli schermi posizionati in alto sui palazzi che cercavano di tranquillizzare le persone con voci calme e musica d’ambiente…Non mi importava perché pareva essere tutto così lontano, così insignificante, così…

– Come è possibile che mi sia arrivata da te la lettera se non sono domiciliata qui?

Chiesi ad un certo punto, mentre cercavo di asciugarmi le lacrime che ancora correvano copiose sul mio volto, mentre spostavo lo sguardo su Nandù la quale aveva appena spento la piccola cassa che stava riproducendo della vecchia musica Lo-fi ed ora si stava alzando, raggiungendomi alla finestra, sconvolta quanto me.

Lei scosse la testa e sollevò le spalle.

– Non lo so. Ma tutti noi abbiamo sempre avuto la sensazione di essere controllati ovunque andiamo.

– Si, è vero…

Le risposi io e tornai a piangere ancora.

Serie: Lettere dal passato


Avete messo Mi Piace3 apprezzamentiPubblicato in Sci-Fi

Discussioni

  1. “tutti noi abbiamo sempre avuto la sensazione di essere controllati ovunque andiamo”
    Questo della paranoia, insieme a quello del cospirazionismo, è uno dei miei temi preferiti 😃

    1. Ciao! Si tratta di sigarette grandi quanto un pollice simili a quelle elettroniche di oggi, ma all’avanguardia: essendo prodotti cibernetici, misurano in autonomia il livello di nicotina che il corpo della persona può acquisire senza compromettere la propria salute in breve termine. La cyberet emette vari tipi di luci a led ed ogni colore ha un significato diverso, inoltre ha un display dove vengono forniti tre dati: livello batteria del dispositivo, livello nicotina nella cyberet e quanta nicotina si è inalata. In via occulta, invece, la cyberet prende le impronte digitali dell’individuo, campioni salivari ed un’altra cosa che non dico perché altrimenti rovino certe aure di mistero.
      Grazie per aver chiesto!

    1. Ciao Nicola, ti ringrazio molto per questo tuo commento e non ti nascondo che mi emoziono sempre un po’ quando ricevo complimenti del genere. Grazie ancora, spero troverai gli altri capitoli godibili e grazie anche per avermi dedicato del tempo!